A Roma e nel Lazio le ispezioni sulle condizioni di ponti e viadotti Anas sono meno della metà di quelle minime necessarie. Idem in Liguria. In Toscana e nelle Marche le verifiche sono appena al 70 per cento, mentre Lombardia e Umbria «hanno registrato importanti carenze». Nel resto d'Italia i controlli vanno un po' meglio, ma anche lì quasi mai sono all'altezza.

Questo bollettino della sicurezza stradale sconfitta è certificato con autorevolezza dall'Anac (Autorità anticorruzione) da qualche mese guidata da Giuseppe Busia, in una lettera molto dettagliata inviata all'Anas e al ministero dei Trasporti di Paola De Micheli (Pd). Se questo è il quadro c'è solo da sperare che ponti e viadotti restino in piedi sfidando l'incuria e non c'è da stupirsi se precipitano, e purtroppo succede sempre più spesso: c'è solo da piangere i morti, soccorrere i feriti e fare la conta dei danni.

Negli ultimi sette mesi sono caduti tre ponti Anas. Ieri è stato chiuso il ponte Bitti sulla statale Buddusò in Sardegna perché inagibile, una settimana fa era crollato il ponte di  Melissa, in provincia di Crotone. Per miracolo non ci sono stati morti, ma non si può sempre sperare nei miracoli. I vertici dell'azienda delle strade sembra però non abbiano piena consapevolezza dei rischi che si stanno correndo.

L'amministratore delegato, Massimo Simonini, si è raddoppiato lo stipendio che da 200 mila euro che gli furono riconosciuti quando fu nominato alla vigilia di Natale di due anni fa è salito a 400 mila circa compreso un bonus (Mbo) di 90 mila euro come premio per i risultati raggiunti (?). Lo stesso premio, anche se in misura ovviamente minore, l'hanno ricevuto molti dei 152 dirigenti Anas il cui numero a metà settimana è cresciuto di altre 14 unità.

Tra i nominati c'è anche il nuovo responsabile per i ponti e viadotti, Paolo Mannella, che va a ricoprire una casella in precedenza occupata da Simonini e lasciata vuota per due anni. C'è un nuovo dirigente anche per i rapporti di lobby con i ministeri, incarico inserito all'Anas all'interno dell'ufficio comunicazione in cui è inquadrata la bellezza di circa 100 persone. Si chiama Luca Vettor, è l'ex capo di gabinetto della provincia di Treviso, considerato di area leghista.

All'Anas più che sullo stato pericoloso dei ponti sembra abbiano la testa su altro. Sul rinnovo dell'incarico di Simonini che scade a marzo, per esempio, o sul bilancio 2020 che li preoccupa parecchio perché per la seconda volta in due anni con ogni probabilità dovranno chiuderlo in perdita, ma dentro al quale intendono inserire per la terza volta dal 2017 (èra di Gianni Armani amministratore) poste di dubbia correttezza. Come il patrimonio di 2 miliardi di euro evidenziati al momento della fusione per incorporazione nelle Fs e poi l'allungamento della concessione dal 2032 al 2052, considerato da Simonini un evento sicuro, ma che sicuro non è affatto, così come risulta dai pareri di segno contrario espressi dal rappresentante della Corte dei conti all'interno dell'Anas, Pino Zingale, e dal direttore del dipartimento per le infrastrutture del ministero, Antonio Parente (morto il 13 novembre). Nel tentativo assai arduo di far quadrare i conti, l'amministratore Simonini dedica da giorni molto del suo tempo a fare la spola con l'ufficio della ministra De Micheli e con quelli dei sottosegretari.

Le valutazioni dell'Anac sulle ispezioni e manutenzioni di ponti e viadotti Anas sono preoccupanti e impietose. Subito dopo il crollo in primavera del ponte di Aulla a giugno l'Anticorruzione aveva chiesto all'Anas informazioni sugli «interventi di manutenzione ordinaria e sulle procedure di controllo» di ponti e viadotti e un paio di mesi dopo aveva ricevuto la risposta. Che invece di fugare le preoccupazioni le ha ingigantite. Dopo una lunga enumerazione degli interventi effettuati, l'Anas concludeva il suo rapporto annunciando che era stato eseguito un numero di ispezioni tale da poter ritenere che si era raggiunta «una sostanziale copertura della totalità dei ponti e viadotti».

Dati alla mano, l'Anticorruzione dimostra che non è così. I ponti e viadotti Anas da ispezionare sono 15.031 e in base agli standard minimi di sicurezza le ispezioni ricorrenti avrebbero dovute essere 60.124 l'anno. L'Anas dice di averne effettuate 48.333 nel 2018 (circa l'80 per cento del minimo necessario) e 50.761 l'anno successivo, 84 per cento. Questo 84 per cento, però, è come i polli di Trilussa. Scrive l'Anac nella sua lettera: «Da una semplice elaborazione dei dati forniti da Anas risulta che al raggiungimento dell'84 per cento dei controlli i compartimenti regionali hanno concorso in misura alquanto variegata». In Piemonte, per esempio, hanno fatto addirittura più controlli di quelli minimi necessari, in Emilia-Romagna hanno sfiorato il 100 per cento mentre i compartimenti del Lazio e della Liguria non hanno fatto neanche metà delle ispezioni dovute.

Stessa situazione confusa e a macchie di leopardo per i sovrappassi per i quali «le ispezioni effettuate risultano in alcuni casi ampiamente ridondanti e in altri del tutto carenti». Insufficienti anche gli interventi di manutenzione: l'Anas dichiara 219 lavori appaltati dal 2018, ma all'Anticorruzione risulta che 13 di essi siano sospesi e 84 ancora da consegnare. Il verdetto dell'Anticorruzione è drastico: «Le ispezioni annuali appaiono per alcuni compartimenti notevolmente insufficienti» e per il controllo di ponti e viadotti «Anas non riesce ad adempiere compiutamente ai propri obblighi previsti dal relativo contratto di programma» concordato con lo Stato.

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