Se alcuni grassi, come l’olio d’oliva, hanno qualità benefiche per l’organismo umano, altri invece andrebbero evitati: gli acidi grassi trans (Tfa). Si tratta di una categoria di grassi presenti naturalmente nelle carni e nei prodotti caseari di animali ruminanti, come bovini, ovini, e caprini (ad esempio, hamburger, salsicce, interiora, burro e formaggi, soprattutto stagionati). Ma tali grassi possono anche essere prodotti industrialmente, mediante idrogenazione parziale di oli vegetali e di pesce.

Quelli di produzione industriale - sviluppati per sostituire grassi animali come il burro, ma usati pure per aumentare la durata di conservazione degli alimenti e degli oli e per alterarne la consistenza - si trovano più frequentemente in alimenti come cibi cotti al forno e fritti, snack preparati e confezionati ecc. (merendine, glasse, biscotti, patatine fritte ecc.). I Tfa prodotti industrialmente sono predominanti rispetto agli altri nella dieta delle persone.

L’Oms e i grassi trans

L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) nel documento intitolato I grassi trans: un pacchetto d'azione per eliminare gli acidi grassi trans prodotti industrialmente (2018), evidenzia come l'assunzione di elevate quantità di tali grassi abbia effetti negativi sulla salute, aumentando sensibilmente il rischio di sviluppare determinate patologie, come attestato da studi sull’argomento.

Nel documento citato, l’Organizzazione traccia un percorso in sei punti, definito «Replace», finalizzato a eliminare dagli alimenti i grassi trans di derivazione industriale entro il 2023: tra le altre cose, gli Stati dovrebbero vietare grassi nocivi nei prodotti di origine industriale e stabilire sanzioni per chi viola i divieti, mentre le istituzioni sanitarie e le aziende dovrebbero avviare campagne di comunicazione mirate a far conoscere i rischi che derivano dai Tfa. Alle aziende, in particolare, l’Organizzazione per la sanità chiede di sostituire i grassi trans con oli e grassi più salutari.

L’Oms è tornata sul tema da ultimo nel gennaio 2023, con l’edizione 2022 del rapporto Countdown to 2023: WHO report on global trans-fat elimination 2022. Si tratta del terzo report sull’eliminazione dei grassi trans pubblicato dall’Organizzazione, che monitora ogni anno i progressi fatti a livello globale per raggiungere l’obiettivo di far scomparire tali grassi dagli alimenti entro il 2023. In quest’ultimo rapporto l’Oms presenta i risultati ottenuti tra ottobre 2021 e settembre 2022, esponendo la situazione a livello globale, regionale e nazionale e i cambiamenti attuati nell’arco temporale considerato, attraverso politiche basate sulle migliori pratiche; le sfide e le opportunità per il futuro; le azioni da intraprendere. Dal documento emerge che molti paesi stanno rispondendo all'invito lanciato dall'Oms nel 2018 per eliminare i Tfa prodotti industrialmente.

Come spiega l’Istituto Superiore di Sanità, riportando i risultati descritti dall’Oms, le azioni intraprese hanno determinato «un aumento (di quasi sei volte) di misure volte a proteggere la popolazione globale dagli effetti nocivi» dei Tfa per la salute. «Attualmente in 60 paesi sono in vigore misure obbligatorie che limitano a 2 grammi il contenuto di Tfa o vietano l’utilizzo di grassi parzialmente idrogenati negli alimenti, interessando 3,4 miliardi di persone (il 43 per cento della popolazione mondiale); tra questi, 43 Paesi hanno implementato politiche di best practice che interessano 2,8 miliardi di persone (il 36 per cento della popolazione mondiale)».

La maggior parte delle politiche di eliminazione dei Tfa sono state decise nei paesi a reddito più elevato (in gran parte nelle Americhe e in Europa); nell'ultimo anno un numero crescente di Paesi a reddito medio - tra cui Argentina, Bangladesh, India, Paraguay, Filippine e Ucraina - sta ricorrendo a misure di questo tipo; mentre nessun Paese a basso reddito ha ancora adottato tali misure. 9 dei 16 Paesi con la più alta percentuale stimata di decessi per malattie cardiache derivate dall'assunzione di Tfa non hanno attivato alcuna best practice (come Azerbaigian, Bhutan, Ecuador, Egitto, Iran).

