Con la didattica a distanza la scuola è entrata nelle case, e molte famiglie si sono trovate più coinvolte nei percorsi scolastici della prole. Se alcuni hanno sentito solo il peso del confronto quotidiano con figlie e figli, altri ne hanno scoperto i benefici e si sono avvicinati ai principi dell’homeschooling.

Con l’inizio del nuovo anno scolastico, infatti, tante nuove famiglie hanno intrapreso la strada dell’istruzione parentale, la possibilità consentita dal Miur di istruire i propri figli tra le mura di casa anziché a scuola. Se però alcuni hanno optato per quest’alternativa solo per evitare rischi sanitari, tanti altri l’hanno scelta per dare ai figli un’educazione diversa, più libera e basata sullo spirito di iniziativa personale.

A differenza di altri paesi, in Italia il fenomeno è nuovo ma da settembre le adesioni si sono moltiplicate, proprio mentre in Francia – dove sono già oltre 50mila gli studenti domiciliari – il presidente, Emmanuel Macron, ha annunciato una frenata alla pratica per «combattere il separatismo religioso». Macron presenterà al Consiglio dei ministri del 9 dicembre un disegno di legge mirato «a rendere la scolarizzazione obbligatoria dal prossimo anno scolastico dai 3 anni di età e a proibire l’istruzione domestica, che sarà strettamente limitata alle esigenze sanitarie».

Già prima dell’uccisione del professor Samuel Paty e dell’attentato terroristico nella basilica di Notre-Dame di Nizza, Macron aveva dichiarato la sua preoccupazione verso le “derive” dell’istruzione a domicilio, dal comunitarismo alla radicalizzazione, soprattutto islamista, fino all’abbandono scolastico, e il suo intento di imporre alla scuola di restare «uno spazio laico dove inculcare i valori della Repubblica, non quelli di una religione».

Non tutti hanno accolto con favore la sua proposta. Si prevedono proteste in Francia, mentre in altre parti del mondo il consenso per l’homeschooling si è consolidato: negli Stati Uniti ci sono 2 milioni di studenti domestici, in Canada sono 60mila, mentre in Inghilterra con 70mila. «La pandemia di Covid-19 ha fatto esplodere la curiosità verso l’istruzione parentale anche in Italia. Abbiamo avuto un boom di iscrizioni», dice Sergio Leali, architetto di Salò e presidente dell’associazione Laif nata tre anni fa per sostenere le famiglie che volevano intraprendere questa strada.

I pionieri in Italia

Sergio e sua moglie Nunzia Vezzola sono stati pionieri dell’homeschooling in Italia. La considerano un «fenomeno di modernità». Hanno ritirato da scuola il primo figlio, Carlo, dieci anni fa, quando era in quinta elementare, e il secondo, Marco, in terza. «Avevamo notato che Carlo a scuola si spegneva, non trovava interessi, era alienato e quando rientrava aveva bisogno di sfogarsi. Gli chiesi se voleva cambiare istituto o classe, ma non era quella la sua intenzione. Allora mi ricordai di una famiglia francese che faceva istruzione parentale, mi informai e scoprii che anche in Italia era possibile», racconta Nunzia, che a differenza dei figli a scuola ci va per insegnare lingue in un Istituto tecnico superiore.

«Conosco bene il sistema scolastico e anche io ho modificato il mio modo di insegnare dopo questa esperienza. Non baso più le mie lezioni sulla grammatica ed evito di riempire la testa degli studenti di materiali inutili. Come ho fatto con i miei figli che hanno imparato in libertà sviluppando competenze in più campi e stando a contatto con la società, mai isolati. La comunità homescholer è grande e connessa. Considero più la classe un recinto chiuso», dice Vezzola.

L’istruzione parentale può avvenire con diversi metodi. C’è chi segue il metodo Montessori, chi quello di Steiner, chi usa la tecnologia, chi si affida a tutor esterni e chi preferisce basarsi solo su forze familiari. In quest’ultima categoria rientra l’unschooling, ossia l’apprendimento totalmente spontaneo da parte del bambino. «Per mia figlia Isabella di 6 anni ho optato per l’unschooling e, come in un villaggio, abbiamo coinvolto nonni, zii e amici che si prestano a farle scoprire la musica, a portarla al museo o al parco», racconta Annalisa Vincenzi, 47 anni, residente a Cuveglio (Varese).

«Tutti ci poniamo come modelli ed educatori, mai come formatori. Captiamo le curiosità di Isabella e ci impegniamo ad allargarle. È successo di recente con un libro sugli antichi Egizi ricevuto in regalo che ha acceso la sua curiosità, seguito poi dalla passione per i dinosauri e le principesse medievali. Rispondiamo alle sue domande con piacere, evitando di dire: “A scuola imparerai…”. E non prevediamo mai lezioni».

Imparare in autonomia

In generale, tutti i bambini educati privatamente vengono instradati a imparare in autonomia. Uno dei libri italiani sul tema si intitola Io imparo da solo (Terra Nuova Edizioni). L’autrice è Elena Piffero, 39 anni. Ha scoperto che era possibile scolarizzare i figli in casa quando viveva in Inghilterra con il marito, un ricercatore universitario. Ha cominciato con la prima figlia Rita cinque anni fa e, una volta rientrata in Italia nel 2017, ha proseguito con gli altri figli, Emily di 7 anni e Martin di 6.

Ad aprile è stato anche tradotto in italiano il libro-guida per i sostenitori dell’homeschooling, Come imparano i bambini di John Holt, pubblicato per la prima volta nel 1967, oggi un classico. Holt sostiene che «il compito di genitori e insegnanti è preparare scuole per i bambini e non preparare i bambini per la scuola, perché i bambini imparano da tutto quello che vedono, ovunque si trovino, non solo in speciali luoghi di apprendimento».

«Chi sceglie l’educazione parentale deve farlo con senso di responsabilità – avverte Piffero – Non deve essere una fuga dalla scuola per sottrarsi ai rischi del Covid-19 o a delusioni scolastiche, ma una vera scelta. È un’occasione anche per i genitori. Grazie a questa esperienza mi sono messa all’altezza dei bambini e ho visto il mondo in maniera diversa ritrovando vecchie passioni come il rispetto per l’ambiente». 

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