Qualche giorno fa molti giornali italiani hanno pubblicato titoli cubitali: “Covid, studio su Lancet: con gli antinfiammatori ospedalizzazioni ridotte del 90 per cento!” Anche il Corriere della Sera, solitamente prudente, ha scritto: “Covid, gli antinfiammatori riducono le ospedalizzazioni del 90 per cento”.

L’articolo spiega meglio il concetto: «Se i contagi dovessero tornare a salire, la terapia precoce potrebbe scongiurare la pressione eccessiva sugli ospedali e gli elevati costi dei trattamenti, tra gli aspetti più drammatici della pandemia».

In che senso «la terapia precoce potrebbe scongiurare la pressione eccessiva sugli ospedali»? Leggendo i vari articoli pare di capire che fino a ora i medici italiani, quando si trovavano di fronte un paziente malato di Covid degente a casa, abbiano atteso giorni senza fare niente e non abbiano mai usato questi benedetti farmaci infiammatori, che se somministrati precocemente avrebbero evitato il 90 per cento delle ospedalizzazioni e salvato centinaia di migliaia di vite. 

L’insinuazione è grave e l’atto d’accusa è pesante. Peccato che come spesso accade con i giornali italiani si tratti di una bufala. I medici italiani, almeno quelli bravi, coscienziosi e informati, hanno sempre curato i loro pazienti domiciliari malati di Covid con Tachipirina o Aspirina e farmaci antinfiammatori non steroidei fin dal manifestarsi dei primi sintomi. L’ho fatto anche io con decine e decine di persone. E allora che cosa è successo?

Lo “studio”

È successo che alcuni scienziati italiani del prestigioso Istituto italiano Mario Negri di Milano, guidati dal dottor Giuseppe Remuzzi, hanno pubblicato su una rivista scientifica un articolo dal titolo: “La casa come nuova frontiera per il trattamento del Covid-19: il caso degli agenti antiinfiammatori”

Questo “studio”, come lo definiscono i giornali italiani, ha suscitato un grande clamore perché lascia intendere che se in Italia avessimo agito in maniera diversa avremmo potuto salvare molte vite. È falso.

Cominciamo a smontare gli errori. Per prima cosa non si tratta di uno “studio”, ma di una “review”, cioè di una revisione, che è una cosa molto diversa. In uno studio presenti dati nuovi e originali su – per esempio – un farmaco che hai sperimentato sui pazienti, e dimostri qualcosa che non si sapeva ancora.

Invece quello di Remuzzi e colleghi è una review, cioè un articolo in cui gli autori hanno preso in esame un certo numero di studi sperimentali fatti in passato da altri scienziati, questi sì basati su dati statistici originali, i quali dimostravano tutti che i farmaci anti infiammatori somministrati precocemente a pazienti malati di Covid a domicilio ne miglioravano i sintomi ed evitavano le ospedalizzazioni e le morti, hanno riunito i risultati sommando tutti i dati, e sono giunti alla strabiliante conclusione che i farmaci anti infiammatori somministrati precocemente a pazienti malati di Covid a domicilio ne miglioravano i sintomi ed evitavano le ospedalizzazioni e le morti.

Come recita la review del dottor Remuzzi, «l’uso di farmaci antinfiammatori, e specialmente farmaci anti-infiammatori-non-steroidei (Fans), negli stadi iniziali del paziente malato di Covid-19 sembra essere una valida strategia terapeutica. Queste scoperte che derivano dagli studi in esame sono promettenti e indicano che i farmaci anti-infiammatori-non-steroidei possono avere un ruolo cruciale nella cura domiciliare degli individui con sintomi iniziali di Covid-19 iniziali». Grazie, ma lo sapevamo già.

Punto secondo, l’articolo del dottor Remuzzi e dei suoi colleghi non è stato affatto pubblicato su Lancet, che forse è la rivista scientifica di clinica medica più prestigiosa al mondo, ma su Lancet Infectious Diseases, una rivista che fa parte dello stesso gruppo editoriale ma ha un prestigio e un’autorevolezza molto minore.

Perché tutto questo clamore?

Lo studio del Dottor Remuzzi non svela niente di nuovo.  Tutti i medici del mondo seri e informati curano già i pazienti a casa fin dal primo manifestarsi dei sintomi con Tachipirina, se c’è febbre, e Fans, per diminuire i dolori e le difficoltà respiratorie.

