Ci permettiamo una breve premessa: nel 2014 abbiamo deciso di espandere il nostro mercato siciliano abbattendo i costi di traporto che nei nostri materiali incidono molto. Si tratta di un consistente investimento che complessivamente consentirà la creazione di oltre 60 posti di lavoro stabili e diretti e altrettanti indiretti quando si sarà a regime, e oltre 200 tra operai e tecnici (oltre l’indotto) nelle fasi di costruzione, ad Agira (En) nella provincia più povera della Sicilia (fonte: Tg3 del 08/05/2020) dove il lavoro è ormai un miraggio e l’emigrazione un obbligo.

Si parla tanto di sviluppo del sud, di investimenti al sud, di lavoro al sud, ma è impresa ardua e non solo a causa di iter burocratici che rallentano e dilatano i tempi di approvazione dei progetti, ma anche in ragione di una serie azioni detrattive sovente strumentali, e mosse esclusivamente dalla finalità di scoraggiare gli investimenti al Sud con il drammatico effetto di mortificare ulteriormente il territorio negando sviluppo e lavoro a chi ci vive, tutto a vantaggio dei sistemi dell’anti Stato.

Ed anche la nostra iniziativa è stata oggetto di azioni giudiziarie e di campagne mediatiche che hanno costretto la società a difendersi nelle opportune sedi giudiziarie chiarendo e sviscerando ogni singola contestazione, ogni singolo addebito, ogni singola insinuazione. Ciò, non in forza di argomentazioni astratte, ma di documentazione che in modo puntuale e concreto ha sconfessato e
contestato le accuse mosse da un’associazione ambientalista peraltro carente dei requisiti di legittimazione per avviare un’azione giudiziaria contro la società Fassa srl.

Ciononostante siamo andati avanti nella nostra iniziativa perché crediamo profondamente nel valore di questo progetto e nella necessità di investire al Sud quale politica di sviluppo anche per l’intero territorio nazionale. L’individuazione del giacimento, lungi dall’essere frutto di valutazioni atte a favorire soggetti di dubbia moralità, scaturisce di contro da una serie di indagini culminate nella individuazione del predetto sito poiché già presente nel Piano Cave della Regione, poiché vi è presente una vecchia cava abbandonata e poiché, dopo le ispezioni tecniche, si è rivelata pienamente confacente alle esigenze dell’azienda e del mercato di riferimento, possedendo tutti i requisiti necessari allo scopo.

Sicché, in esito a un iter burocratico, come detto lungo e gravoso ed ottenute le autorizzazioni per l’impianto di cava, la Fassa srl è oggi in procinto di iniziare le prime fasi dei lavori propedeutici di recinzione dell’area di cava, come imposto dalle vigenti normative e comunicato ai competenti Enti. Ciò detto, in modo molto sintetico ma speriamo esaustivo, rispondiamo alle Sue domande:

Come risulta da alcuni atti, fino al maggio del 2018 proprietario del fondo acquistato da Fassa è rimasto, tra gli altri, Giuseppe Pecorino, classe 1941, condannato nel 2014 con sentenza definitiva della Cassazione per associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito dell’operazione “Fiumevecchio”. Eravate a conoscenza del trascorso giudiziario? Come siete entrati in contatto con la famiglia Pecorino?
Risponde al vero che, come correttamente da Lei precisato, tra gli altri proprietari dei vari appezzamenti di terreno necessari per lo sviluppo della nostra iniziativa vi era il sig. Pecorino Giuseppe classe 1941. La ragione per la quale l’atto di vendita fu stipulato nel 2018 è semplice: nel 2016, anno di stipula del preliminare con tutti i proprietari - ribadiamo che il Pecorino Giuseppe cl.1941 era solo uno fra essi, titolare di uno dei numerosi appezzamenti di terreno interessati - Fassa srl si è impegnata ad acquistare il giacimento opzionato solo in caso di realizzazione delle condizioni tutte per il rilascio dell’autorizzazione di Cava presentata dalla scrivente in data 08/07/2016. Solo quando si è concretizzato l’interesse reale per l’Azienda, si è provveduto all’acquisto di tutti i terreni interessati,
in unica soluzione con tutti i proprietari dell’epoca, atto rogitato prima dell’ottenimento dell’autorizzazione. Nessuno della Fassa era a conoscenza dei trascorsi giudiziari del sig. Pecorino Giuseppe cl.1941 né tantomeno di chi fosse, poiché i rapporti per la parte venditrice furono portati avanti dal Prof. Pecorino Biagio, professore ordinario dell’Università di Catania. 

