Lucia Simeone, detta Luciana, è stata arrestata nelle scorse ore su mandato della autorità belghe. Da tempo segue il plenipotenziario di Forza Italia, candidato in pectore del partito azzurro alla guida della regione Campania. Il suo legale: «Ancora non sappiamo a cosa siano collegate le accuse»
L’assistente parlamentare a Bruxelles di Fulvio Martusciello è stata arrestata in un albergo a Marcianise, in provincia di Caserta, su mandato della autorità belghe. Si tratta di Lucia Simeone, detta Luciana, che da tempo segue il plenipotenziario di Forza Italia, candidato in pectore del partito azzurro alla guida della Regione Campania.
Sulla pagina del parlamentare europeo, capo delegazione di Forza Italia, Simeone risulta come una delle assistenti accreditate del forzista, esponente politico legatissimo al leader azzurro, e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Negli anni in cui Martusciello rivestiva il ruolo di capo della delegazione Ue per le relazioni con Israele, Tajani è stato prima vice e poi presidente del parlamento europeo. La donna è stata intercettata dalla polizia di Stato, grazie al sistema “web alloggiati” dal quale è arrivato un alert agli investigatori italiani.
Le autorità giudiziarie belghe avevano spiccato un mandato di arresto europeo per i reati, contestati a vario titolo anche ad altri indagati, di associazione per delinquere, riciclaggio e corruzione. Simeone è stata accompagnata nel carcere napoletano di Secondigliano e comparirà davanti alla giudice Corinna Forte della corte d’appello di Napoli, sabato mattina per l’interrogatorio di garanzia. È il secondo nome di peso coinvolto nell’inchiesta, esplosa nei giorni scorsi a Bruxelles, sul cosiddetto caso Huawei.
L'altro collaboratore di Martusciello
Anche l’altro arrestato, Nuno Wahnon Martins, fermato giovedì in Francia su mandato della procura federale belga, è stato un collaboratore del parlamentare azzurro. È proprio Martins il portoghese coinvolto nel caso di sospetta corruzione di europarlamentari a beneficio di Huawei, colosso cinese delle telecomunicazioni.
Secondo i magistrati belgi, che stanno conducendo l’inchiesta e non hanno comunicato finora i nomi delle altre persone indagate, una società gestita da Wahnon Martins sarebbe stata usata per veicolare le tangenti pagate da Huawei. Domani ha ricostruito che Martins è stato fino al 2019 consigliere politico per le questioni mediorientali di Fulvio Martusciello.
I suoi rapporti con Martusciello risalgono a quando Martins lavorava come «consulente del presidente della delegazione del parlamento europeo per i rapporti con Israele». Era proprio Martusciello in carica da ottobre 2014 a luglio 2019.
Ora dopo l’arresto di Martins arriva quello di Simeone. «Lasciatemi stare, chiedete conto a Martusciello», dice un familiare della donna. Più volte contattato, Martusciello non ha mai risposto al telefono, ieri, era impegnato in un incontro tra i rappresentati del partito e il mondo delle professioni. Insieme a lui, Tullio Ferrante, sottosegretario di stato al ministero delle Infrastrutture, e il fedelissimo, Franco Silvestro, segretario provinciale di Forza Italia.
«È un guaio grosso quello della fedelissima di Fulvio, anche perché quando scrivi Martusciello scrivi politicamente Tajani, un suo crollo sarebbe una slavina che ci travolgerebbe tutti», racconta un forzista storico. Al momento Martusciello non risulta indagato e ha chiarito, fin dai primi giorni, di aver agito sempre in modo corretto e di essere estraneo a tutto. «Ancora non sappiamo a cosa siano collegate le accuse, ma la mia assistita era una mera esecutrice di ordini», dice l’avvocato Antonio Giaccio che difende Simeone.
Quanti guai
Non è l’unico problema per Martusciello. Una notizia diffusa dai quotidiani belgi Le Soir e Knack fa riferimento a un approfondimento da parte della procura europea. L’indagine, avviata oltre un anno fa, ha portato la polizia belga a monitorare due politici, Martusciello e l’ex eurodeputato di Azione (prima Pd) Giuseppe Ferrandino.
Sono in corso verifiche per accertare l’eventuale falsificazione delle firme relative alle presenze in aula per ottenere indebitamente l’indennità giornaliera di 350 euro. Le Soir riferisce che i due si sarebbero firmati a vicenda la partecipazione ai lavori parlamentari, anche quando solo uno dei due era effettivamente presente, così da incassare il massimo dei rimborsi. «Questioni già chiarite con l’Europarlamento», la replica del politico.
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