Che il tema più dibattuto riguardante la scuola nelle ultime settimane sia quello ininfluente sul vaccino agli insegnanti è la conferma che le ragazze e i ragazzi, le bambine e i bambini siano tutto fuorché una priorità. Il tema degli effetti psicologici a breve, medio e, con tutta probabilità, a lungo termine della didattica a distanza rimangono in fondo alle cosiddette agende e ben poco pare essersi mosso nonostante il promettente cambio alla guida del paese. In una recente intervista al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, Fabio Fazio esordiva ripetendo che la scuola è una priorità.

Ce lo diciamo ogni giorno, una fatica di Sisifo, spingiamo un masso sulla montagna sibilando il mantra della “priorità della scuola” e quando il masso arriva su, che siano i sindacati, la gestione ancora emergenziale della pandemia, la polemica sui vaccini agli insegnanti o, cosa decisiva, la quantità di risorse stanziate, inevitabilmente il masso rotola di nuovo giù, portando con sé la vita quotidiana e gli anni irripetibili e belli dell’infanzia e della gioventù. E noi ricominciamo a spingerlo di nuovo su.

Nella intervista sopra citata il ministro dice che la causa dello stallo del quale Fazio gli chiede conto sia la variante inglese, una novità imprevedibile e molto più contagiosa nelle fasce d’età più giovani. Che le varianti fossero imprevedibili è l’ennesimo falso assunto (si sapeva da molto tempo, a leggere i paper scientifici) dal quale partire per un nuovo stato di emergenza. Ripartire sempre da zero, come se ci svegliassimo ogni giorno vergini e scoprissimo che ci troviamo in mezzo a una pandemia. Un altro aspetto sorprendente del dibattito, meno grossolano di quello sulle vaccinazioni degli insegnanti ma più illuminante, è che il primo danno collaterale della Dad per impatto sull’opinione pubblica è quello relativo alla oggettiva difficoltà di molte famiglie a gestire lavoro e figli a casa. Di ciò (giustamente) ci si preoccupa e si parla del sostegno per il baby-sitting e altri tipi di aiuti. Ma, di nuovo, il benessere di bambine, bambini, ragazze e ragazzi scivola giù, un posto indietro in classifica.

Nella prima conferenza stampa del presidente del Consiglio, Mario Draghi, la scuola è stata a malapena citata. Sarebbe stato significativo, in un momento di grande attenzione da parte del paese, vedere il ministro Bianchi presente alla conferenza stampa, anche solo come testimonianza che l’espressione “priorità alla scuola” non sia solo una pia intenzione. Anche così si trasformano le priorità teoriche in obiettivi concreti; dandogli rilievo nei momenti che contano e sensibilizzando l’opinione pubblica. Ancor più notevole che nei decreti, sul tema del malessere psicologico delle studentesse e degli studenti, ci sia solo un generico e non strutturale fondo extra di 150 milioni di euro, solo in minima parte devoluto a questo scopo, visto il corposo elenco degli obiettivi che detto fondo deve perseguire. Fondo del tutto insufficiente.

Naturalmente il tema della salute mentale è il nodo inestricabile di una rete intessuta di genetica, status socio-economico, background familiare e contesto relazionale. Non è riducibile a un rapporto meccanico; non ci sono vaccini per la salute mentale. Si tratta di vite, di costruzione del sé. Forse per questo la distanza tra i proclami e le azioni effettive – che hanno a che fare con il concetto di “cura” nella più alta delle sue accezioni, imprescindibilmente legato alla relazione umana, sia sociale che terapeutica – è smisurata. Nonostante i numerosissimi studi scientifici apparsi nell’ultimo semestre abbiano evidenziato un grave peggioramento della salute mentale, ben poco è stato fatto. Due righe in più in un decreto non possano risolvere la situazione; ma che la pandemia ci insegni una volta per tutte che al primo posto delle priorità sociali, sanitarie e politiche debba esserci la salute psichica dei cittadini, beh, possiamo conservarla come una speranza. Ma nel frattempo qualcosa occorre pur fare.

«Scuola degli affetti»

Nella sua intervista, il ministro ha tuttavia descritto la sua idea di scuola con un aggettivo che di rado abbiamo sentito uscire dalla bocca di un ministro: «Affettuosa». Una scuola, per usare le sue parole, più attenta alla formazione della persona che alle competenze; più alla socialità che alla didattica. Ma poco dopo, incalzato dal conduttore, si è molto accalorato nel dire che la seconda Dad è andata meglio della prima, che gli insegnanti hanno imparato a usare meglio il mezzo e hanno educato all’uso del mezzo digitale i ragazzi (questa è un’enormità, con tutta la stima per le sue buone intenzioni) e che la Dad non equivale alle scuole chiuse: «La scuola non si è mai fermata». E la «scuola degli affetti» di tre minuti fa? Eccola, la distanza.

