Ha scelto Report per dire la sua verità sulla sua lunga esperienza nel mondo del calcio. Luca Campedelli, ex presidente del (ex) Chievo ha voluto confessarsi col programma d’inchiesta di Rai 3. Lo fa in un momento personale molto difficile, perfettamente somatizzato dalle sembianze dimesse che traspaiono nelle anticipazioni fornite dalla redazione di Report attraverso i propri canali social. Il Chievo è scomparso la scorsa estate per non avere ottemperato ai requisiti per l’iscrizione al campionato di Serie B e la Paluani, l’azienda di famiglia, ha avviato la procedura di concordato preventivo. Sembra passato un secolo dal tempo in cui la squadra di quartiere veronese veniva raccontata come una favola e l’incauto presidente del Coni, Giovanni Malagò, indicava la società clivense come «un modello da studiare all’università».

La fitta rete degli scambi

Che il passaggio televisivo di Campedelli avvenga mentre è in pieno svolgimento l’indagine sulle plusvalenze sospette della Juventus è forse una coincidenza. Resta che esso si consumi con straordinario tempismo, per ricordare che fin qui la sola società a avere subito una sanzione sportiva a causa di plusvalenze non regolari è stata proprio il Chievo: 3 punti di penalizzazione in classifica nella stagione 2018-19.

A dire il vero una sanzione analoga toccherebbe anche al Cesena, che col club clivense intreccia lo scambio quasi maniacale di calciatori e plusvalenze. Ma nell’estate del 2018 il club romagnolo non riesce a iscriversi al campionato di Serie B e tutto finisce lì. A essere coinvolti sono calciatori successivamente spariti dai radar dopo essersi visti assegnare valori molto impegnativi. Per esempio Carlo Alberto Tosi, valutato 4,5 milioni di euro, Mattia Cantarelli 2,8 milioni di euro, Francesco Zoppi 2,2 milioni di euro, Nicola Andreoli 2,3 milioni di euro. Sono solo alcuni dei nomi di calciatori ipervalutati e poi persi fra le categorie minori o addirittura ritirati dall’attività agonistica, sui quali si appunta l’attenzione della procura di Forlì che indaga sul fallimento del Cesena.

Ma la trama non si ferma lì. Perché se poi si guarda ai bilanci delle due società si scopre che la rete dei club calcistici impegnati a far circolare calciatori e valori finanziari è molto fitta. Per esempio, dalla relazione finanziaria del Chievo al 30 giugno 2017 risulta che la Pro Vercelli valuta 4 milioni di euro il portiere Simone Moschin, che rientra nel quadro del trasferimento del difensore Mattia Bani dalla Pro Vercelli al Chievo e consente alla società di Campedelli di ammortizzare parte dell'esborso (6,15 milioni di euro) e realizzare una plusvalenza da 3,99 milioni di euro. Perché le plusvalenze incrociate funzionano anche così: non sono soltanto “a specchio”, cioè per pari valore finanziario, ma possono essere asimmetriche. Ciò che conta è potere iscrivere nei conti valori finanziari molto alti cui non corrisponda un elevato esborso di denaro. E fra scambi a specchio e scambi asimmetrici si apre una giostra che man mano si allarga a altri club. Per esempio il Carpi, altra società spazzata via dal calcio nell'estate del 2021 come il Chievo. Sei anni prima che ciò accada, estate 2015, le due società si scambiano due calciatori delle giovanili: Antonio Campobasso viene ceduto dal Carpi al Chievo ma rimane in prestito a Carpi, e Danile Damin (di cui non esiste nemmeno una scheda sul pur aggiornatissimo sito Transfermarkt) passa dal Chievo al Carpi. Valutazione: 2,25 milioni di euro per entrambi, plusvalenza secca per le due società.

