Dopo settimane di polemiche, la maggioranza ha approvato un ordine del giorno in cui si chiede al governo di rivedere l’orario del coprifuoco dopo aver esaminato l’andamento dei contagi da Covid-19 nel mese di maggio.

Oggi il coprifuoco è diventato un terreno di scontro politico tra chi chiede la sua abolizione perché costoso e inefficace e chi invece lo difende in nome della prudenza.

Stimare la sua efficacia è però molto difficile. I pochi studi disponibili sembrano indicare che contribuisce a contenere l’incremento dei contagi, ma trovare il giusto equilibrio tra benefici e svantaggi è un’operazione particolarmente difficile.

Da dove arriva

Il dibattito sul coprifuoco oggi divide in maniera piuttosto netta coloro che chiedono maggiore prudenza nelle riaperture da coloro che invece premono per un rilassamento più rapido delle misure di contenimento.

A favore della sua abolizione si è schierato tutto il centrodestra, insieme ad Italia Viva e a gran parte delle regioni. Il ministero della Salute, il Pd e il Movimento 5 Stelle sono invece a favore di mantenerlo fino a che i numeri dell’epidemia non saranno più bassi.

Ma non è sempre stato così. Quando lo scorso 14 ottobre la Francia è divenuta il primo paese europeo a introdurlo, vietando ai cittadini di circolare tra le 21 e le 6 di mattina, la misura era stata esplicitamente giustificata come alternativa morbida ad un lockdown.

Nei giorni successivi, si era cominciato a parlarne anche in Italia e dopo una prima opposizione da parte del segretario della Lega Salvini, la regione Lombardia, guidata proprio dalla Lega, è stata la prima ad approvare un coprifuoco a partire dalle ore 23, nella speranza di evitare misure di contenimento più dure. «Alla fine, esaminati i dati, anche Salvini si è convinto che il coprifuoco era una situazione inevitabile», aveva detto in quell’occasione il presidente della regione Attilio Fontana.

Il coprifuoco è poi stato portato alle ore 22 ed esteso in tutta Italia. Sparito per mesi dal dibattito, è tornato al centro delle discussioni con la riduzione dell’epidemia e le conseguenti riaperture.

Gli studi

Il Comitato tecnico scientifico, il principale organo di consulenza del governo in materia di contrasto alla pandemia, ha specificato di non essere stato ufficialmente interpellato sulla questione coprifuoco, né quando è stato approvato lo scorso autunno, né negli ultimi giorni.

I tecnici italiani sembrano prudenti sulla sua abolizione, soprattutto per evitare di dare un messaggio di “liberi tutti”, che gli studi hanno dimostrato essere particolarmente dannoso (le persone sono più prudenti quando media e autorità trasmettono la gravità della situazione). Ma a parte questo, i tecnici si sono sempre mostrati piuttosto prudenti nei loro giudizi.

Per quanto decine di paesi in tutto il mondo abbiano adottato varie forme di coprifuoco, infatti, farsi un’idea precisa dell’efficacia del coprifuoco è difficile. Istintivamente verrebbe da pensare che limitando gli spostamenti si riducano automaticamente le interazioni tra persone e quindi i contagi.

Ma allo stesso tempo, ridurre gli orari in cui è consentito spostarsi può portare a una maggiore concentrazione di persone e quindi ad un aumento dei contagi. Gli studi effettuati hanno trovato conferma ad entrambe queste ipotesi.

I principali si possono contare sulle dita di una mano. Il più citato è stato pubblicato in versione pre-print, cioè non ancora sottoposto a revisione, lo scorso 26 marzo. La sua conclusione è che il coprifuoco può ridurre l’indice Rt, che misura la velocità di trasmissione del contagio, del 13 per cento. Per essere efficace, però, ha bisogno di essere accompagnato da altre misure di contenimento.

Due settimane prima, un gruppo di ricercatori italiani e francesi aveva pubblicato un altro studio sulle conseguenze del coprifuoco in Francia, nelle cui conclusioni scrivevano : «Stimiamo che le misure di coprifuoco abbiano consentito di raggiungere un plateau nelle ospedalizzazioni, riducendo la trasmissione della variante originale del coronavirus».

Un altro studio ancora è stato pubblicato, sempre in pre-print, lo scorso 7 aprile mostra che nella provincia canadese del Quebec il coprifuoco ha portato a una riduzione della mobilità del 31 per cento in generale e del 39 per cento nelle metropoli rispetto al vicino Ontario che non lo aveva adottato. I casi si sono ridotti in Quebec, mentre nel resto del Canada crescevano, ma i ricercatori precisano che questa riduzione è difficile da attribuire soltanto del coprifuoco.

I problemi

Accanto a diversi indizi che il coprifuoco abbia qualche effetto nel contrastare l'epidemia, ce ne sono altri che indicano come un coprifuoco troppo stringente possa essere controproducente.

Qualche settimana fa, un gruppo di ricercatori francesi ha inviato una lettera al Journal of Infection scrivendo che il coprifuoco alle 18, adottato in alcune regioni della Francia, ha concentrato le uscite delle persone, in particolare le visite al supermercato, contribuendo ad un aumento dei contagi.

Risultati simili sono stati presentati in uno studio condotto in Grecia, dove i ricercatori hanno scoperto che nella regione di Atene il passaggio da un coprifuoco alle 21 ad uno alle 18 non ha ridotto il tempo di permanenza medio in luoghi di possibile assembramento come farmacie e supermercati. Questo, unito al fatto che il tempo per fare spese si era ridotto del 18,75 per cento, ha portato i ricercatori a concludere che gli assembramenti nei negozi sono aumenti e quindi, possibilmente, anche i rischi di contagio.

 

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