Continua con la sua 17esima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.

Circa 1.400 comuni al voto, 21 dei quali capoluoghi, un quinto del totale. Diciotto di queste amministrazioni locali escono da una gestione straordinaria causata ad uno scioglimento per infiltrazioni mafiose. Le elezioni amministrative, che si terranno il prossimo 3-4 ottobre, rappresentano uno snodo fondamentale. Non solo perché il voto di autunno coinvolge importanti città come Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna, ma per il momento storico vissuto dalle amministrazioni locali: da un lato la pandemia che ha minato i bilanci e acuito le tensioni sociali, dall’altro la spada di Damocle rappresentata dal continuo stillicidio di intimidazioni, minacce, diffamazioni che sindaci, assessori, consiglieri sono costretti a sopportare, ogni giorno.

«I dati sull’andamento del fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali hanno fatto registrare nel primo semestre di quest’anno un incremento del 15,3 per cento e per questo continuano a costituire un campanello di allarme che non possiamo e non dobbiamo sottovalutare». Lo ha dichiarato il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, che ha presieduto il 28 luglio scorso una riunione dell’Osservatorio nazionale, che ha visto l’audizione del presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà.

Secondo i dati dell’Osservatorio, sono stati 369 gli episodi di intimidazione rispetto ai 320 del corrispondente periodo 2020, concentrati in Lombardia (52 casi) e in Campania (41), ai primi posti a livello regionale, mentre per le province i territori più interessati dal fenomeno risultano essere quelli di Milano (23 casi) seguita da Torino (21) e Napoli (20). Numeri preoccupanti, ma che non dovrebbero sorprendere gli osservatori più attenti.

Da un decennio infatti Avviso Pubblico denuncia una situazione intollerabile nel paese, attraverso la pubblicazione dell’annuale Rapporto “Amministratori sotto tiro”, il quale descrive uno scenario che, non di rado, spinge la vittima di intimidazioni a rassegnare le dimissioni o a rinunciare ad una candidatura. Provocando un vulnus alla democrazia.

Non è un caso che il Presidente di Anci, Antonio Decaro, abbia sentito la necessità, poche settimane or sono, di rivolgere un appello ai non candidati: «In Italia sta avvenendo un fenomeno strano. In tanti comuni, piccoli e grandi, i cittadini, le associazioni, i partiti sono alla disperata ricerca di qualcuno che voglia candidarsi a sindaco. Il candidato sindaco, esemplare un tempo molto diffuso, pare sia a rischio estinzione».

Un pericolo reale, concreto, strisciante. Da tempo si assiste, spesso in silenzio, a marce indietro innescate da intimidazioni, aggressioni, diffamazioni. Lo scorso anno a Castelvecchio Subequo (L’Aquila) il candidato consigliere Fidio Bianchi annuncia la propria indisponibilità a correre per la carica di primo cittadino «a seguito di minacce alla propria incolumità e a quella dei suoi familiari». Nel 2019 a Parabita (Lecce), Comune chiamato alle urne dopo uno scioglimento per infiltrazioni mafiose, il candidato sindaco Marco Cataldo decide di rinunciare dopo manifesti funebri a suo nome e una busta con tre cartucce da caccia calibro 12 fatte ritrovare sul parabrezza della sua auto. A Sorico, piccolo Comune in provincia di Como, nel 2018 non si trovavano candidati. Il perché è presto detto: nel 2011 il rogo dell’auto del primo cittadino, nel 2012 nuovo incendio che danneggia l’officina meccanica del suo successore, che si dimette, e nel 2016 ancora fiamme che avvolgono nuovamente l’auto dell’allora sindaco.

Tre esempi, tre casi verificatisi in anni recenti, perlopiù in piccoli Comuni che difficilmente finiscono per trovare spazio sulle cronache nazionali. La violenza, l’intimidazione, è pane quotidiano per tanti, troppi amministratori locali. E non proviene solo dalla criminalità, comune e/o organizzata, quanto da cittadini comuni.

È della scorsa settimana l’inqualificabile manifestazione organizzata a Pesaro sotto la casa del sindaco Matteo Ricci, presidente di Ali-Autonomie. I cosiddetti “no green pass” hanno deciso di esprimere il proprio dissenso inveendo contro il sindaco, in quel momento non in casa. Sbigottiti e impauriti i suoi familiari, che hanno dovuto ascoltare e subire insulti e minacce.

La pandemia ha finito per esacerbare gli animi. Nel “migliore” dei casi le intimidazioni sono virtuali, ma terribilmente reali per chi le subisce, veicolate sui social network e quasi sempre condite da diffamazioni. In altri casi si spingono fino a casa degli amministratori: ad aprile due uomini si sono recati presso l'abitazione del presidente dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, e vi hanno lasciato un pacco di cartone con sopra un foglio con su scritto “Frode Covid”, sostenendo, fra le altre cose, che gli ospedali sarebbero vuoti e che si toglie lavoro alle persone. Negli stessi giorni a Celano, in Abruzzo, un messaggio intimidatorio («adesso paghi tu!») viene lasciato davanti l’abitazione della consigliere comunale Angela Taccone che, alcuni giorni dopo, rassegna le dimissioni.

Il pericolo è evidente, ovvero che persone perbene e competenti non riescano a trovare risposte convincenti alla domanda «chi me lo fa fare?». Le ripercussioni di questa penuria di candidati sono altrettanto lampanti: gli spazi lasciati vuoti, in certi contesti, rischiano di essere riempiti da elementi contigui e/o organici alla criminalità organizzata. Il voto del 3 ottobre andrà pertanto monitorato con particolare attenzione, soprattutto nelle prossime settimane di campagna elettorale, momento in cui storicamente si raggiunge un picco di intimidazioni, volte a condizionare le scelte dei candidati o ad agganciarli, per ottenere crediti da spendere in futuro.

Accanto a chi decide di fare un passo indietro perché ne ha abbastanza, vi sono decine di amministratori locali che resistono, le cui storie le raccontiamo sulle pagine di questa rubrica, in territori ad alta densità criminale o particolarmente minati dagli effetti economici legati alla pandemia. Diventa assolutamente necessario palesare la presenza delle istituzioni, perché un amministratore minacciato non deve mai sentirsi solo. È uno dei punti sottolineati dal presidente di Avviso Pubblico nel corso dell’audizione presso il ministero dell’Interno.

«Abbiamo manifestato la nostra piena volontà e disponibilità di collaborare ai lavori dell’Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali», ha dichiarato Roberto Montà. «Abbiamo fatto diverse proposte tra le quali quella di verificare, a distanza di quattro anni dall’approvazione della legge 105 del 2017, nata per rafforzare la protezione nei confronti degli amministratori locali e facilitare la ricerca dei responsabili, in che modo la norma è stata applicata e se sia necessario proporre eventuali interventi di modifica, per rispondere a nuove esigenze di tutela palesate dagli amministratori locali e alle nuove forme di intimidazione, calunnia e diffamazione. Auspico che questa e altre proposte presentate possano contribuire ad aprire uno spazio di ascolto e confronto istituzionale anche nei prossimi mesi».

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