È un cerchio concentrico. Perché Cesena chiama la vecchia gestione del Vicenza (culminata nel fallimento della società), con lo spettacolare intreccio di calciatori avvenuto nell’estate 2015 quando le due squadre si scambiano 3 atleti a testa: dal Veneto in Romagna viaggiano Tommaso Boesso, Davide Pizzolato e Giole Donadello, mentre la rotta opposta viene seguita da Patrik Giulianelli, Mattia Alberighi e Pietro Magnani. Un incrocio di valori e plusvalenze da 3,65 milioni di euro. E nella saga delle plusvalenze del club vicentino fa capolino anche la Juventus, molto prima che lo scatto di hybris dell’acquisizione di Cristiano Ronaldo mandi in aria i conti e costringa la società bianconera a manovrare come se fosse il Chievo o il Cesena.

Big ma non troppo

La società bianconera intreccia più di una trama col Vicenza. Già il bilancio della società veneta al 30 giugno 2011 (dunque dieci anni fa), quando ancora è possibile scambiarsi i calciatori in comproprietà. La società bianconera cede nell’estate del 2010 Fausto Rossi con valutazione da 1 milione di euro, ricavandone una plusvalenza che da bilancio risulta di 492mila euro (lo riscatterà a gennaio 2012 per 1,7 milioni di euro), mentre il Vicenza cede alla società torinese Niko Bianconi (che però dal Veneto non si muove poiché viene lasciato lì in prestito), anche lui valutato 1 milione di euro con plusvalenza da 988mila euro. Un altro giro di valzer fra le due società viene avviato nell’estate del 2012, quando la Juventus acquisisce dal Vicenza l’attaccante Michele Cavion per 1 milione di euro (plusvalenza per il club biancorosso da 999.800 euro) ma cede alla società veneta Nicolò Corticchia per 600mila euro (plusvalenza 550mila euro) e Salvatore D’Elia per 400mila euro (plusvalenza 317mila euro). E nell’estate 2014 c’è un ulteriore intreccio. La Juventus pesca nelle giovanili vicentine e acquisisce tre calciatori: Pedro Almeida, Davidre Massaro e Riccardo Meneghini, ciò che garantisce al Vicenza plusvalenze complessive per 929.400 euro. La società veneta controbilancia parzialmente acquisendo da quella bianconera per 600mila euro (tutta plusvalenza) il difensore Luigi Rizzo, che poi si perderà per strada.

Ma non è mica soltanto la Juventus a entrare in questi giri con le società di categoria inferiore. C’è un’altra società di Serie A che di questi tempi viene praticamente santificata e non disdegna di ricorrere a questo strumento di ausilio ai conti societari.

La Dea delle plusvalenze

Per avere un’idea della destrezza mostrata dall’Atalanta in materia di plusvalenze basta prendere un bilancio annuale e scorrere i nomi di calciatori e società con cui sono stati intrecciati scambi di calciomercato. Nella relazione che accompagna l’esercizio chiuso al 31 dicembre 2015 troviamo il fior fiore del plusvalenzificio italiano. A cominciare dal Cesena, da cui la società nerazzurra incassa plusvalenze da quasi 6 milioni di euro per le cessioni di Moussa Koné (3,5 milioni di euro la cessione, 3,491 milioni di euro la plusvalenza) e Federico Varano (2,5 milioni di euro la cessione, 2,499 milioni di euro la plusvalenza). Koné è un discreto calciatore e niente più, Varano un ragazzo che non andrà avanti granché. Ma il valore dei due fa il paio con quello di Luca Valzania, valutato 6 milioni di euro, che per il Cesena sono tutta plusvalenza. Ma cosa se ne fa l’Atalanta di Valzania? Quasi nulla, dato che dall’estate del 2015 a oggi il centrocampista gioca soltanto 4 spezzoni di partita con la maglia della Dea. Per il resto il calciatore viene continuamente ceduto in prestito, compresa la prima stagione da atalantino che lo vede non muoversi da Cesena. Adesso sta conducendo la terza stagione consecutiva in parcheggio alla Cremonese, Serie B, sperando che a fine stagione la società grigiorossa lo riscatti.

