La vicenda della cava mineraria di Agira si arricchisce di un nuovo capitolo. Dopo una trafila di ricorsi, contro ricorsi, pareri e delibere il Tar della regione Sicilia ha deciso di sospendere l’autorizzazione per l’apertura e l’esercizio di una cava di calcare industriale nel territorio di Agira, a Enna.

La storia

Gli inizi della vicenda risalgono al 30 giugno 2016 quando la società edile Fassa Bortolo richiede all’Assessorato regionale l’avvio del procedimento relativo alla verifica di compatibilità del progetto. L’area interessata dalla cava ricade infatti in un territorio sottoposto a vincolo idrogeologico e paesaggistico, senza contare il valore archeologico della zona dove ci sono ancora tracce di epoche lontane che vanno dal Paleolitico alla Magna Grecia. Meno di due anni più tardi, nel febbraio del 2018, la Soprintendenza di Enna esprime parere negativo sulla fattibilità del progetto, una decisione non accolta favorevolmente dal Comune di Agira che adotta una delibera per chiedere il ritiro del parere della Soprintendenza.

Si arriva così all’estate del 2018 quando nel mese di giugno l’Assessorato all’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità decide di rilasciare alla Fassa l’autorizzazione per un’estrazione di oltre 4 milioni di metri cubi di materiale calcareo per un periodo di quindici anni fino al 2033. Il 14 settembre dello stesso anno l’Associazione per la tutela del patrimonio culturale dell’isola, SiciliAntica, propone un ricorso anche sulla base di una violazione del protocollo di legalità emanato dall’Assessorato all’Energia nel 2011.

Infatti, stando alle carte, fino al maggio del 2018 il proprietario dei terreni dove sarebbe dovuta sorgere la cava della Fassa s.r.l era, tra gli altri, Giuseppe Pecorino, condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito dell’operazione “Fiumevecchio”. Inoltre, alla società edile veniva contestata anche una disposizione del contratto preliminare di compravendita del terreno il quale prevede la cessione da parte dell’azienda edile, al prezzo pari al costo di estrazione, del materiale non utilizzato (misto di cava) alla famiglia Pecorino e ai suoi eredi.

La querelle giudiziaria

Il 27 novembre del 2018 l’Ente minerario di Caltanissetta effettua nuovi accertamenti che portano alla decadenza dell’autorizzazione alla realizzazione della cava per via della presenza di un soggetto condannato per mafia tra i venditori. Il suddetto Pecorino. Il Tar di Catania nega il ricorso presentato dalla Fassa Bartolo così come anche il Consiglio di Giustizia Amministrativa di Palermo esprimendo parere favorevole per il ricorso di SiciliAntica e allarmando la regione per quanto riguarda le possibili infiltrazioni criminali nel progetto della cava.

La vicenda sembrava giunta a conclusione con un esito negativo per i nuovi appetibili investimenti estrattivi, se non fosse che meno di un anno fa, il 28 agosto del 2020, il dirigente del dipartimento regionale dell’Energia, Salvatore D’Urso, decide di annullare la determina dell’Ente minerario di Caltanissetta. Oggi interviene il Tar della regione, sospendendo di fatto, quella che molti hanno considerato una decisione inspiegabile. Il progetto per ora è sospeso, ma a riguardo ci sarà un’udienza pubblica fissata per il prossimo 21 dicembre.

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