A partire da maggio, nel mondo sono stati segnalati 20638 casi di vaiolo delle scimmie - una rara malattia di origine virale che solo di rado si manifesta al di fuori dell’Africa – e di questi 20311 si sono verificati in più di settanta paesi – in Europa e in America – che prima avevano visto si e no una ventina di casi in totale, nei decenni passati. Quasi tutti gli individui infettati sono di sesso maschile. In Italia, finora i contagi sono stati 426, solo 2 donne.

Nel mondo si contano 5 vittime, tutte in paesi africani. I 20.000 e passa casi in 71 paesi in soli tre mesi sono tanti, troppi, e per questo la scorsa settimana gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si sono dati appuntamento a Ginevra per decidere il da farsi. Al termine della riunione, il direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato che il virus delle scimmie è una «Emergenza Sanitaria di Preoccupazione Internazionale», ovvero un “Public Health Emergency of International Concern” (PHEIC), il grado più alto di allarme diramato dall’agenzia, per segnalare che i paesi del mondo devono immediatamente adottare misure di sicurezza.

L’ultima volta che L’Oms aveva dichiarato un allarme del genere era stato per la pandemia di Covid-19, due anni fa. Questa decisione è giunta inaspettata, perché al termine della riunione nove degli esperti avevano votato contro lo stato di emergenza e solo sei a favore: c’è ancora molta incertezza.

Nessuna pandemia

A health care worker prepares monkeypox vaccine in Montreal, Saturday, July 23, 2022. Tourists are among those lining up to get monkeypox vaccines in Montreal, as the World Health Organization declares the virus a global health emergency. (Graham Hughes/The Canadian Press via AP)

Il virus delle scimmie ci dovrebbe preoccupare oppure no? Non ci dobbiamo preoccupare perché è praticamente impossibile che il virus del vaiolo delle scimmie provochi una pandemia come quella del Covid-19, però dobbiamo stare attenti.

«Una diffusione del virus di questo genere ci deve fare tenere gli occhi aperti», ha detto Anne Rimoin, un’epidemiologa della UCLA University che da più di dieci anni studia il vaiolo delle scimmie nella Repubblica democratica del Congo, ed è una delle massime esperte mondiali della malattia.

Il vaiolo delle scimmie si chiama così perché fu per la prima volta identificato nel 1958 in alcuni esemplari di scimmie da laboratorio, ma sarebbe più giusto chiamarlo “vaiolo dei roditori”, perché in natura l’ospite più frequente del virus sono alcuni roditori – scoiattoli, ratti, ghiri - dell’Africa centrale e orientale.

Più di frequente il virus si trasmette da animale ad animale, molto raramente dall’animale all’uomo, e ancor più raramente da uomo a uomo.

Nell’uomo provoca una malattia che può essere grave: causa febbre, dolori muscolari, ingrossamento dei linfonodi e la comparsa di vescicole diffuse sul corpo simili a quelle del vaiolo, dapprima ripiene di un liquido sieroso e poi di pus.

Un ceppo del vaiolo delle scimmie – il ceppo CB, che sta per Congo Basin, cioè Bacino del Congo-  può uccidere fino al dieci per cento delle persone che infetta. Invece, il ceppo del virus che si sta diffondendo adesso del mondo – quello WA, che sta per West Africa, cioè dell’Africa Occidentale - provoca una malattia più lieve, letale in meno dell’uno per cento dei casi, e che in genere guarisce spontaneamente nel giro di poche settimane.

Quanto è diffuso

In media, ogni anno nei paesi dell’Africa orientale e centrale il vaiolo delle scimmie infetta poche migliaia di individui, e quest’anno non si distacca dalla norma poiché i casi segnalati in Africa sinora, nel corso di questa epidemia, sono circa 400; quel che preoccupa sono gli oltre 18000 casi segnalati nei paesi extra-africani. 

La fonte primaria dell’infezione causata dal vaiolo delle scimmie nei paesi extra-africani è ancora ignota. Alcuni degli individui infettati avevano viaggiato nei paesi africani dove il virus è endemico. Per esempio, il primo caso segnalato in Gran Bretagna, il 7 maggio, era un uomo arrivato dalla Nigeria tre giorni prima.

A fare chiarezza ci aiutano le dichiarazioni dell’Oms: «Il 99 per cento dei contagiati sono individui di sesso maschile e il 98 per cento sono MSM», ovvero «Men who have Sex with Men», cioè uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini.

Per esempio, alcuni dei primi casi rilevati in Spagna sono MSM o transessuali che frequentavano una sauna di Madrid e che poi hanno partecipato ad un gay pride alle isole Canarie; in Belgio, molti casi sono legati ad un festival gay che si è tenuto ad Anversa.

Il contagio da uomo a uomo è stato segnalato solo in qualche raro caso, nel passato. Il virus del vaiolo delle scimmie si trasmette per contatto diretto, cioè un essere umano per contagiarsi deve entrare in contatto con i liquidi corporei - come la saliva emessa con i colpi di tosse o il muco di uno starnuto - o con il siero delle vescicole di un infetto.

Ricercatori nigeriani sospettano che, nel corso dell’epidemia che colpì il paese nel 2017, svariati pazienti infetti con ulcere genitali abbiano trasmesso il virus ad altri per via sessuale. Il che potrebbe spiegare almeno in parte la rapida diffusione del virus durante questa epidemia del 2022. Ma non basta.