Un’altra società che figura nel prospetto delle plusvalenze atalantine di annata 2015 è l’immancabile Chievo del martire Campedelli. La società bergamasca cede il difensore Davide Savi per 1,2 milioni di euro con plusvalenza di 1.199.999 euro. Cosa se ne fa il Chievo di Savi? Lo spedisce immediatamente in prestito all’Ischia, poi altrove compresi i maltesi del Mosta (società dove vengono parcheggiati diversi calciatori da plusvalenzificio) fino a che non arriva la scadenza del contratto. Ovviamente non manca il calciatore instradato sulla rotta opposta, dal Chievo all’Atalanta, per l’identico valore da 1,2 milioni di euro che da bilancio del Chievo al 30 giugno 2015 risulta essere tutta plusvalenza. Si tratta di Isnik Alimi, centrocampista dal doppio passaporto albanese e macedone del nord che non vestirà mai la maglia dell’Atalanta. Subito spedito in prestito alla Maceratese, girovagherà per i campi delle categorie minori italiani e poi all’estero. Dopo avere esaurito il vincolo contrattuale si accasa col FK Qabala, in Azerbaijan. E ancora, troviamo una società che in Italia è fra le accademie delle plusvalenze: il Pescara. Alla società abruzzese l’Atalanta cede il centrocampista Gianluca Barba per 1,5 milioni di euro e plusvalenza annotata per 1.499.999 euro. Dal Pescara il centrocampista viene lasciato in prestito alla società che già lo aveva avuto parcheggiato dall’Atalanta, la Pro Piacenza, quindi continuerà a girovagare per i campi di Serie C senza mai giocare per la squadra abruzzese. Dal canto suo il Pescara gira all’Atalanta l’ala Denis Di Rocco, per l’identico valore di 1,5 milioni che dal bilancio al 30 giugno 2015 risulta essere tutta plusvalenza. Quanto al calciatore, rimane un anno nei ranghi della Primavera atalantina. Poi viene dato in prestito al Forlì, fino a che non giunge lo svincolo dalla società bergamasca nel settembre del 2017. La sua destinazione successiva è il Pineto.

I giochi dei grandi

Infine il prospetto delle plusvalenze atalantine d’annata 2015 registra un nome illustre: Juventus. Alla società bianconera la Dea cede l’attaccante Giorgio Siani realizzando una plusvalenza che la relazione finanziaria annota in 1.599.999 euro. Sul versante bianconero il bilancio annota due plusvalenze da compartecipazioni con l’Atalanta che riguardano Simone Emanuello (783mila euro) e Edoardo Ceria (490mila euro). Fra questi, il solo calciatore di qualche utilità per le due società è Emanuello, che arriva a giocare una stagione per la Juventus Under 23. Quello è un periodo in cui le due società si scambiano calciatori di ogni tipo, compreso l’australiano James Troisi.

Ma l’Atalanta si presta a far realizzare plusvalenze anche a altre società italiane di massimo rango. Come l’Inter, che a parziale contropartita per acquisizioni importanti come quelle di Roberto Gagliardini e Alessandro Bastoni (oltre 50 milioni di euro nelle casse della società bergamasca) cede calciatori del settore giovanile e grazie alle plusvalenze riesce a mettere in linea di galleggiamento i conti. Avviene così a giugno 2018, quando anche la società nerazzurra milanese si trasforma in un forsennato plusvalenzificio per chiudere i conti rimanendo nei parametri Uefa. In quel tourbillon ci scappano due ragazzi trasferiti a Bergamo. Si tratta del difensore Davide Bettella, valutato 7 milioni di euro con plusvalenza 6,949 milioni di euro, e del centrocampista Marco Carraro, valutato 5 milioni di euro con plusvalenza da 4,445 milioni di euro (dati riportati dalla relazione finanziaria al bilancio di F. C. Internazionale al 30 giugno 2018). Ma il passaggio da Inter a Atalanta che più desta curiosità riguarda il difensore esterno Fabio Eguelfi, ceduto nell’estate 2017 per 6 milioni di euro con plusvalenza interista da 4,811 milioni di euro. Quanto al calciatore, viene immediatamente ceduto in prestito al Cesena e da lì comincia un lungo girovagare. Nella relazione al bilancio atalantino chiuso il 31 dicembre 2020 viene data notizia che il vincolo fra società e calciatore è stato risolto. Eguelfi risulta essersi svincolato nelle scorse settimane dal San Fernando, squadra della terza divisione spagnola.