Mi rimetto in contatto con la mia crew di liceali privilegiati del Parini di Milano; avevano occupato il liceo per protesta mesi fa, sono tornati a scuola per un istante e ora sono di nuovo in Dad. Gli chiedo come stanno. Ludovica (sedici anni) mi dice che «la situazione sembra non cambiare e di conseguenza non ci sono neanche grandi variazioni nell’umore», Luigi aggiunge che la situazione è quella di «una noia deluxe – sono consapevoli di essere dei privilegiati, ndr – ormai siamo rassegnati, è evidente che l’unica soluzione sono i vaccini. Spero si torni, francamente vorrei che il mio ultimo-giorno-di-liceo-della-vita non sia quello in cui me ne sono andato a casa come niente fosse». Luigi ha la maturità quest’anno, e pensa che l’idea della tesina finale sia buona: «Credo che la tesina/elaborato sia una cosa bella, da rendere strutturale. È il momento in cui un ragazzo può esprimere davvero qualcosa di suo, quindi apprezzo la decisione del ministro». Ecco, che ne pensate del nuovo ministro? Stasera siamo in chat, quindi il ministro si becca un bel “Lol” da Ludovica e Maddalena concorda: «Non ha fatto molto per ora».

Ludovica ha qualche dubbio sul concetto di “governo tecnico”, anche in relazione al tema scuola: «Sento sul collo il fiato di chi vuole riformare la scuola nell’ottica della da me temuta “scuola azienda”. Detto questo per affrontare una situazione d’emergenza (se dopo un anno ancora si può parlare di emergenza, cosa al limite del ridicolo), penso possa essere d’aiuto e piuttosto funzionale». Il ministro ha detto in tv che la scuola non si è mai fermata, grazie alla Dad. Cosa ne pensate? Luigi: «Ah, ma ha fatto di peggio. Ha detto che non c’è una data di ripresa! Fa ribrezzo». E Ludovica: «Dire che la scuola non si è fermata penso sia in linea con la visione che ha della scuola, che io non condivido. La scuola, al di là della didattica, è un luogo formativo a trecentosessanta gradi e può esserlo soltanto se vissuto dagli studenti fisicamente, forma la personalità di chi vi è dentro, deve dar modo agli studenti di sviluppare un pensiero critico. Creare la propria visione del mondo. Non deve formare dei buoni lavoratori! Deve creare persone consapevoli e libere!».

Domande al ministro?

Secondo Maddalena «la Dad indirizza ancora di più verso un rapporto frontale professore-studente, con la Dad abbiamo capito ancora di più che le lezioni frontali non sono efficaci e che la scuola è altro. Bisogna creare dei rapporti che sviluppino anche altre caratteristiche e capacità degli studenti. La Dad azzera questa possibilità». Gli propongo di usare questo spazio per rivolgerci direttamente al ministro. Concordano e ci mettiamo al lavoro per provare a sintetizzare le domande più importanti. Eccole.

Signor ministro, può chiarire le contraddizioni emerse nell’intervista da Fabio Fazio? Ritiene sensato dire che non c’è una data di riapertura prevista? Perché il nostro paese è quello che ha tenuto le scuole chiuse più a lungo, se le scuole sono una priorità? Che misure sono state messe in pratica per limitare l’impatto psicologico della Dad nel breve e nel lungo periodo? Pensa che il fondo da 150 milioni di euro (che comprende tutte le esigenze, non solo quelle psicologiche) sia sufficiente? Pensa che la scuola debba essere il primo sistema di prevenzione e accoglienza per il malessere personale di chi la frequenta? Se sì, sono previste ulteriori risorse per interventi di assistenza psicologica? Se la scuola non può ridursi a didattica, cosa intende fare perché ciò non avvenga più? Che ne è del piano di prolungare la scuola in presenza fino almeno a tutto giugno? E in che modo si intende prolungarla? Didattica e verifiche o tempo dedicato a recuperare lo spazio di socialità andato perduto? Infine: chi e come sta studiando gli effetti nel medio e lungo periodo del lockdown sui più giovani?

 

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