Pietro Ioia, il garante dei detenuti di Napoli, è stato arrestato per associazione a delinquere e corruzione. Secondo la procura e la giudice Valentina Giovanniello è il terminale di un gruppo che, in cambio di soldi, introduceva nel carcere di Poggioreale telefonini e droga.

Le indagini dei carabinieri sono supportate da intercettazioni telefoniche e video che riprendono l’ingresso di Ioia nell’istituto, la consegna dei dispositivi e dello stupefacente durante i colloqui con i detenuti, complici del sistema illecito.

L’inchiesta farà il suo corso, ma il primo “reato” compiuto da Pietro Ioia, nel caso venissero confermate le accuse, è nei confronti della sua storia. La storia di un ex narcotrafficante di droga che ha vissuto l’orrore delle violenze in carcere, negli anni Ottanta, le ha denunciate anche in un libro ed è diventato un riferimento per il mondo penitenziario scegliendo di stare dalla parte degli ultimi.

Ioia ha sostenuto la battaglia dei detenuti di Santa Maria Capua Vetere, vittime della mattanza di stato compiuta dagli agenti penitenziari il 6 aprile 2020. Ora finisce nuovamente in carcere con accuse gravissime, la principale è di aver trasformato in questi mesi la sua funzione di ascolto e denuncia in quella di complice e autore di reati e condotte illecite.

Proprio per il suo passato criminale, la nomina di Ioia a garante dei detenuti, voluta dall’allora sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, nel 2019, confermata dal sindaco Gaetano Manfredi (è in corso la revoca) lo scorso aprile, ha trovato la ferma opposizione di alcuni sindacati di polizia.

Gli indagati

Oltre a Pietro Ioia sono stati raggiunti dalla misura cautelare in carcere anche Massimiliano Murolo e Sonia Guillari, ritenuti a capo del sodalizio, e i detenuti Nicola Donzelli, Antonio De Maria, Vincenzo Castello. In tutto sono 12 gli indagati.

I familiari dei detenuti trasferivano i soldi su alcune carte prepagate, denaro che serviva per procurare cellulari e droga che Ioia aveva il compito di portare all’interno dell’istituto.

L’indagine è iniziata casualmente quando dopo un omicidio. I carabinieri hanno intercettato un’utenza intestata a un detenuto e hanno scoperto che veniva utilizzata da diversi reclusi del carcere di Poggioreale. Da quel momento gli investigatori hanno chiesto e ottenuto di intercettare il numero di cellulare di Ioia. «Senti io non ti posso dire il giorno, vengo all’improvviso, tu stai in campana», ha detto il garante a Guillari. Nelle telefonate il carcere veniva chiamato “albergo”, la sostanza stupefacente, invece, “documentazione”.

Le intercettazioni

«Sabato dovrei entrare due cosarielli (telefoni cellulari, ndr) là dentro, guadagno 500 euro, sabato, se me li dà eh! Perché loro li stanno prendendo su Amazon, non si trovano...», ha detto Ioia alla cognata dopo aver parlato di problemi economici. Gli inquirenti hanno ripreso i colloqui. Quindi ci sono anche i video, oltre gli audio, delle interlocuzioni con i detenuti complici.

L’11 dicembre 2021 Ioia è entrato in carcere con due cellulari da consegnare, ma si è fermato perché erano in corso delle perquisizioni. «Li tengo qua li vedi?», ha detto Ioia. Alle perplessità del carcerato per la mancata consegna, il garante ha assicurato che sarebbe tornato presto, ma con la dovuta attenzione: «Per ogni telefono si prendono quattro anni di carcere».

Nella stessa conversazione si parlava di soldi, della quota di Sonia Guillari, di quella di Ioia «sempre 600 euro», e degli altri partecipi del sodalizio, ma era l’occasione anche per dare suggerimenti a Nicola Donzelli. «...Quando vi nascondete i telefonini, togliete la scheda, non la lasciare dentro la scheda, non risalgono mai a voi, ok? », dice Ioia. In un’altra occasione, invece, la consegna è avvenuta perché non erano in corso perquisizioni, «la giornata non poteva essere più pulita», hanno commentato.

Non solo cellulari, ma il garante sarebbe diventato il fornitore anche di sostanze stupefacenti. «Non è che devi passare solo i telefoni... il fumo è pure delicato là... là ci sta l’arresto», ha detto Donzelli. La risposta di Ioia è stata questa: «Così mi chiudono proprio».

Il lavoro di Ioia è stato retribuito da Guillari e il dato emerge dalle conversazioni intercettate. «850, ti trovi?», dice la complice e il garante inizia a contare il denaro, utile per acquistare un nuovo motorino. Un altro incontro si è svolto nel gennaio di quest’anno quando si sono visti per la consegna di stupefacenti da far entrare in carcere.

«Ioia era ed è a piena disposizione del gruppo criminale, ad esso legato a doppio filo soprattutto dal forte movente economico, visti i lauti guadagni derivanti al Garante dalla sua continuativa corruzione», ha scritto la giudice. La moglie di Ioia, citata nell’indagine ma per la quale la giudice ha escluso la partecipazione al sodalizio, ha scritto un messaggio sui social per difendere il marito: «Mio marito ha aiutato e si battuto con tutte le sue forze per far valere i diritti dei vostri cari (mariti, figli, padri) gli è stato fatta la più grande ingiustizia del mondo che verrà sicuramente fuori la verità».

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