«Lei ha letto quello che ho scritto? Non mi sembra che contenesse cose particolari. Ho solo espresso il rammarico perché l'opposizione avrebbe potuto sfruttare di più gli strumenti del diritto parlamentare per marcare meglio la maggioranza sulla manovra».

Non è pentito Marcello Degni, consigliere della Corte dei Conti, economista, esperto di finanza pubblica e di procedure di bilancio: ha parlato del suo post su X dedicato alla manovra che ha fatto infuriare la destra in un'intervista a La Stampa.

Nel testo, citando Elly Schlein scriveva che l'approvazione della manovra è stata un'«occasione persa» perché «c'erano le condizioni per l'ostruzionismo e l'esercizio provvisorio» e perché «potevamo farli sbavare di rabbia sulla cosiddetta manovra blindata e gli abbiamo invece fatto recitare Marinetti».

«La mia era una critica riferita al metodo non al contenuto della manovra. E non era una critica nei confronti soltanto di questo governo. Non da oggi, ma da quasi vent'anni, tutti i governi non rispettano quella che dovrebbe essere una discussione articolo per articolo, pacata, con i 183 programmi di cui è strutturata. In questo modo si svilisce il ruolo del parlamento» continua Degni. 

La conferma

In ogni caso, nonostante le critiche, il magistrato non ha intenzione di fare passi indietro. «Più ci penso e più sento di aver fatto la scelta giusta. Ho l'impressione che, se si è scatenato un simile polverone su delle affermazioni che da anni sono discusse in ambito accademico, forse vuol dire che queste affermazioni hanno colpito nel segno. Se fossi il presidente della commissione Bilancio sarei una persona triste: il suo ruolo dovrebbe essere quello di garantire una discussione sulla legge di bilancio invece si riduce ad aspettare delle misure già decise». E ancora: «Io credo che un magistrato abbia il diritto di esprimere le sue posizioni purché non si trovi di fronte a una questione che incide su una sua azione diretta e purché lo faccia in modo rispettoso come ho fatto io argomentando su una questione di cui mi occupo».

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