L’agenda di Mario Paciolla è stata trafugata. Perché farla sparire, assieme ai quaderni? Quali fatti e pensieri hanno voluto sottrarre alla nostra attenzione, i funzionari delle Nazioni unite? Si tratta di quella stessa organizzazione che quando il 33enne napoletano, operatore della missione Onu in Colombia, è stato trovato morto, si è affrettata ad appuntare nei suoi registri quella fine come «suicidio». E perché gettare gli oggetti che portavano tracce di sangue, perché ripulire con ostinazione la scena della morte?

Due anni dopo il ritrovamento del cadavere di Mario Paciolla, l’indagine della procura di Roma non si è ancora conclusa, «la procura colombiana collabora ma dell’Onu non si può dire lo stesso», dice l’avvocato della famiglia Paciolla. Che si muove con una denuncia.

La mamma di Mario, Anna Motta, denuncia «il depistaggio» Onu. In termini legali, quella che i genitori di Mario hanno consegnato alle autorità colombiane in occasione del secondo anniversario della morte del figlio è una denuncia di «occultamento, alterazione e distruzione di prove» riferita a quattro poliziotti colombiani e due funzionari Onu. Nel caso di questi ultimi, è contemplata anche la «violazione di domicilio» e «usurpazione di funzioni pubbliche».

La denuncia e il ruolo delle Nazioni Unite

Uno dei due funzionari Onu in questione è Christian Leonardo Thompson. All’epoca della morte di Mario era responsabile sicurezza della missione in cui Paciolla operava. Il ragazzo aveva discusso coi capi e aveva in programma di tornare a Napoli, «ma essendoci il lockdown avrebbe preso un volo umanitario, gli serviva la documentazione per il rientro, e quindi era l’Onu, per cui Mario lavorava, l’unica sul posto a sapere del suo viaggio». Viaggio che Mario non ha fatto in tempo a fare. Tra gli ultimi contatti telefonici c’è proprio Thompson.

Quando il corpo di Paciolla viene ritrovato, nell’appartamento che «mio figlio pagava a sue spese, non era in dotazione dell’Onu», succede che Thompson – dice la denuncia – «tiene le chiavi della casa in suo possesso, mantiene il controllo dell’accesso alla casa, e lo fa fino a tre giorni dopo, nonostante gli fosse stato chiesto di lasciare il luogo». Lì ci sono oggetti con campioni biologici che Thompson fotografa, ma che non vengono acquisiti nel modo appropriato dai quattro poliziotti sul posto. Poi «materasso e altri oggetti con liquido che sembrava sangue sono stati trasferiti in un veicolo ufficiale Onu fino a una discarica, dove sono stati fatti sparire di nascosto». Oltre alle sparizioni, c’è l’opera di repulisti: Thompson ha candeggiato la casa di Mario.

«Eppure secondo i protocolli Onu nulla andava toccato», dice la mamma di Mario. Un anno dopo la morte di Paciolla, Thompson è stato pure promosso. La denuncia cita lui e il suo collega sul posto, Juan Vásquez García.

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