Continuano i segnali di un appiattimento nella curva dei contagi, ma il numero dei decessi rimane tra i più alti mai rilevati. Mercoledì sono stati registrati 34.283 nuovi casi di Covid-19, circa mille in più rispetto a martedì scorso, mentre la percentuali di positivi sul totale dei tamponi effettuati è la più bassa da una settimana, 15,4 per cento. Sono dati che sembrano mostrare un rallentamento del contagio, quello che in gergo si definisce un “plateau”, ma i dati dei morti restano pessimi. I decessi registrati mercoledì sono stati 753, la cifra più alta dallo scorso 3 aprile.

Il ritardo dei decessi

Con ogni probabilità il numero dei decessi continuerà a crescere per i prossimi giorni, anche in presenza di ulteriori segnali di rallentamento del contagio. Il motivo è che tra il momento in cui viene individuato un caso positivo e l’eventuale decesso trascorre quasi sempre un certo lasso di tempo. Un paziente di solito impiega del tempo ad aggravarsi e una volta intubato, cioè sottoposto a terapia intensiva, possono trascorrere molti giorni prima della sua guarigione o del decesso. Di solito questo ritardo ammonta a due o più settimane.

In questi giorni, quindi, stiamo assistendo ai decessi delle persone la cui positività al virus era stata scoperta all’incirca quattordici giorni fa, quando il contagio cresceva ancora in maniera esponenziale e il totale dei nuovi casi era più basso di oggi. Ci aspettano quindi ancora settimane in cui questa cifra è destinata a crescere o almeno a rimanere stabile.

L’intero paese è coinvolto

Un altro dato che emerge da queste statistiche è che la seconda ondata ha colpito tutta Italia in misura simile. A differenza della prima ondata, concentrata soprattutto in Lombardia, l’aumento dei decessi nelle ultime settimane è distribuito su quasi tutto il territorio nazionale, anche se alcune città in particolare, come Cagliari, Roma e Genova, sembra che abbiano avuto un numero di morti assai significativo.

I dati che mostrano questa situazione sono quelli pubblicati settimanalmente dal Sistema nazionale di sorveglianza della mortalità giornaliera che monitora, in tempo reale, il numero di decessi giornalieri in 32 capoluoghi di regione e nelle altre città con più di 250mila abitanti (all’inizio erano 34 Comuni, ma poi Napoli e l’Aquila hanno interrotto la trasmissione di dati). Si tratta circa del 20 per cento della popolazione italiana.

Accanto al numero di decessi giornali, il sistema segnala anche i cosiddetti eccessi di mortalità rispetto alla stima prevista, cioè quanti morti in più ci sono rispetto a una stima calcolata sulla base dei decessi avvenuti nei cinque anni precedenti (la cosiddetta “baseline”). Si tratta di calcoli che includono i decessi per ogni causa. L’eccesso rispetto alla mortalità stimata, quindi, include non solo delle morti ufficiali da Covid-19, cioè quelle presenti nei bollettini ufficiali, ma anche quelle non rilevate, come ad esempio quelle che avvengono a casa, prima che il malato possa ricevere il tampone. Infine, include anche i decessi “indiretti”, ad esempio coloro che hanno un’emergenza medica, ma non riescono a ricevere assistenza in tempo a causa del sovraccarico del sistema di emergenza.

Secondo gli ultimi dati disponibili, riferiti al mese di ottobre, questo eccesso di mortalità è stato del 22 per cento al nord e del 23 per cento al sud. La città più colpita dall’aumento dei decessi è Cagliari, con il 48 per cento di decessi in più rispetto a quelli stimati. Segue Genova, con più 38 per cento, Torino con più 32 per cento, Bari, più 30 per cento, Roma, più 29 per cento, e infine Milano, con più 18 per cento. Come si vede dunque, molte città sparse su tutto il territorio hanno registrato nel mese di ottobre un aumento generale e significativo dei decessi.

Guardando invece l’ultima settimana disponibile nel sistema, quella che va dal 21 ottobre al 3 novembre, si vede che l’eccesso rispetto alla stima era del 48 per cento a Milano e del 50 per cento a Roma. Significa che Roma ha avuto più morti in eccesso di Milano, anche se tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, Milano l’ha quasi raggiunta.

Prima e seconda ondata

Con i dati a nostra disposizione, che arrivano ai primi di novembre, la prima ondata continua ad apparire più grave della seconda. Ma risulta anche molto più concentrata. Bergamo, con un aumento della mortalità tra marzo e aprile del 568 per cento, rimane la città simbolo, non solo in Italia, degli effetti devastanti che può avere il coronavirus.

Oggi invece, assistiamo a un’epidemia molto più diffusa. Lo dimostra ad esempio il report pubblicato a giugno sempre dal Sismg e che anche qui stima come è cambiata la mortalità nelle città italiane dalla data di notifica del primo caso di Covid-19 al 12 maggio. Per esempio, a Torino nei due mesi della prima ondata si sono registrati il 50 per cento di morti in più e a Milano più del doppio dei morti rispetto allo scenario normale. Al centro e al sud, l’eccesso della mortalità è stato più contenuto. A Roma ad esempio è stato pari ad appena il 6 per cento (294 morti in più rispetto alle attese tra marzo e aprile). I numeri di oggi invece sono ben diversi. In sole ultime due settimane tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, Roma ha avuto un incremento dei decessi pari al 50 per cento, cioè 452 morti in piu.

 

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