Rimanendo al bilancio interista del 2018, vanno rilevate le plusvalenze realizzate con un’altra società in primissima linea su questo fronte: il Genoa. Alla società retta allora da Enrico Preziosi l’Inter cede il portiere Ionut Radu per 8 milioni di euro (7,763 milioni di euro la plusvalenza) e il difensore Federico Valietti per 6 milioni di euro (5,95 milioni di euro la plusvalenza). Radu viene utilizzato dalla squadra rossoblu e infine verrà riacquisito dall’Inter. Non altrettanto si può dire di Valietti, che continua a vagare in prestito (questa stagione in B al Pordenone). E giusto per chiudere il cerchio, non si può non citare lo scambio fra Atalanta e Genoa dell’estate 2016. Il Genoa acquisisce il difensore Davide Brivio per 4 milioni di euro e dà in cambio due ragazzi delle giovanili valutati 2 milioni di euro a testa (che fanno 4 milioni di euro di plusvalenza), il difensore Alessio Girgi e il centrocampista Federico Capanna. Anche loro inseriti nel circuito dei prestiti. Nel 2020 Capanna viene svincolato. Quanto a Girgi, adesso è in prestito alla Cararrese.

Amicizia e cinismo

Vi abbiamo fatto tanti nomi, ma sono una minima parte rispetto al totale. Perché quella delle plusvalenze all’italiana è una lunga storia, che comincia negli anni Zero e mette in prima linea due società del massimo livello: Inter e Milan, che in quella fase storica danno vita a un derby dell’amicizia fatto di scambi alla pari relativi a giocatori della prima squadra ma anche delle giovanili. Come i due portieri Marco Varaldi e Simone Brunelli, che passano da una sponda all’altra del calcio milanese per una quotazione da 3 milioni di euro a testa. Non sono i soli. Nel calderone finiscono altri calciatori sconosciuti al grande pubblico come Ferraro, Deinite, Toma, Giordano, Livi, Ticli. Quegli scambi destano sospetti anche perché Varaldi decide di raccontare la sua storia e il destino avverso che coglie molti ragazzi stritolati dall’eccessivo valore caricato sulle loro spalle.

Succede infatti che questi ragazzi, iscritti in bilancio per milioni di euro dalle società che li acquisiscono, non possano essere ceduti fino a che il loro contratto con la nuova società è in vigore e non scadono i cicli dell’ammortamento. E se non possono essere ceduti è perché nessuno pagherebbe l’esorbitante valore residuo di ammortamento. Né la società che li ha in bilancio può cederli per un valore inferiore, perché altrimenti realizzerebbe una minusvalenza vanificando il castello di carte messo in piedi per riportare i conti in linea di galleggiamento. Di fatto molti giovani calciatori sono stati piazzati su un binario morto di carriera, costretti a vagare in prestito per le categorie minori quando avrebbero potuto fare un percorso più dignitoso se qualcuno non avesse stampigliato sulla loro nuca il timbro “plusvalenza”.

