A La Spezia è in corso un giallo che vede coinvolto un militare egiziano. Qualche giorno fa, all’uscita da un solarium, una ragazza è stata avvicinata e molestata da un giovane nei pressi di Piazza Beverini. La ragazza decide di reagire e opporre resistenza mettendo in fuga l’aggressore.

Sul posto arrivano immediatamente i carabinieri e iniziano le indagini. Vengono acquisiti i nastri di registrazione delle telecamere pubbliche e private della zona, e grazie ai dettagli forniti dalla giovane le forze dell’ordine arrivano a identificare l’aggressore. Si tratta di un militare egiziano poco più che ventenne che alloggiava all’Nh Hotel.

Secondo quanto riporta il quotidiano online Città della Spezia lo scorso 27 marzo il militare è stato portato in caserma per un interrogatorio ma non sarebbe stato trattenuto perché non c’erano gli estremi. Poi, a quanto riportato dal Secolo XIX, venerdì scorso i carabinieri una volta raccolti gli elementi necessari si sono presentati per arrestare il militare, ma lui non c’era più.

«È tornato in Egitto, con l’aereo, l’hanno richiamato là» avrebbero detto i suoi colleghi egiziani alle forze dell’ordine, nonostante avesse dato rassicurazioni sul fatto che sarebbe rimasto in Italia fino alla consegna della fregata Fremm. Il militare, riporta il Secolo XIX, sarebbe stato anche sotto il controllo dei servizi segreti italiani.

Le navi militari

Nella vicenda torna così protagonista l’accordo siglato nel giugno del 2020 tra Fincantieri e l’Egitto di al Sisi per l’acquisto di due fregate militari, e le associazioni pacifiste tornano a far sentire la loro voce. La prima, ribattezzata Al Galala è stata consegnata a dicembre 2020, la seconda nave ha effettuato la cerimonia del cambio bandiera ed è in consegna in queste ore. Infatti, i militari di al Sisi erano sul Golfo per monitorare il collaudo e l’allestimento della nave, dalla quale sono stati rimossi gli armamentari sensibili italiani.

Il prezzo dell’affare, aveva sottolineato Francesco Vignarca, della Rete Pace e disarmo, è intorno ai 990 milioni di di euro, mentre per l’Italia la spesa complessiva per le due navi, interessi inclusi, si era aggirata su 1,2 miliardi di euro. Che si tratti di guadagno o perdita, le associazioni hanno sottolineato come l’Italia continui a godere con l’Egitto di un rapporto commerciale molto buono, nonostante l’arresto dello studente egiziano dell’università di Bologna, Patrick Zaki, e l’omicidio di Giulio Regeni.

La vendita «conferma in maniera evidente come non ci sia stato alcun cambio di rotta rispetto alle decisioni dello scorso anno e che anche il Governo Draghi, cui è in capo la responsabilità dell’autorizzazione finale alla consegna, dopo la concessione della licenza di vendita nel 2020 da parte del Governo Conte, ha deciso di continuare a sostenere il regime egiziano con forniture militari» hanno puntualizzato dalla Rete italiana pace e disarmo.

«La fornitura delle Fremm – commenta Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal) nel comunicato delle rete disarmo – non è mai stata sottoposta all’esame delle Camere. Si tratta di un passaggio fondamentale richiesto dalla normativa vigente (la legge n. 185 del 1990) e oggi ancor più necessario in considerazione delle trattative in corso con l’Egitto per altre fregate Fremm, pattugliatori, caccia multiruolo e aerei addestratori che consoliderebbero la posizione del regime di al Sisi come principale acquirente di sistemi militari italiani». Adesso che l’affare è tornato agli onori della cronaca «rinnoviamo la richiesta al Governo di presentare l’intera materia alle Camere ed esortiamo il Parlamento a richiedere con urgenza un dibattito approfondito sulle esportazioni di sistemi militari all’Egitto».

© Riproduzione riservata