Una non sa gestire, l’altra non sa comandare. La squadra di Simone Inzaghi ha perso 13 punti negli ultimi 30 minuti di partita e ha subito 11 gol nell’ultimo quarto d’ora. La squadra di Antonio Conte ha lasciato invece 10 punti alle avversarie dall’11esimo posto in giù perdendo a Como e pareggiando a Venezia. Tutto in una stagione in cui si gioca sul filo dell’errore, più ancora che sui valori tecnici
Numeri imperfetti. Quando la matematica si fa opinione, nel calcio succede. Prendiamo quelli di Inter e Napoli, le due che si stanno contendendo lo scudetto. La squadra di Simone Inzaghi ha già perso ben 13 punti negli ultimi 30 minuti di partita. In un case study della Gazzetta dello Sport è venuto fuori che la squadra nerazzurra ha preso 11 gol nell’ultimo quarto d’ora di partita, addirittura un terzo delle reti subìte. Tanti. E se guardiamo all’ultima mezzora, si arriva a contarne 17 sui 32 totali incassati in campionato. L’ultimo, quello di Orsolini in sforbiciata al 94’ di Bologna-Inter, è stato un colpo al cuore.
Se Atene piange, anche Sparta non ride. Il Napoli di Antonio Conte vince a stento con le avversarie dall’undicesimo posto in giù, dove l’undicesimo posto è il confine simbolico per stabilire la differenza di obiettivi. Lo studio questa volta è di Tuttosport: nel girone d’andata, gli azzurri hanno collezionato 30 punti nelle partite contro squadre dall’undicesimo posto in giù (con una media di 2,72 punti a partita).
Nel ritorno il trend si era bloccato: appena 5 punti raccolti in 4 gare contro club della parte destra della classifica (e media crollata a 1,25 punti) prima di battere Empoli e Monza. In totale: 10 punti lasciati a squadre più deboli.
I pensieri di Simone Inzaghi
Quest’anno lo scudetto si gioca sul filo dell’errore, più ancora che sui valori tecnici. È il rischio di un calcio (e dello sport in generale) sovraccaricato di aspettative, iperstimolato emotivamente, e ovviamente stracolmo di partite. Contro il Bologna l’Inter ha giocato la gara numero 50 del suo calendario. Un numero enorme, che va considerato e valutato nell’arco dei pochi mesi di attività agonistica. Il Napoli, invece, è fermo al suo match stagionale numero 36 (è stata la partita contro il Monza). Una differenza gigantesca.
È difficile giustificare i punti persi solo per via del fiato corto, perché nello sport non esiste un diritto alla stanchezza. Ma se ci fosse, l’Inter verrebbe prima dei suoi avversari. Una stanchezza che, evidentemente, si materializza negli sprint finali delle partite: quando il traguardo è vicino, le energie cominciano a venire meno, e così si finisce per prendere gol. Inzaghi, poi, sa rosicare e lenire: nel calcio serve tutto. «Il campionato non finisce a Bologna, ci vuole calma e pazienza. E i giocatori devono stare sereni. Bisogna accettare che il nostro sport è anche questo. Prepararci ai prossimi impegni».
Il sogno del Triplete non è utopico. Ma la tensione che si è venuta a creare in Serie A, con una classifica che vede nerazzurri e Napoli alla pari (71 punti), rischia di essere un bel problema.
I pensieri di Antonio Conte
Conte sa di avere una rosa più corta dei suoi competitor. Alla fine si torna sempre lì, al mercato. Eppure i punti lasciati per strada contro le piccole (diciamo così) devono essere anche lo specchio di un lato oscuro, delle forze in lotta tra l’allenatore e la società. Conte è esigente, sorprendente, a volte prepotente. Lo riconosce lui per primo: «Io porto aspettative. Chi prende Conte dice: “O arriva primo o secondo", anche se l'anno prima è arrivato decimo. Non basta lottare per arrivare in Europa, crescono ambizioni e aspettative. Io mi metto a capo e posso fare da garante su tutto, però non sono stupido. Se non ci sono i mezzi necessari per fare tutto questo…». In questi otto mesi, ha detto ancora Conte, «ho capito che tante cose qui a Napoli non si possono fare».
È già partito il toto-allenatore, uno degli sport preferiti dagli italiani dopo il calcio. Per molti Sant’Antonio alla fine resterà a Napoli. Ma non è ancora detto. Se fin qui Conte è stato bravo a stimolare i suoi in vista degli scontri diretti, quando il livello della contesa si è alzato, contro le piccole i cali di adrenalina hanno giocato qualche brutto scherzo. Nell’arco di un intero campionato ci sta, è persino comprensibile.
La quota bassa
Imperfetti dunque sono i numeri di un campionato tutt’altro che coerente. È uno dei peggiori di sempre per media punti (2,152 punti per partita). La quota scudetto del 2024/25 è la più bassa degli ultimi 22 anni. Con una proiezione di appena 82 punti e un massimo possibile di 86, il tricolore si gioca col freno a mano tirato, segno di un campionato più livellato che spettacolare.
Dal 2003/04 nessuna squadra ha vinto lo scudetto con una media così bassa. La Juventus nel 2013/14 finì con 102 punti totali. È lo scudetto dell’equilibrio, mica del dominio. E imperfette sono loro, le squadre che nelle ultime cinque sfide stagionali si contenderanno il tricolore. Molti sognano un arrivo in volata con tanto di spareggio: si sa, siamo affamati di storia e di revival. L’ultimo (e unico) lo giocarono nel 1964.
C’era l’Inter anche quella volta (contro il Bologna) e lo perse. Si idealizza, si progetta, si valuta. Il calcio è una fabbrica di aspettative. C’è chi ha già pensato che lo spareggio scudetto si dovrebbe giocare a Milano, per via della differenza reti favorevole ai nerazzurri.
Ma per motivi di ordine pubblico (e visti gli scontri diretti finiti pari, 1-1 e 1-1) altri pensano che si dovrebbe giocare in campo neutro. Tipo lo stadio Olimpico di Roma. O magari a Bari, al San Nicola che è abbastanza grande per ospitare i sogni e le ambizioni di tutti. Insomma, è già un gran casino. Le ultime cinque partite serviranno a scongiurare anche questo.
© Riproduzione riservata