Quanto al derby dell’amicizia, esso ha un risvolto sul piano della giustizia ordinaria quando le due società vengono sospettate di avere usato quelle plusvalenze per fare un falso in bilancio. A febbraio 2008 la giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Milano, Paola Di Lorenzo, manda assolte Inter e Milan e i loro massimi dirigenti perché «il fatto non costituisce reato». Che ciò sia un precedente cui fare riferimento è tutto da vedere. E lo stesso deve dirsi sul piano sportivo, dove il Chievo si è ritrovato penalizzato nel 2018 dopo che dieci anni prima se l’era cavata patteggiando con la Figc, per la medesima violazione, multe per complessivi 105mila euro, così come avevano fatto altre società in quel periodo. Tutto ciò per dire che da allora molte cose sono cambiate. La sola costante è che le plusvalenze incrociate sono sempre lì.

Il copyright italiano

Quante altre società menzionare quando si parla del vizietto delle plusvalenze? C’è solo l’imbarazzo della scelta. Se si rimane in ambito Juventus e si cita l’uso della formazione Under 23, emerge subito il nome della Sampdoria. Ma se si sposta oltre il focus ecco spiccare il Napoli, con quel complicato giro messo in piedi a margine dell’acquisizione di Victor Osimhen dal Lille. Un vero gioco di magia dei numeri. Il Lille vuole iscrivere in bilancio (e spacciare come propaganda) una maxi plusvalenza, il Napoli vuole spendere il giusto ma senza guastare i piani dei francesi. E allora ecco trovato l’artificio: l’attaccante nigeriano trasferito nominalmente per 70 milioni di euro, ma a patto che il Lille prenda quattro calciatori dal Napoli dando loro una valutazione complessiva da 20 milioni di euro. Si tratta del terzo portiere Orestis Karnezis (35 anni quando viene trasferito in Francia) e di tre calciatori provenienti dalle giovanili del Napoli e in parte già impegnati in Serie C: Claudio Manzi, Ciro Palmieri e Luigi Liguori. La società francese non li fa nemmeno spostare in Francia, cedendoli subito in prestito alla Fermana, Serie C. Dove, nonostante valgano complessivamente 15 milioni di euro, giocano pochissimo in una squadra modesta. Dopo una stagione di questa pantomima la nuova dirigenza del Lille decide di rescindere il loro contratto.

Si tratta comunque di un segno che il meccanismo delle plusvalenze incrociate viene esportato all’estero. Aveva già provveduto la Juventus, che ha usato l’Under 23 per scambiarsi calciatori e plusvalenze col Barcellona (Alejandro Marques in bianconero e Matheus Pereira in blaugrana, valutazione intorno agli 8 milioni di euro a testa) e col Manchester City (Pablo Taboada Moreno mandato in Inghilterra, Felix Correia giunto in Italia, valutazione intorno ai 10 milioni di euro per entrambi). Ma sulla medesima strada si sono incamminate Barcellona e Valencia, che a giugno 2019 hanno scambiato i portiere Neto e Cillesen per il medesimo (e esagerato) valore da 30 milioni di euro. E manovre analoghe sono state realizzate la scorsa estate dal Porto, che ha messo in piedi scambi di calciatori per valori pari (e per complessivi 15 milioni di euro) con Vitória Guimarães e Sporting Portugal. Esportiamo il peggio e dall’estero continuano a arrivare richieste di chiarimenti sul senso di certe manovre.

Capiranno anche loro, questione di esperienza. E scopriranno che certi giochini possono essere messi in piedi a qualsiasi livello, soprattutto coi ragazzi delle giovanili i cui spostamenti passano inosservati. Come dimostrato dal doppio scambio fra Parma e Lecce avvenuto a gennaio 2020: Matteo Cucci e Michele Laraspata passano dalla Puglia in Emilia, Alessio Piazza e Leonardo Trezza fanno il percorso inverso. Il Lecce realizza una plusvalenza da quasi 1,6 milioni di euro, il Parma idem. Fine della storia, almeno fin qui.

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