«Questo Coronovirus è stato un buon affare», dice al telefono intercettato Salvatore Emolo, pregiudicato che era diventato, a Rimini, socio occulto di una società e ha fatto soldi grazie all'emergenza pandemica. Il fratello di Salvatore Emolo si chiama Ferdinando, è affiliato al clan camorristico Di Lauro, capeggiato da quel Paolo Di Lauro, boss del narcotraffico, oggi in carcere, che nella serie Gomorra risponde al nome di Don Pietro Savastano.

Il fratello di Emolo, Ferdinando, è stato condannato definitivamente nel 2010 per associazione per delinquere di stampo mafioso e più recentemente, nel 2017, per aver partecipato ad una spedizione punitiva della camorra. È considerato un fedelissimo del gruppo criminale, tanto che gli scissionisti, il clan rivale, uccise il padre degli Emolo in un agguato. 

Fare profitti nelle crisi è un grande classico delle organizzazioni criminali. Torniamo al fratello Salvatore che si era trasferito a Rimini da anni.  Non volava alto, ma faceva soldi e per farli aveva trovato un sistema, quello di diventare socio occulto di una società, gestita da cugini. È stato scoperto dalla Procura di Rimini, pm Paola Bonetti, in una indagine condotta dalla Guardia di finanza che ha iniziato le investigazioni da un controllo sul rispetto delle misure di contenimento del Covid-19.

Emolo, che è pregiudicato per diversi reati come furto, rapina, evasione, stupefacenti, favoreggiamento personale, è stato sottoposto alla misura di prevenzione personale, nel 2016, e non poteva gestire attività imprenditoriali. Così per aggirare le restrizioni, è diventato, secondo gli inquirenti, socio occulto della ditta Vapor di Giuseppe Di Guido.

Sia Emolo, che Di Guido, Luigi e Giuseppe, sono indagati per intestazione fittizia di beni e la ditta è stata sequestrata. La società si occupava prevalentemente del lavaggio di auto poi Salvatore Emolo ha pensato bene, entrando fittiziamente nella ditta, di allargare il campo alle sanificazioni di locali commerciali, alberghi e altre strutture. Lo schema imprenditoriale occulto è risultato particolarmente redditizio per il pregiudicato, visto che, al telefono si compiaceva per il suo fiorente giro d’affari, definendo la pandemia, scrive il giudice Manuel Bianchi, «un buon affare».

Emolo si occupava personalmente di sanificare i locali e anche della parte amministrativa, risultando il vero titolare del ramo d'azienda dedicato alle disinfezioni, ufficialmente ne era solo collaboratore esterno e procacciatore d'affari. «Io c'ho l'impresa di pulizie, posso andare dove voglio», diceva Emolo a chi gli chiedeva come avrebbe fatto a spostarsi durante il lockdown.

Emolo voleva allargare l'attività non solo alla sanificazione, ma anche all'assistenza professionale riguardante la sicurezza sul lavoro coinvolgendo un'altra impresa. Il modello era il solito: ingresso nella società, in modo fittizio, e divisione degli utili.

Emolo non andava d'accordo con i cugini-soci, e voleva mettersi in proprio perché lui poteva arrivare a fare anche «12 sanificazioni al giorno». Alla fine Emolo è stato scoperto, e il «buon affare» si è interrotto.

Le mafie nelle crisi

La frase pronunciata da Emolo non deve stupire, da decenni il crimine, ancor di più quello mafioso, fa affari nelle crisi e nei periodi di grande trasformazione.

Basti pensare che nel 1989 pochi giorni dopo la caduta del muro di Berlino la mafia non perse tempo e un'intercettazione segnalò il cinismo e la lungimiranza dei clan, un mafioso disse al suo interlocutore di andare a Berlino est per comprare, comprare tutto.

Nel 2009, in un'audizione in commissione parlamentare antimafia, l'allora procuratore nazionale contro le organizzazioni mafiose, Piero Grasso disse: «Più volte in passato è accaduto che nei periodi di transizione economica, di crisi congiunturali o strutturali, si siano presentate occasioni prontamente sfruttate dalle organizzazioni criminali di tipo mafioso per trarre motivo di più` ingenti profitti, di ulteriore arricchimento, di più profonda penetrazione nell’economia e nella finanza».

Grasso passò poi a ricordare l'episodio del muro di Berlino: «Alla richiesta di chiarimenti del suo interlocutore il mafioso rispose che doveva comprare tutto quello che capitava: pizzerie, discoteche, alberghi. Racconto ciò per rappresentare l’immediata visione prospettica dei mercati che si aprono e delle convenienze sotto il profilo dell’economia legale e illegale di coloro che provengono dalla criminalità organizzata».

Il Covid è chiaramente un affare visto che gli organismi competenti e alcune indagini chiariscono che le mafie stanno investendo valanghe di soldi per rilevare le aziende colpite dalla crisi. 

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