Infatti, fin dai primi studi sul Covid, si sa che i danni peggiori al nostro organismo non sono provocati dall’azione diretta del coronavirus che invade le cellule dei nostri polmoni e dei nostri vasi, ma dalla super risposta infiammatoria scatenata dal nostro sistema immunitario che cerca di sconfiggere il virus. E per alleviare quella super risposta infiammatoria, che provoca i danni peggiori, vanno da subito usati appunto i farmaci antinfiammatori non steroidei.

Assieme all’infiammazione, il coronavirus provoca febbre, che va combattuta con la Tachipirina o l’indometacina. Lo sanno tutti. Nei casi peggiori, il nostro sistema immunitario e i farmaci non riescono a debellare il virus e quindi la malattia avanza provocando gravi polmoniti che richiedono il ricovero in ospedale o in terapia intensiva del paziente, il quale a questo punto deve essere curato con ossigeno e farmaci antinfiammatori più potenti, come il cortisone. Tutti i medici bravi, anche in Italia, fanno così, somministrano Tachipirina e Fans, e quindi chi è curato da loro evita la malattia grave e l’ospedalizzazione.

Le circolari del ministero

Volete la prova? La circolare del ministero della Salute del 26 aprile 2021, che indicava le linee guida per le cure domiciliari dei pazienti Covid affermava che bisogna «utilizzare un trattamento di tipo sintomatico con paracetamolo o Fans in caso di febbre o dolori articolari o muscolari». 

E la circolare del ministero Salute del 17 febbraio 2022 ribadiva che «nei soggetti a domicilio asintomatici o paucisintomatici, si raccomanda: costante e accurato monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente, inclusa la misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno; trattamenti sintomatici, ad esempio paracetamolo o farmaci antinfiammatori non steroidei – Fans – in caso di febbre o dolori articolari o muscolari».

L’articolo di Remuzzi si presta ad interpretazioni ambigue. I No-vax lo citano a sostegno delle loro teorie bislacche. Remuzzi e i suoi colleghi fin nel titolo includono la parola “home”, cioè casa o domicilio, e così richiamano alla mente il movimento delle terapie domiciliari contro il Covid, una setta cospirazionista No-vax corteggiata da molta destra di lotta e di governo.

Il movimento per le terapie domiciliari sostiene che la terapia raccomandata dal governo, a base di «Tachipirina e vigile attesa» era completamente sbagliata, e aveva provocato molte morti. Un’accusa infondata, come avete visto. Invece i medici delle terapie domiciliari consigliavano e somministravano idrossiclorochina (un farmaco inutile e dannoso) per curare l’infiammazione, un po’ di Aspirina come anti aggregante (boh?) e, in caso di febbre, lo Zitromax (un antibiotico che uccide i batteri ma non il coronavirus), poi tanta vitamina D (inutile), ivermectina (un farmaco inutile e pericoloso usato contro i vermi intestinali del cavallo), cortisone ed eparina (che se somministrati a pazienti non gravi possono farne aumentare la mortalità). Chi è stato curato dai medici delle terapie domiciliari ed è guarito, è stato fortunato.

Uno strano silenzio

Quando i giornali hanno scritto che se i medici italiani avessero usato immediatamente Tachipirina e Fans si sarebbero evitate molte migliaia di ospedalizzazioni, insinuando che prima non lo facessero, Remuzzi e i suoi colleghi sono stati zitti. Non hanno osato chiarire che in tutte le sue linee guida il governo italiano ha sempre raccomandato Tachipirina e Fans per i pazienti domiciliari, e una vigile attesa che non consisteva nel non fare nulla – come sostengono i No-vax – ma nella sorveglianza attiva del paziente.

D’altronde, già nel passato Remuzzi aveva flirtato con queste dubbie idee. Il 7 aprile 2021 aveva affermato polemicamente: «Bisogna agire subito, alla comparsa di qualunque potenziale sintomo Covid, e non aspettare assumendo Tachipirina in caso di febbre e restando in “vigile attesa”, come continuano a suggerire – a questo punto viene da dire inspiegabilmente – i protocolli del ministero della Salute». 

Viene da chiedere: ma il dottor Remuzzi questi protocolli li aveva letti? Probabilmente no, perché dicevano cose diverse. Lo stesso Remuzzi è uno di quei dieci famosi virologi che a giugno 2020 avevano sottoscritto una lettera in cui affermavano: «L’emergenza è finita, il virus è scomparso». Si è visto come è andato a finire.

Insomma, i giornali italiani leggono il suo articolo ne danno un’interpretazione che potrebbe fare piacere a buona parte della destra, che sta per vincere le elezioni e andare al governo, e il dottor Remuzzi non emette fiato per smentirli. Che strano.

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