Sono 16 gli imprenditori alberghieri indagati per peculato in una inchiesta della procura di Napoli, destinatari della visita della Guardia di finanza che ha effettuato un sequestro per equivalente, in pratica ha sequestrato dai conti corrente degli indagati la stessa cifra che l'autorità giudiziaria presume sia stata sottratta all'erario. Per alcuni di loro è un amaro ritorno, avendo avuto contestazioni analoghe anche in passato.

La sottrazione è avvenuta negli anni 2018, 2019 in maniera molto semplice, visto che anche in altre città, a partire da Roma, alcuni imprenditori alberghieri hanno messo in atto lo stesso stratagemma. I clienti, ospiti delle strutture alberghiere, prima di partire saldano il costo delle camere, ma anche la tassa di soggiorno, un'ulteriore imposta introdotta per aiutare le sempre vuote casse degli enti locali.

Gli albergatori incassano, ma poi dovrebbero girare la cifra al comune, in 16, nell'isola verde, hanno preferito tenersi il malloppo e ora sono sotto indagine per peculato in quanto incaricati di pubblico servizio. Sul ruolo da assegnare all'albergatore, in questi procedimenti, non è mancato dibattito giurisprudenziale che si è concluso con un pronunciamento delle sezioni unite della Corte dei conti e della Corte di cassazione che ha stabilito che l'imprenditore è incaricato di pubblico servizio «in considerazione della natura prettamente pubblicistica della sua attività, essendo chiamato a partecipare all'attività amministrativa del comune quale ente impositore», si legge nella sentenza della Suprema corte del febbraio 2019.

In pratica così precisato il ruolo dell'albergatore se quest'ultimo non versa la tassa di soggiorno risponde di peculato avendo sottratto, da incaricato di pubblico servizio, denaro pubblico. Chiarito il quadro normativo da parte dei giudici di legittimità è arrivato il decreto rilancio, nel maggio scorso, che praticamente stabilisce, indipendentemente dal ruolo riconosciuto all'albergatore, per la violazione solo una sanzione amministrativa.

Una norma che ha fatto molto discutere perché anche Cesare Paladino, gestore dell'Hotel Plaza a Roma, padre di Olivia, compagna del primo ministro Giuseppe Conte, negli anni scorsi, non ha versato circa due milioni di euro di tassa di soggiorno, poi restituiti, insieme ad un risarcimento danni, dopo l'avvio dell'inchiesta a suo carico.

Nel 2019, l'imprenditore aveva patteggiato un anno e due mesi per peculato con pena sospesa, ma dopo l'approvazione del decreto rilancio ha chiesto di rivedere quel patteggiamento perché il reato è stato depenalizzato, ma i pubblici ministeri si sono opposti perché la depenalizzazione non si applica ai fatti avvenuti prima del 19 maggio.

Un ragionamento che viene condiviso anche dal giudice Luana Romana che si occupa dei furbetti di Forio di Ischia. Anche nel loro caso i fatti sono avvenuti prima dell'approvazione della legge e quindi gli indagati rispondono di peculato. I finanzieri hanno sequestrato 111 mila euro all'imprenditore Bartolomeo Regine, 234 mila euro a Ciro Castiglione, 110 mila euro a Giovanni Castiglione, in tutto 760 mila euro ai 16 imprenditori indagati.

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