Come nasce la diffusione del contagio

This iamge provided by the National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) shows a colorized transmission electron micrograph of monkeypox particles (orange) found within an infected cell (brown), cultured in the laboratory. This image was captured at the NIAID Integrated Research Facility (IRF) in Fort Detrick, Md. The World Health Organization recently declared the expanding monkeypox outbreak a global emergency. It is WHO’s highest level of alert, but the designation does not necessarily mean a disease is particularly transmissible or lethal. (NIAID via AP)

Alcuni scienziati sospettano che diversi individui si siano infettati con il virus in Africa e poi lo abbiano trasportato con sé nei paesi di provenienza - in Europa o in Nord America - e qui poi lo abbiano trasmesso ad altri esseri umani ma anche a qualche specie animale, magari a un nostro animale domestico, che possa costituire una specie di “reservoir”, cioè una riserva di replicazione del virus, dal quale poi il virus può trasmettersi di nuovo all’uomo.

Tuttavia, finora nei paesi extra-africani non sono stati identificati né animali domestici locali né animali importati dall’Africa nei quali il virus si stia replicando attivamente.

Il numero di casi – 20.000 in tre mesi in tutto il mondo – potrebbe apparire elevatissimo, però basta paragonarli ai 70-80.000 casi di Covid che anche ora registriamo ogni giorno in Italia per capire che l’eccessivo allarmismo è ingiustificato.

«Il virus del vaiolo delle scimmie non è neanche lontanamente paragonabile al SARS-CoV-2, il coronavirus responsabile della pandemia di Covid-19», ha affermato Jay Hooper, virologo del Centro Ricerche Malattie Infettive dell’Esercito Americano di Ford Derrick, nel Maryland.

Non si trasmette da uomo a uomo con la stessa rapidità, inoltre, poiché è strettamente affine al virus del vaiolo, noi abbiamo già a disposizione farmaci e vaccini per limitarne il contagio.

La contagiosità

A differenza del SARS-CoV-2, che si diffonde per aerosol attraverso le minuscole goccioline emesse quando respiriamo, il virus del vaiolo delle scimmie si trasmette solo per contatto ravvicinato e diretto.

«Ciò significa che una persona infetta dal vaiolo delle scimmie probabilmente infetterà molti meno individui di qualcuno infettato dal SARS-CoV-2», spiega Hooper.

Ricordate il valore denominato R0, cioè il numero basico di riproduzione, che indica quante persona può contagiare in media un individuo infetto da un determinato virus?

L’R0 della variante Omicron 5 del coronavirus è pari circa a 15, il che significa che ogni portatore di Omicron 5 può infettare in media 15 altri individui; invece, in genere il virus del vaiolo delle scimmie ha un R0 inferiore a 1, il che significa che ogni essere umano infetto dal virus ne contagia in media meno di uno: ogni focolaio epidemico del virus si autolimita e si estingue in breve tempo.

Il 19 maggio, alcuni ricercatori dell’Università di Lisbona sono stati i primi a isolare e sequenziare il virus del vaiolo delle scimmie da un paziente portoghese infetto.

I dati preliminari erano rassicuranti, poiché il virus apparteneva al ceppo West Africa, che provoca una malattia più lieve. Inoltre il genoma di questo virus delle scimmie non mostrava mutazioni di rilievo rispetto a quelli isolati in precedenza: non ha acquisito una maggiore capacità di contagiare l’uomo.

Inoltre, il virus del vaiolo delle scimmie è un virus a Dna che solo molto di rado è soggetto a mutazioni poiché, come tutti i virus a Dna, possiede meccanismi che rilevano e riparano le mutazioni del genoma, il che rende improbabile l’origine di nuove varianti.

Invece, il SARS-CoV-2 del Covid è un virus a Rna soggetto a mutazioni frequenti, e che può spesso dare origine a nuove varianti.

Però, il fatto che si siano rilevati casi di infezione da virus delle scimmie in esseri umani apparentemente non connessi tra loro suggerisce che il virus possa essersi diffuso in maniera silente in qualche comunità umana più esposta, e che possa avere acquisito nuove capacità infettive ancora da identificare. «E questo sarebbe molto preoccupante», commenta Andrea McCollum, un’epidemiologa del team di prevenzione del vaiolo dei Centers for Disease Control statunitensi.

Solo i sintomatici?

A man receives a vaccine against Monkeypox from a health professional in a medical center in Barcelona, Spain, Tuesday, July 26, 2022. (AP Photo/Francisco Seco)

Mentre il SARS-CoV-2 può essere diffuso anche da portatori asintomatici, nel caso del vaiolo del vaiolo delle scimmie in genere sono solo i malati sintomatici, che hanno lesioni epidermiche che difficilmente passano inosservate, a trasmettere la malattia. Questo nuovo virus può essere diffuso anche da portatori asintomatici? Parrebbe di no, ma è meglio restare vigili.

Anche se la causa precisa per la ricomparsa e la diffusione del vaiolo delle scimmie deve essere ancora identificata, almeno una delle concause la possiamo indicare con certezza. E la colpa è nostra.

A partire dagli anni Ottanta noi esseri umani abbiamo smesso di vaccinarci contro il vaiolo umano perché le campagne di vaccinazione di massa avevano eradicato dalla faccia della Terra quella terribile malattia che aveva provocato milioni di morti.

Il vaccino contro il vaiolo umano ci potrebbe proteggere anche dal vaiolo delle scimmie – che al primo è molto affine dal punto di vista molecolare.

Se in futuro le cose dovessero peggiorare noi potremmo vaccinarci contro il vaiolo umano, e l’attuale epidemia si arresterebbe. Ma non ce ne sarà bisogno, e possiamo dormire sonni tranquilli: il vaiolo delle scimmie non provocherà la prossima pandemia.

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