Con le consultazioni in corso, nonostante la crisi, le sue dimissioni e un clima politico bollente, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non si è tirato indietro di fronte alla sfida lanciata da Matteo Salvini e dal suo avvocato Giulia Bongiorno: nell’udienza preliminare del processo Gregoretti ha testimoniato. La vicenda è nota: il divieto di sbarco imposto da Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno, alla nave della Marina militare Gregoretti, che aveva accolto a bordo 131 migranti salpati dalla Libia su alcuni gommoni. Dopo alcune tappe a Lampedusa e Catania, la Gregoretti aveva raggiunto il porto di Augusta, in provincia di Siracusa. E lì era rimasta ormeggiata.Tutto era iniziato il 25 luglio del 2019 e si è concluso sei giorni dopo, il 31 luglio.  

Per questo blocco, ritenuto illegale, Salvini è sotto processo per sequestro di persona. Negli atti acquisiti dalla Procura di Catania di cui Domani è in possesso, c’è traccia di alcune mail che ricostruiscono le interlocuzioni tra i governi dell’Unione europea di quel periodo con lo scopo di ricollocare i migranti sbarcati in Italia. Documenti da cui emerge una strategia confusa, improvvisata, non solo italiana.

Nel fascicolo del processo a Salvini, quindi, entrano mail e fogli protocollati relativi anche a sbarchi del 2018 che la difesa proverà a usare per imporre la propria tesi: sulla chiusura dei porti il leader della Lega aveva il sostegno di tutto il governo. 

Così nei carteggi acquisiti si ritrova per esempio un telegramma firmato dal premier ungherese, Victor Orban, che aveva scritto a Conte incoraggiandolo a continuare sulla strada dei respingimenti. Oppure una lettera in cui si precisa che dall’ambasciata francese fanno sapere che nell’accettare il principio di redistribuzione «preferisce gli eritrei».

Orban scrive a Conte

«Onorevole Presidente del Consiglio, l’Ungheria sta seguendo con la massima considerazione il nuovo Governo Italiano che, rompendo con i precedenti schemi di gestione del fenomeno migratorio, sta affrontando con fermezza la difesa dei confini esterni dell’Europa». E ancora: «L’Ungheria stessa sta agendo in questo senso, e sappiamo bene che non è un compito facile. Coloro, infatti, che fanno questa scelta, sono sempre al centro di continui e molteplici attacchi. I nostri detrattori dimenticano che, tutelando i propri confini, in realtà, stiamo difendendo l’Europa intera».

Sono le parole scritte in un «telegramma» del 15 luglio 2018 dal premier ungherese Victor Orban, mito dei sovranisti italiani. Orban invitava Conte «a non arrendersi», ma gli dava anche la disponibilità non ad accogliere ma a respingere: «Qualora nell’operazione di respingimento il contributo dell’Ungheria potesse risultare utile, saremo a loro disposizione».

Orban scrive che il suo Paese «non intende partecipare in nessun modo nella ricollocazione dei migranti poiché la presa di posizione ungherese è che gli immigrati illegali, invece di essere redistribuiti, devono essere rimandati da dove sono partiti».

I giorni in cui scrive sono momenti caldi per il Governo Italiano: sta conducendo una battaglia con gli altri stati membri dell’Unione Europea per chiedere la redistribuzione dei migranti che sbarcano in Italia. Ma è un muoversi disorganizzato sia dei funzionari italiani sia di quelli esteri. 