Fassa srl ha acquistato diversi terreni facenti parte del giacimento da più soggetti distinti, non dalla “famiglia Pecorino”, locuzione che – avendo il Pecorino Giuseppe cl.1941 trascorsi per associazione mafiosa – potrebbe maliziosamente e simbolicamente richiamare un concetto di “famiglia” di natura diversa, dalla quale prendiamo con sdegno ogni distanza. Il contatto con i proprietari è avvenuto dopo che i tecnici e i liberi professionisti incaricati da Fassa s.r.l. hanno individuato l’area – che oltre ad essere già inserita nel piano Cave possedeva e possiede requisiti e caratteristiche assolutamente adeguate e necessarie per l’iniziativa in oggetto – ed hanno
avviato le ricerche di tutti i titolari dei terreni di interesse diretto per il progetto, attraverso indagini catastali. Come detto sopra,  l’interlocutore dei venditori è stato il prof. Pecorino Biagio.

Ricordando a noi stessi che una notizia diventa tale quando verificata, ribadiamo che esiste una copiosa documentazione, costituita prevalentemente da atti giudiziari che attestano non solo l’assoluta estraneità della Fassa rispetto alle vicende che hanno visto coinvolto il Pecorino Giuseppe cl.1941, ma anche la piena legittimità del contratto di compravendita, oggetto di specifico approfondimento giudiziario. Riteniamo di condividere con Lei la statuizione contenuta nel provvedimento del Tar, secondo cui «Fassa ormai risulta proprietaria dei terreni interessati dall’attività estrattiva e il relativo contratto di compravendita è pienamente valido», non avendosi, inoltre, «notizie di azione di nullità intrapresa dal Pubblico Ministero titolare delle indagini di cui al procedimento penale… …a carico di Pecorino Giuseppe e Pecorino Biagio».

Per quel terreno avete versato oltre 1,8 milioni di euro alla famiglia Pecorino, che aveva pagato quel terreno “incolto e sterile”  precedentemente 150 mila euro. Come mai questa differenza di prezzo?

Ribadiamo che l’utilizzo del termine “famiglia Pecorino” è forzato ed improprio: l’atto di compravendita è stato stipulato con singoli soggetti in quanto proprietari di terreni idonei al fine, e non con un “gruppo familiare”. Fassa era ed è interessata ai terreni idonei al fine, e non ai loro proprietari, quali che fossero. Aggiungiamo che nessun altro dei venditori, quantomeno per quanto a conoscenza della scrivente, ha alcun tipo di legame o implicazione con le vicende giudiziarie del Pecorino Giuseppe cl.1941. Il prezzo di 1.800.000 euro è il costo totale sostenuto da Fassa per acquistare l’intero giacimento interessato dal progetto, e non il costo della singola porzione del Pecorino Giuseppe cl.1941. 

Il prezzo di acquisto pagato dal sig. Pecorino e dagli altri ex proprietari per i loro terreni era ovviamente sconosciuto alla Fassa srl. Si è trattato di una trattativa “a corpo” su un insieme di
terreni necessari per lo sviluppo dell’iniziativa e, come in ogni trattativa che prevede uno sviluppo imprenditoriale nell’area interessata, il prezzo è stato fissato su parametri diversi da quello del semplice valore da terreno incolto. Il prezzo per mq. pagato ai proprietari è omogeneo per tutti e in proporzione all’estensione del bene.

