Privatizzare i profitti e statalizzare le perdite è almeno fin dai tempi del fascismo il sogno malato di mezza imprenditoria italiana. Grazie al munifico appoggio della politica i Benetton hanno avverato il sogno con le concessioni autostradali e aeroportuali.

Con la concessione di Fiumicino e Ciampino (società Aeroporti di Roma-AdR), che è una sorta di fotocopia della concessione di Autostrade per l'Italia (Aspi), la statalizzazione delle perdite è rafforzata con una specie di rischio di impresa alla rovescia: in caso di volumi di traffico inferiori del 5 per cento rispetto alle previsioni del Pef (Piano economico finanziario) per riequilibrare i conti scatta automaticamente un incremento delle tariffe (pagate in prima battuta dalle compagnie aeree, ma alla fine scaricate sui passeggeri).

Se invece si verifica un aumento del traffico superiore al 5 per cento i benefici li incamera in buona misura il concessionario.

Tranne forse la sfortunata e a volte arruffata parentesi del ministro Danilo Toninelli (5 Stelle), nessun ministro dei Trasporti della storia recente ha inteso mettere in discussione anomalie del genere.

Non risulta che l'attuale ministra, Paola De Micheli, si sottragga a questa consolidata tradizione, anzi, a giudicare dalle scelte che adotta sembra avere per AdR più che un occhio di riguardo. Un'attenzione speciale ribadita di recente da due scelte politiche assai significative: il ripescaggio dall'aldilà del progetto per la Quarta pista di Fiumicino e l'allungamento di 2 anni della concessione causa Covid.

In questo secondo caso la giustificazione ufficiale presentata è più che ragionevole: dal momento che la pandemia sta mettendo in ginocchio il business mondiale dei voli e a questa triste sorte non si sottraggano gli scali italiani, allora per aiutarli a passare la nottata in attesa di tempi migliori è opportuno che il governo aumenti il periodo di gestione che era stato precedentemente concordato.

Ma come nella notte hegeliana in cui tutte le vacche sono nere, la ministra ha messo sullo stesso piano aiutandoli allo stesso modo aeroporti che già in tempi normali erano in equilibrio instabile e ora rischiano di chiudere con altri, tipo Fiumicino, Linate o Venezia (le cosiddette gestioni in deroga) che invece di soldi in questi ultimi anni ne hanno incamerati a palate.

Dividendi ai soci, costi allo stato

Nel periodo 2013-2019 Aeroporti di Roma ha distribuito complessivamente quasi 1 miliardo di euro di dividendi (965 milioni la cifra esatta) ai propri azionisti, tra cui in prima fila Atlantia dei Benetton in quanto proprietaria del 99,3 per cento del pacchetto azionario. E' andata quindi benone dal loro punto di vista, molto meglio di quanto fosse ufficialmente previsto nel Pef del 2012 in cui si prevedevano 635 milioni di dividendi.

Considerando queste cifre, era proprio necessario che la ministra senza prendere in considerazione l'ipotesi di calibrare l'aiuto statale ai mancati introiti effettivamente subiti e certificati, decidesse di beneficiare ancora una volta i Benetton con un allungamento della proroga della concessione di 2 anni che al netto del Covid vale circa mezzo miliardo di euro di profitti? I 2 anni in più si sommano ai 35 di prolungamento decisi senza gara già nel 2009.

Anche la storia della quarta pista è molto significativa. A questo proposito la ministra ha deciso di fare la bastian contraria, almeno nei confronti del suo governo. Due ministri, quello dell'Ambiente, Sergio Costa (5 Stelle) e quello della Cultura e del turismo, Dario Franceschini (Pd) avevano firmato insieme un decreto che sembrava aver messo una volta per tutte un punto fermo con una formula secca sulla annosa storia del raddoppio dell'aeroporto e della Quarta pista fortemente voluti dai Benetton: «È espresso giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del “Master Plan 2030” dell’aeroporto di Fiumicino, presentato da Enac», dove Masterplan indica appunto il raddoppio con annessa Quarta pista e il riferimento all'ente dell'aviazione civile (Enac) è reso obbligatorio dal fatto che formalmente esso è il firmatario del contratto.

I due ministri avevano accolto in sostanza le conclusioni della Via (Valutazione di impatto ambientale) che in un suo pronunciamento aveva escluso tassativamente che si potesse costruire la Quarta pista là dove vorrebbero costruirla i Benetton rubando centinaia di ettari alla Riserva naturale statale del Litorale romano.

Dopo la bocciatura, perfino i manager dei Benetton avevano dato l'impressione di fare buon viso a cattivo gioco dichiarando di voler abbandonare una guerra che sembrava ormai persa.

Ci ha pensato la ministra a riaprire le ostilità tirando fuori dalla tomba il progetto della Quarta pista e ridando implicitamente valore ai terreni della tenuta di Maccarese dei Benetton su cui la Quarta pista insiste.

All'inizio dell'estate la De Micheli ha fatto inserire a sorpresa nel decreto Rilancio proprio la Quarta pista classificandola come progetto prioritario. Anche se in un atto successivo, forse per contenere le probabile rimostranze dei ministri Costa e Franceschini e del suo stesso partito, ha fatto scivolare il progetto dalla categoria «prioritario» a quella di «progetto da rivedere».  Senza cancellarlo, però.

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