«Solo Eritrei»

Tra gli ultimi atti acquisiti dai giudici di Catania, la corrispondenza tra i governi europei. In particolare, a proposito delle trattative sulla redistribuzione dei migranti, in una nota di riscontro della Farnesina firmata dal vice-segretario generale del Ministero degli esteri, Michele Baiano, si legge che «l'Ambasciata di Francia in Italia risulta aver già preso contatto con codesto Ministero per effettuare una missione a Pozzallo e condurre le interviste prima del trasferimento verso la Francia». E che «le autorità francesi hanno reiterato la loro preferenza per persone di nazionalità eritrea». È una nota cui si fornisce «un riepilogo delle disponibilità, finora qui registrate, di alcuni Stati membri dell'Unione Europea ad accogliere parte dei circa 450 migranti soccorsi nel Mediterraneo a bordo di una imbarcazione partita dalla Libia e sbarcati a Pozzallo il 15 luglio scorso».

In un’altra missiva si legge che la Germania si è resa disponibile ad accogliere 50 persone e che «tale numero è stato indicato in un "tweet" del portavoce della Cancelliera Merkel».

C’è poi la corrispondenza con le autorità irlandesi: nella nota della Farnesina si cita la “generosità” dell’Irlanda, che ha confermato la disponibilità ad «accogliere, come gesto eccezionale, fino ad un massimo di 20 migranti, manifestando preferenza per gli appartenenti a stessi gruppi familiari. L'offerta irlandese è subordinata all'adozione di soddisfacenti vetting arrangements». Tradotto: accordi di controllo. 

Il ruolo della Farnesina

Il 16 luglio 2018, Diego Brasioli, oggi ambasciatore italiano in Lussemburgo, allora Direttore Centrale per le questioni di Sicurezza e Vicario del Direttore Generale per gli Affari Politici del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, firma un documento con il quale annuncia il venir meno della disponibilità alle procedure di sbarco delle persone soccorse in mare dalle navi dell'operazione Eunavformed Sophia. In pratica è il disimpegno dell’Italia nei salvataggi in mare.                                                        

Il funzionario della Farnesina, «in vista della riunione del Comitato Politico e di Sicurezza del 18 luglio prossimo, nella cui agenda figura la revisione semestrale di Eunavformed Sophia, con la presenza del Comandante Operativo, Ammiraglio Credendino», chiarisce la posizione italiana: «Continuare a sostenere con convinzione l’importanza strategica di Eunavformed, in particolare per quanto riguarda i compiti di formazione e addestramento della Guardia Costiera libica».

Insieme alla proposta di modifica del piano operativo sulla base dei principi che «il porto di sbarco deve essere individuato con riferimento all’area in cui è avvenuto il salvataggio». Proprio la «questione del porto di sbarco va scissa da quella del Paese competente ad esaminare le domande di asilo, in base alla circostanza che i migranti soccorsi in mare entrano nel territorio dell’Unione Europea e non semplicemente in quello di uno dei suoi Stati Membri», sosteneva il Ministero degli esteri italiano.

Il giudice di Catania, Nunzio Sarpietro, ha acquisito la corrispondenza perché vuole vederci chiaro sulla «politica adottata a livello governativo in materia di migrazione all’epoca dei fatti e in relazione ai rapporti con l’Unione Europea anche in riferimento al cosiddetto Patto di Governo», come ha scritto nell’ordinanza dello scorso 3 ottobre, chiedendo di assumere a verbale, tra gli altri, le dichiarazioni dell’allora vice-presidente del Consiglio, Luigi di Maio, degli ex Ministri Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli, dell’ambasciatore Maurizio Massari, dell’attuale Ministra degli interni, Luciana Lamorgese.

Per questo è stato sentito dai magistrati anche il presidente dimissionario Giuseppe Conte, ascoltato anche dai legali delle associazioni parti civili, Daniela Ciancimino e Corrado Giuliano, i quali hanno annunciato di aver predisposto una serie di domande al Presidente del Consiglio ancora in carica per il disbrigo degli affari correnti, perché, «possa chiarire in maniera ancora più chiara quelle che sono state le responsabilità dell'ex ministro degli Interni Matteo Salvini nel trattenere illegittimamente la nave Gregoretti con i migranti a bordo», dicono gli avvocati di Arci, Legambiente e Accoglierete.

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