Era il 2 luglio del 2022 quando il Palio di Siena ha scavalcato le ore 20 spintonando il TG7 al di fuori della sua mitica mezzora e raddoppiando l’audience nella fascia.

Mentre Cairo si congratulava con sé stesso, a Saxa Rubra, nonostante la stagione, un brivido di freddo invadeva i corridoi. Così ricorderanno i testi che nelle scuole di scrittura, comunicazione e marketing vorranno far capire con un solo esempio lo specifico della tv e il meccanismo del racconto nonché il passaggio del tg serale, da perno della giornata a programma come un altro.

Il palinsesto è attesa

Lo specifico della tv, un tempo materia di dibattito, è ormai chiaro: consiste nell’attesa. La guida oraria del canale, che in azienda si chiama palinsesto, è una lista cronologica di facce e situazioni familiari attesa da chi soggiorna tra le mura della casa.

Una volta entrati in questa o quella trasmissione ne condividiamo il rito perché lo conosciamo ben da prima: attendiamo che le facce parlanti nel talk show si rinfaccino qualcosa; attendiamo che la bellona guardi in tralice l’altra che punta allo scippo del compagno;

attendiamo che lo spot mistico dell’automobile e quello ridanciano del divano esplicitino i vantaggi della spesa; sentiamo la sigla del tg e già ne conosciamo la scaletta, fra esteri, interni e orrori della cronaca, e per questo attendiamo le variazioni di giornata.

Chi compone i palinsesti sa che gli spettatori odiano che le loro attese vengano tradite da un uso sbarazzino di contenuti, generi ed orari.

Per questo la “sorpresa” è considerate una disgrazia nella tv pubblica e privata. Mentre il fuori schema la gente se lo cerca nell’on demand o scrollando i social.

Il Palio cavalca lo specifico della tv

Nel caso del Palio, comparso d’improvviso sugli schermi di La7, lo sconcerto per il “tradimento dell’attesa” (del tg) è stato superato dall’apparire di un format d’attesa ancora più efficace.

Intanto perché il rito del Palio di Siena è arcinoto nella struttura e nel contesto, in quanto corsa di cavalli montati da fantini di contrada e commentato con la c aspirata.

Dunque lo spettatore non si è smarrito neppure per un attimo perché non aveva nulla da “capire” e poteva abbandonarsi al piacere dell’attendere: processioni, preliminari, manovre fuori e dentro i canapi, fino alla partenza.

O meglio, fino alle partenze false che riavvolgevano ogni volta il filo dell’attesa.

Di fatto (come traspare dai dati d’ascolto dello Studio Frasi) ogni spettatore che buttava l’occhio su La7 lì restava, intrappolato nell’attesa e contribuendo al sedimentarsi di un’audience crescente, fatta di soli sopraggiunti e senza fughe.

Audience a cui non è mancato, giunti alle 20, l’aggiungersi di chi cercava il TG7 e invece che le mosse di Conte e di Salvini s’è trovato quelle del mossiere. Ovviamente, finita la corsa il pubblico è scappato, anche se c’era ancora il trionfo della contrada vincitrice. Ma l’attesa era finita.  

Il tg “istituzionale” nella stalla

Quanto all’aura del tg istituzionale, l’episodio di La7 ci rivela che è bell’e che svanita, sotto la spinta dei canali all news, e dei social che tengono costantemente in tiro le notizie.

Sicché il tg di conio classico (in sostanza i tg Rai e su Mediaset TG4 e TG5) sono appuntamenti fungibili con altro quando l’occasione si presenti.

Per La7 cambia poco perché ha mischiato le carte da gran tempo grazie al flessibile Mentana, unico NFT (oggetto non fungibile) fra i mezzi busti nello schermo.

Per i molteplici, pluralistici, ma fungibilissimi soggetti dell’informazione Rai la questione si presenta assai più dura, perché lì la certezza inalterabile degli spazi è concreto e non rinunciabile spazio di potere, per quanto malconcio oggi sia.

Ma tutto è avvenuto su La7 e così ci siamo risparmiati lo sconquasso aziendale e le intemerate della Commissione Parlamentare Vigilante (sulla stalla del Cavallo).  

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