Il Garante come arma contro i media. Prima Report, ora Crosetto contro Domani

«Non c’è nulla che non possa spiegare», ha detto il membro dell’Autorità garante della Privacy Agostino Ghiglia a Repubblica. E di qualche spiegazione c’è bisogno, se si mettono in fila le rivelazioni degli ultimi giorni dopo la multa di 150mila euro a Report comminata dopo il grave attentato subito dal conduttore della trasmissione, Sigfrido Ranucci. I fatti: nella puntata dell’anno scorso sulle dimissioni del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, Report manda in onda anche l’audio di una telefonata tra lui e la moglie sull’allontanamento di Maria Rosaria Boccia dal ministero. Per questo la giornalista Federica Corsini, consorte di Sangiuliano, presenta un ricorso al Garante in data 13 ottobre 2024, sostenendo che l’audio sia stato «acquisito illecitamente». All’autorità garante siede Ghiglia che, però, è stato nominato in quel ruolo nel 2020 in quota Fratelli d’Italia, di cui è stato parlamentare per due legislature e anche assessore regionale in Piemonte. Un uomo dalle solide radici nella destra: è stato condannato a Torino nel 1986 a 9 mesi senza condizionale per aggressione di stampo fascista ai danni di uno studente di liceo, insieme ad altri due militanti del Fronte della Gioventù. La decisione sul ricorso è stata presa il 23 ottobre 2025, ma nella puntata di Report del 26 ottobre viene mostrato il video di Ghiglia che, il giorno prima della multa, entra nella sede romana di Fratelli d’Italia. Qui Ghiglia sostiene di aver incontrato Italo Bocchino per organizzare la presentazione di un libro, ma nel pianerottolo di fronte c’è anche lo studio della capa della segreteria politica di FdI, Arianna Meloni. Anche lei è coinvolta nel caso Sangiuliano: ricostruzioni giornalistiche le attribuivano il ruolo di “siluratrice” di Boccia, invece l’audio di Report ha dimostrato che la decisione è stata imposta dalla moglie del ministro. Caso Report – Garante, la gioventù nera di Ghiglia condannato e poi riabilitato per un pestaggio “politico” Inopportunità palese Ghiglia e Meloni si sono incontrati? Impossibile saperlo. Certo è che Ghiglia ha ammesso di aver avuto contatti con Sangiuliano dopo il ricorso, nonostante continui a professarsi «indipendente». Secondo persone vicine a Ghiglia, prima dell’incontro in via della Scrofa lui era orientato a esprimersi per l’ammonizione di Report. L’esito finale del ricorso è stato invece quello della pesantissima multa. L’interrogativo è legittimo: è possibile essere indipendenti rispetto alla parte politica per la quale si è militato sin dalla gioventù e che si è adoperata per la nomina all’Autorità? E ancora, la scelta di Fratelli d’Italia di collocare presso le Autorità indipendenti suoi ex parlamentari fa sorgere dubbi sull’imparzialità delle decisioni assunte, soprattutto nel caso in cui riguardino vicende in cui sono coinvolti esponenti di primo piano del partito. Il caso è deflagrato e pone ragioni di opportunità per Ghiglia di rimanere al suo posto: troppo lunghe appaiono le ombre sulla sua imparzialità dopo le immagini pubblicate dalla trasmissione di Rai 3 e le sue stesse ammissioni di aver ricevuto messaggi dall’ex ministro e di essersi informato per «capirne lo stato dell’arte». Informazioni raccolte tramite la funzionaria dell’Autorità (lì impiegata da una quindicina d’anni ma recentemente promossa) Cristiana Luciani, che tra l’altro è moglie del deputato di FdI Luca Sbardella. In realtà, secondo le anticipazioni di Report, Ghiglia avrebbe chiesto di classificare il ricorso come «attività urgente». Il fatto è che l’uomo delle Meloni all’autorità dovesse restare al suo posto rischia di far perdere di credibilità a tutto l’organismo, riflettono i critici dell’opposizione. Il voto di Ghiglia, come lui stesso ha detto, non è stato determinante per stabilire la multa. Il collegio, infatti, è stato indicato nel 2020 con Giuseppe Conte premier ed è composto da quattro persone. Oltre al meloniano, altri due membri dell’Authority sono legati a Sangiuliano da rapporti professionali e in altri casi personali. Per esempio, il presidente Pasquale Stanzione, giurista, ma anche maestro dell’avvocato e professore Salvatore Sica: attuale consulente del ministero della Cultura e fratello del legale di Sangiuliano, Silverio. La vicepresidente invece è la giurista Ginevra Cerrina Feroni, tra i nomi papabili per la Corte costituzionale in area centrodestra e anche per una candidatura a sindaca di Firenze, che a gennaio aveva presentato a Firenze il libro di Sangiuliano Trump. La rivincita. Secondo fonti di Domani, sia Stanzione che Cerrina Feroni erano decisi per la multa a Report, e a loro si è aggiunto Ghiglia, mentre il quarto membro, il giurista Guido Scorza, era per l’archiviazione. Report, perché la Rai non si è opposta a trasmettere l’audio di Sangiuliano e la moglie: «Scagiona Arianna Meloni» Il caso Domani L’utilizzo dell’Autorità garante per la privacy per comminare multe ai giornali non allineati con il governo sembra una pratica ormai acquisita al tempo del governo Meloni. Lo stesso ha fatto contro Domani il ministro Guido Crosetto con un reclamo depositato il 17 aprile 2025, dopo la pubblicazione dell’articolo in merito al mancato pagamento degli affitti e agli ordini di sfratto dei proprietari creditori. Nel reclamo Crosetto ha scritto di essere stato «vittima di divulgazione illecita» di dati personali e ha chiesto la rimozione degli articoli e l’applicazione delle sanzioni. Anche Crosetto, proprio come Sangiuliano, conosce da anni Ghiglia. Entrambi piemontesi, nel 2013 erano deputati del Popolo delle Libertà e insieme hanno aderito a Fratelli d’Italia, presentando a Novara il nuovo movimento politico. Dall’ufficio del Garante per la privacy, inoltre, Crosetto ha anche pescato il suo segretario generale della Difesa: l’ex magistrato amministrativo con una lunga esperienza di consigliere nei ministeri Fabio Mattei, che dal 30 ottobre 2020 al 30 marzo 2025 è stato segretario generale del Garante e il 13 marzo è stato nominato dal Consiglio dei ministri alla Difesa, diventando il primo civile a ricoprire il ruolo. A oggi il procedimento nei confronti di Domani è ancora in corso: i legali del giornale hanno presentato una corposa memoria e ora si attende la decisione del Garante nelle prossime settimane. Il nostro quotidiano e Report non sono stati gli unici a finire sotto indagine del Garante: stessa sorte è stoccata anche al Fatto Quotidiano, dopo la pubblicazione del libro Fratelli di Chat. Una tecnica – quella di ricorrere al Garante della privacy dove il centrodestra può contare su buoni contatti – ormai in voga al governo, anche a costo di portare a galla i conflitti di interessi dei suoi membri. Caso Ranucci, imbarazzo della maggioranza sull’audizione in Vigilanza Rai