Il calo dell’epidemia in Italia mostra sempre più segnali di rallentamento mentre in alcune regioni, come il Veneto, la tendenza si è già invertita. Il nostro paese sembra seguire con qualche giorno di ritardo Regno Unito e Germania dove i nuovi casi sono tornati a crescere dopo il significativo calo dei contagi in seguito alle misure di contenimento adottate tra la fine di ottobre e l’inizio di dicembre.

Il timore oggi, in Italia come in Europa, è l’inizio di una vera e propria terza ondata nel mese di gennaio, facilitata dal probabile aumento dei contatti e degli spostamenti nel periodo delle vacanze natalizie.

I numeri di ieri

Venerdì sono stati registrati 17.992 nuovi casi e 674 decessi. Il tasso di positività dei tamponi è all’8,57 per cento. Si tratta di numeri sostanzialmente in linea con quelli di venerdì scorso che mostrano come i contagi siano ormai stabili e abbiano smesso di ridursi.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità, nell’ultimo rilevamento, basato su dati raccolti fino all’8 dicembre, l’indice Rt, che misura la rapidità di diffusione del contagio, è risalito a 0,86 dallo 0,82 del precedente rilevamento.

La situazione in Italia

Quello che abbiamo davanti nel nostro paese è un “rallentamento” nel rallentamento dell’epidemia. In altre parole, i nuovi casi calano, ma sempre più lentamente.

Per dimostrarlo è sufficiente prendere il numero di nuovi casi ogni settimana e confrontarlo con il numero medio di nuovi casi della settimana successiva (è sempre meglio considerare la media mobile dei nuovi casi così da eliminare le fluttuazioni giornaliere, ad esempio quella tipica del lunedì, quando a causa dei ritardi accumulati nel fine settimana il numero di nuovi casi è particolarmente basso). In questo modo si ottiene la diminuzione media settimanale giornaliera.

Nella prima settimana dopo il picco di nuovi casi a metà novembre, il calo medio è di circa 7mila nuovi casi giornalieri in meno. La settimana successiva è sceso a 5mila e la scorsa settimana a 3mila.

Un altro dato che ci dà un’indicazione su questo “rallentamento del rallentamento” è l’indice di positività dei tamponi, cioè la percentuale dei casi positivi sul totale dei tamponi effettuati.

Si tratta di una misurazione da prendere con cautela, visto che molti fattori contribuiscono a “sporcarla” (ad esempio, vengono contati anche i tamponi di effettuati per confermare la fine della malattia e quelli di screening, effettuati da particolari categorie come medici e operatori sanitari).

Ma se presa con prudenza, anche questa misura ci può dire qualcosa. L’indice di positività ha toccato il record a metà novembre, durante il piccolo della seconda ondata, quando ha sfiorato il 18 per cento. A inizio dicembre era sceso fino al 10 per cento e da lì non si è sostanzialmente più mosso.

Un ultimo importante segnale arriva dall’indice Rt, che partendo dalla data in cui le persone positive al virus hanno iniziato a manifestare sintomi, cerca di calcolare con quale velocità l’epidemia si diffonde.

O, in altre parole, quante persone infetta ciascun caso positivo in un determinato lasso di tempo. Anche qui, il record è stato raggiunto a metà novembre, con un Rt pari a 1,5. Da allora Rt è sceso fino a sotto l’unità, ma è tornato a salire nelle ultime settimane.

Che succede in Europa

La situazione in Italia sembra precedere di una settimana circa quello che sta succedendo in altri paesi europei. In gran parte del continente l’epidemia sembra aver raggiunto un plateau, una situazione di stabilità rappresentata da una curva dei contagi che rimane alta, ma piatta. In alcuni paesi ci sono già i segnali di un aumento consistente dei casi negli ultimi giorni.

Se osserviamo il numero di casi per 100mila abitanti, vediamo che paesi come il Regno Unito e la Spagna stanno sperimentando una nuova ondata di contagi, mentre Germania e Francia siano a una situazione ancora stabile ma con segnali di aumento negli ultimi giorni. In tutto questo, il numero di test effettuati è ricominciato a salire in tutta Europa. E anche la quantità di test che segnalano la positività è in risalita.

Cosa può succedere

Fare previsioni è difficile, ma sfruttando il “ritardo” nell’andamento dell’epidemia nel nostro paese a paragone con il resto d’Europa possiamo fare alcune ipotesi. Prendiamo il Regno Unito, ad esempio, che ha raggiunto il picco più alto della seconda ondata a metà novembre, più o meno come l’Italia, ha toccato il picco più basso a inizio dicembre e oggi è quasi ritornato ad avere lo stesso numero di nuovi casi di un mese fa, al picco dell'epidemia.

In confronto, l’Italia ha impiegato un po’ di più a far scendere la curva e ha raggiunto soltanto pochi giorni fa il picco più basso di nuovi casi.

Se ipotizziamo che la curva dei contagi risalga con la stessa velocità con cui è scesa, come avvenuto nel Regno Unito, significa che prima della fine dell’anno potremmo ritornare a circa 25mila casi al giorno.

Da qui la volontà del Governo di cercare di anticipare l’aumento dei contagi e non trovarsi nel pieno di una terza ondata quando la campagna vaccinale avrà inizio.

 

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