È un’inflazione da record negli Stati Uniti. I prezzi al consumo nel mese di marzo sono saliti dell’8,5 per cento su base annua e dell’1,2 per cento rispetto a febbraio. Un livello che raggiunge i massimi dal dicembre del 1981. L’incremento registrato è anche maggiore delle attese degli osservatori di Wall Street che prevedevano un aumento del’8,4 per cento. 

  • L’inflazione continua a crescere a causa della guerra in Ucraina, per via dei problemi della catena di approvvigionamento e dell’aumento dei prezzi dell’energia, saliti dell’11 per cento rispetto a febbraio. Negli Stati Uniti non si vedeva una situazione simile dai tempi della presidenza di Ronald Reagan. A pesare maggiormente sui prezzi è stato l’indice della benzina, salito del 18,3 per cento a marzo. In media, come confermato dalla portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, dall’inizio dell’invasione da parte della Russia si è verificato un aumento di 80 centesimi a gallone.
  • Il proseguimento della crescita dell’inflazione mette pressione sulla Federal Reserve: l’indice core, monitorato dalla Fed al netto di energia e alimentari, è salito nel mese di marzo dello 0,3 per cento su febbraio e del 6,5 per cento rispetto all’anno precedente. La banca sembra pronta ad aumentare i tassi di interesse di mezzo punto percentuale nel prossimo vertice a maggio.
  • Le famiglie statunitensi si stanno preparando a un ulteriore aumento dei costi di affitti, gas e cibo che colpisce in particolare i ceti medio bassi del paese. Per l’amministrazione di Joe Biden non è un periodo favorevole, anche in vista delle elezioni di midterm previste il prossimo novembre. Le Borse europee, alla notizia della fiammata dell’inflazione, hanno reagito in maniera negativa. In calo Francoforte, Londra, Parigi e Milano, mentre per adesso rimane piatta Madrid.

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