Nel pieno dell’epidemia della Covid-19 – ieri ancora 564 morti in un giorno – ci sono quasi 24mila giovani medici lasciati in mezzo a un limbo, ad aspettare mesi per capire se hanno superato il test di specializzazione e in che ospedali, reparti e in quale città potranno prendere servizio. Lo sapranno – forse – il 15 dicembre quando il Consiglio di stato deciderà se saranno accettati i ricorsi su una domanda del concorso nazionale annullata dal ministero dell’Università.

Oggi i “camici grigi”, così si chiamano nel gergo i giovani precari della sanità, quelli che finita la laurea e l’abilitazione in Medicina non sono ancora specialisti o medici di base, manifesteranno in sette città di Italia, a partire da un presidio a Roma sotto il ministero guidato da Gaetano Manfredi, che prima di fare il ministro era presidente della Conferenza dei rettori italiani. I “camici grigi” chiedono di sbloccare l’ingresso negli ospedali, visto che lo stallo attuale sta lasciando i reparti con meno personale degli altri anni proprio in questa emergenza. Una vicenda che l’ordine dei medici ha definito «paradossale».

Il concorso

Il concorso nazionale si è tenuto il 22 settembre, con due mesi di ritardo rispetto ai tempi normali: di solito il bando viene pubblicato a maggio, il test organizzato per luglio. Quest’anno i posti in specializzazione sono stati quasi raddoppiati passando da 8mila a circa 14mila e anche le domande sono raddoppiate. A maggio, quando il bando non è stato pubblicato, ci sono state le prime manifestazioni di protesta. Per la pubblicazione sono necessari alcuni passaggi tecnici. «La valutazione delle scuole di specializzazione è a carico di un osservatorio nazionale, che dipende dal ministero, e l’Osservatorio è stato nominato solo a fine maggio già in pieno ritardo», dice Alessandra Iorfida, 28 anni, laureata a Pisa e membro dell’associazione Chi si cura di te? che si occupa dei problemi dei giovani professionisti della sanità italiana. Il bando è stato pubblicato soltanto il 24 luglio e il concorso indetto per il 22 settembre, quando l’Italia era già nella seconda ondata della pandemia: 23.756 partecipanti per 14.544 posti.

Di ricorso in ricorso

La situazione, però, invece che risolversi si è complicata. Due domande sono state annullate. La graduatoria doveva essere pubblicata il 5 ottobre alle 12 e poi ci sarebbero stati i consueti cinque giorni di tempo per scegliere la propria destinazione e infine l’assegnazione. Il giorno stesso in cui dovevano essere pubblicati i risultati a scadenza già passata, il ministero ha avvertito che la prossima comunicazione sarebbe stata rinviata al 26 ottobre. Da lì in poi è stato un continuo rinvio.

Il 26 novembre arriva la graduatoria provvisoria, la scadenza per inserire le scelte viene rimandata ben quattro volte, dal 27 al 30 novembre, poi al primo dicembre, ancora al 3 e infine alla pronunciazione della camera di consiglio del Consiglio di stato che dovrebbe arrivare a metà mese. Gli specializzandi attribuiscono le colpe in maniera condivisa a ricorsi, inadeguatezze del ministero, mancanza di comunicazione tra organi giudiziari. Le conseguenze le pagano i giovani medici, le loro famiglie e i pazienti, nel momento in cui di loro hanno più bisogno.

Le rinunce al lavoro

Durante l’estate, nell’incertezza e nell’attesa del concorso, qualcuno ha trovato lavori di qualche mese. La dottoressa Iorfida per esempio ha sostituito un medico di base e ha fatto la guardia medica a Mori, una cittadina del Trentino, dove riceveva i pazienti in condominio e la sua protezione dal virus «era un citofono». Poi, dopo il test, è riuscita a partecipare al bando per il contact tracing della regione Toscana: «Per fortuna i tempi per le dimissioni sono di una settimana». Mentre parla le arriva una mail: «È per le guardie mediche di inizio gennaio, devo dare la disponibilità entro l’11 dicembre pena la decadenza della graduatoria. È un incarico annuale per carenza di personale, ma visto che probabilmente non si saprà nulla dovrò rinunciare».

Fabio Di Criscio, altro aspirante specializzando, dice che sono in molti nello stesso limbo: «Migliaia di medici hanno rifiutato o si sono dimessi da lavori sul territorio: anche quelli creati ad hoc per l’emergenza attuale sono incompatibili con la specializzazione e hanno tempi tecnici per le dimissioni». Quelli che hanno accettato un lavoro, in caso di abbandono per la specializzazione, dovranno pagare penali.

Le promesse di Manfredi

Il ministero dell’Università è stato criticato da tutti i partiti, dalla Lega a Fratelli d’Italia, ma anche da esponenti del Pd. Il deputato democratico Marco Lacarra ha detto che quello che sta succedendo è «inconcepibile». Carlo Calenda ha definito il trattamento riservato ai medici «vergognoso».

Il ministro Manfredi, parlando al Corriere della Sera, ha promesso: «Il 15 sapremo come fare le graduatorie e il 15 gennaio i medici specializzandi saranno in corsia».

Se non dovessero cambiare le cose, se non ci sarà un altro rinvio, se la graduatoria e le assegnazioni fossero pubblicate tra il 15 e il 20 dicembre, i 14.500 che riusciranno a ottenere un posto saranno chiamati a prendere servizio entro il 30 dicembre, per via delle regole di bilancio. E quindi, eventualmente, a traslocare in un altro posto di Italia nel giro di meno di due settimane, alla faccia della retorica delle istituzioni sugli eroi in camice bianco che lottano contro il Covid.

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