Una verifica tributaria, una delle tante che vengono condotte dalla Guardia di finanza e dall'Agenzia delle entrate lungo lo Stivale, si tramuta in un'indagine per corruzione internazionale che dalla Brianza arriva fino in Venezuela e che interessa un progetto abitativo bandiera realizzato sotto il governo del dittatore Nicolas Maduro, presidente del tormentato paese sudamericano attraversato da crisi economiche, rivolte sociali e tentativi di golpe.

A dare dignità a questa ricostruzione della procura di Milano è un'ordinanza del giudice per le indagini preliminari Giuseppina Barbara, che ha quindi disposto il sequestro preventivo di oltre 42 milioni di euro (considerato il profitto illecito dell'azienda) alla Lattonedil, una società che produce pannelli compositi per l'edilizia indagata ai sensi della legge 231 del 2001 per due forniture al gruppo Petroleos de Venezuela (Pvdsa). Di gran lunga la più importante impresa del paese e interamente controllata dallo stato, che è uno dei massimi esportatori mondiali di petrolio grazie alle sue immense riserve. La tangente sarebbe superiore ai 29 milioni di euro.

Cosa è la Lattonedil 

Lattonedil non è un nome famoso al grande pubblico, è una delle tante del tessuto economico brianzolo, «territorio caratterizzato da una spiccata cultura del lavoro come valore sociale», si legge sul loro sito internet, che ha fatto fortuna negli ultimi decenni e che ora conta dieci stabilimenti produttivi in Europa. Insieme alla società risultano indagate sette persone, due delle quali – Giulietto e Sergio Bettio – sono i titolari di questa società.

Gli intermediari

Tra i sette indagati vi sono quattro stranieri, due di nazionalità spagnola e due messicana, ritenuti gli intermediari e i consulenti di questa presunta corruzione che è datata fino al 2018 e che si è snodata tra l'Irlanda, la Bulgaria e il Messico, con rivoli negli Stati Uniti e in Lussemburgo. Nessun pubblico ufficiale venezuelano risulta indagato perché la normativa sulla corruzione internazionale esclude che lo possano fare le procure italiane. Le quali si devono limitare solo a individuare gli esponenti governativi che avrebbero ricevuto del denaro in cambio, com'è in questo caso, di una ingente fornitura di materiale edile (pannelli sandwitch) in due tranche per un totale di 70 milioni di euro. I pannelli sarebbero serviti per la costruzione della Gran mision vivenda de Venezuela, un complesso di case popolari concepite sotto il governo di Hugo Chavez come progetto bandiera in campo abitativo e avvolte da misteri sull'effettiva destinazione dei fondi per realizzarle.

Le due forniture sono dell'ottobre del 2013 e del 2014, proprio negli anni di inizio del mandato di Maduro come presidente della Repubblica bolivariana, e coincidono con le annualità dei due rilievi fiscali che hanno rilevanza penale. Circa otto milioni di evasione contestata che potrebbero essere stati utilizzati per corrompere i funzionari pubblici «vicini al governo venezuelano e alle gerarchie militari», come si legge nella lunga ordinanza.

Le finte intermediazioni

Secondo la ricostruzione dei magistrati, il dirigente di Pdvsa Carlos Medina (non indagato) avrebbe preso una somma pari all'1 per cento delle commesse, ovvero oltre 700mila euro in un paese che ha un pil pro-capite tra i più bassi dell'America latina, un'inflazione incredibile che rende impossibile un uso reale della moneta corrente, il bolivar, e salari che equivalgono a pochi dollari americani al mese. Altri soldi sarebbero stati presi da Ower Manrique, il presidente di Petroleos de Venezuela Industrial, la controllata del gruppo che materialmente avrebbe acquistato i pannelli.

La parte grossa della tangente sarebbe stata invece pagata a società basate in Messico, individuate come «Gruppo V» a funzionari pubblici non ancora individuati e sarebbero nell'ordine del 27 per cento della prima fornitura da 48 milioni di euro e il 29 per cento della seconda da 23 milioni. Cifre molto rilevanti, pari in totale a oltre 29 milioni di euro, pagate da una società irlandese e da una società olandese, che avrebbero fornito dei finti servizi di intermediazione commerciale a Lattonedil.

Le intercettazioni

In una conversazione del 2018 intercettata dalla squadra mobile della polizia di Milano, che ha condotto le indagini in collaborazione con il servizio centrale operativo, l'indagato Fabio Merli, il dirigente commerciale della società brianzola (sede operativa a Carimate, Como) esprime molta preoccupazione dopo aver saputo dell'inchiesta della procura. E al suo interlocutore, che si preoccupava che nessuno dicesse che lui era «informato della cosa», a un certo punto si lascia scappare una frase decisamente pesante: «... io ero informato delle, l'ammontare delle tangenti, delle commissioni, delle provvigioni che hanno pagato...». «Ma non che loro hanno hanno fatto un'operazione extra».

Parole che per il gip hanno un significato segnaletico molto importante, così come tutta l'attività preparatoria a un interrogatorio di uno degli intermediari e i tentativi di depistare gli inquirenti concordando versioni di comodo.

© Riproduzione riservata