Al punto 20 del contratto preliminare di compravendita stipulato tra le parti (Fassa-Pecorino) viene convenuto un accordo societario che prevede la cessione da parte dell’azienda trevigiana, a prezzo pari al sol costo di estrazione per l’intera durata dell’attività estrattiva, del materiale non utilizzato (misto di cava) alla famiglia Pecorino e suoi eredi.

Il punto 20 del contratto preliminare – contratto in cui sono parti tutti i venditori e non il solo Pecorino Giuseppe cl.1941 - non esiste più, cassato come da scritture notarili del 09/12/2020 e come da espressa prescrizione dell’Assessorato Regionale per l’energia e i servizi di p.u. Ci pregiamo di aggiungere un particolare non irrilevante: fra i venditori, quello che certamente non avrebbe potuto fruire della clausola di cui all’art.20 era proprio il Pecorino Giuseppe cl.1941, in quanto era condizione riservata a chi fra i venditori fosse titolare di azienda agricola ed il suddetto non lo era.
Per essere più comprensibili, si specifica che si sarebbe trattato di piccole quantità di materiale di risulta della cava - non utilizzabile per le nostre produzioni - che TUTTI gli ex proprietari aventi
titolo avrebbero potuto richiedere, se e quando disponibile, pagando il costo di estrazione. Il materiale in oggetto sarebbe stato materiale misto a pietrisco grezzo utilizzabile solo come sottofondo o per la manutenzione stradale delle aziende agricole. Sommessamente segnaliamo che il valore totale del materiale in oggetto era stato valutato – complessivamente - in circa 1.950,00 euro/anno (millenovecentocinquanta,00).

Perché l’iter autorizzativo è stato fatto quando ancora il citato Giuseppe Pecorino era tra i proprietari dei terreni e quindi quale contitolare e colegittimatario dell’iter stesso?
Il Pecorino Giuseppe, seppur proprietario di una porzione del giacimento, se si comprende bene la domanda, non ha avuto alcuna legittimazione né parte in nessuno dei procedimenti amministrativi,
afferenti esclusivamente la Fassa srl. L’iter autorizzativo dura anni, è complesso e non ha un esito certo a priori. E’ perciò prassi (e pienamente legittimo), come in qualsiasi iniziativa imprenditoriale che preveda l’acquisto di proprietà di qualsiasi natura finalizzate alla realizzazione di un progetto dall’iter lungo e complesso, stipulare un contratto preliminare condizionato, che obbliga i venditori e l’acquirente a concludere l’atto di vendita condizionandolo alla effettiva possibilità di realizzare quanto progettato. Come detto prima, al verificarsi della condizione prevista è seguito il regolare atto di acquisto con tutti i venditori.

Ci risulta che con l’ex assessore Pierobon avevate già pregresse conoscenze e avete avuto contatti in merito. Per quale motivo?
Non avevamo alcuna pregressa conoscenza né abbiamo mai avuto alcun contatto con l’ex assessore Pierobon. Lo studio dello sviluppo del progetto è iniziato nel 2013, la prima autorizzazione è stata ottenuta nel 2014, l’istanza per l’autorizzazione della Cava è stata presentata il 08/07/2016. L’assessore Pierobon è stato nominato nel febbraio 2018, quando l’iter della pratica era già praticamente concluso.

Ci risulta che avete dato comunicazione di inizio attività a febbraio 2021. Siete dunque già operativi nonostante la sovraintendenza avesse vietato l’uso di cariche esplosive?
L’utilizzo o meno delle cariche esplosive ha una valenza importante ma non vincolante rispetto alle attività estrattive. Stiamo attivando l’operatività per la recinzione dell’area di cava, così come previsto ed imposto dalla vigente normativa di settore. Stiamo provvedendo inoltre ad effettuare gli studi preliminari non invasivi, come prescritti dalla Soprintendenza BB.CC..AA. di Enna, finalizzati ad individuare eventuali emergenze archeologiche su tutta l’area, anche se non vincolata archeologicamente.

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