L’Oms ha ancora una volta raccomandato a tutti i Paesi di concentrarsi sulle azioni indicate nel citato documento del 2018 per eliminare i Tfa dall'approvvigionamento alimentare globale entro la fine del 2023. Raggiungere questo obiettivo – afferma l’Oms - può non solo salvare vite umane, ma anche allentare la pressione sui sistemi sanitari sovraccarichi e contribuire a ridurre le disuguaglianze.

La disciplina dell’Unione europea

Sin dal 2015 la Food and Drug Administration, l’agenzia per la sicurezza alimentare statunitense, ha chiesto alle aziende alimentari di eliminare i grassi trans. Nel 2016, con una risoluzione che cita anche questa richiesta dell’agenzia americana, il parlamento europeo ha invitato la Commissione a proporre l’introduzione di norme dell’Ue per porre limiti vincolanti alle quantità di acidi grassi trans di produzione industriale presenti negli alimenti, poiché questi grassi possono aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, sterilità, morbo di Alzheimer, diabete e obesità. Peraltro, già dal 2003 la legislazione della Danimarca impone paletti ai Tfa di produzione industriale, limitando i grassi prodotti industrialmente al 2 per cento del contenuto totale di grassi negli alimenti sul mercato.

La Commissione dell’Unione europea - dopo un percorso di valutazione che ha coinvolto il Joint Research Center della Commissione, l’Autorità Europea sulla Sicurezza Alimentare (Efsa) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) – ha emanato un regolamento (n. 2019/649), che stabilisce un limite massimo di grassi trans sui grassi totali nei prodotti destinati al consumatore finale o alla vendita al dettaglio, fissando all’aprile 2021 la scadenza per adeguarsi a quanto disposto.

Ciò in base al presupposto che «le cardiopatie coronariche costituiscono la principale causa di morte nell’Unione e l’assunzione di elevati tenori di acidi grassi trans aumenta sensibilmente il rischio di sviluppare tali patologie, più di qualsiasi altro nutriente in base al numero di calorie», come si attesta nel regolamento (considerando 3). La Commissione spiega pure come l'introduzione di un limite legale agli acidi grassi trans di origine industriale negli alimenti rappresenti una misura più efficace in termini di sanità pubblica, protezione dei consumatori e compatibilità con il mercato interno (considerando 4).

In particolare, il regolamento prescrive che il contenuto di acidi grassi trans, diversi da quelli naturalmente presenti negli alimenti, non debba superare i 2 grammi per 100 grammi di grassi. Gli operatori del settore alimentare (Osa) che forniscono ad altri Osa alimenti non destinati al consumatore finale, o non destinati al commercio al dettaglio, provvedono affinché a questi ultimi siano fornite informazioni sulla quantità di acidi grassi trans, diversi da quelli naturalmente presenti nei grassi di origine animale, quando tale quantità supera i 2 grammi per 100 grammi di grassi.

Detto tutto questo, riguardo ai grassi trans permane un problema: il regolamento Ue sull’etichettatura degli alimenti (n. 1169/11, Food Information Regulation) non prevede tali grassi tra i componenti da indicare in via specifica nella dichiarazione nutrizionale, né obbligatoriamente né facoltativamente. Ciò comporta come conseguenza, tra le altre, che non si possa utilizzare la stessa etichetta per prodotti destinati sia al mercato UE sia ai mercati dei Paesi dove invece è prescritto di esporre sulla confezione i Tfa presenti nei cibi messi in commercio.

Siccome la quantità di acidi grassi trans contenuti nei singoli alimenti può variare anche tra prodotti simili, conoscerne il contenuto sarebbe importante per poter fare comparazioni e, quindi, scelte migliori anche tra cibi appartenenti a una certa categoria. Se la nutrizione è anche questione di cultura, al fine di individuare le opzioni di consumo più sane, come si può pensare di accrescerla senza prevedere piena trasparenza su ciò che si mangia?

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