La maggioranza di centrodestra vuole mettere mano alla legge 180 ma il ddl è criticato dall’opposizione: introduce i manicomietti, strutture residenziali o semiresidenziali; aumenta da 7 a 15 giorni la durata massima dei Tso; codifica la contenzione meccanica delle persone. La legge Basaglia viene stravolta. Il ddl dice che i malati mentali sono pericolosi, inguaribili e incomprensibili. Ma è un cittadino come noi, coi nostri stessi diritti. Se è curato non porta pericoli alla società
Il 4 giugno, in un articolo pubblicato su questo giornale dal titolo: “La controriforma dei manicomi: le mani della destra sulla Legge Basaglia”, il senatore del Pd Filippo Sensi ha lanciato un allarme. Ha spiegato: «La maggioranza di centrodestra mi pare determinata a compiere gravi passi indietro anche sulla salute mentale, mettendo mano alla legge Basaglia. La commissione Affari Sociali del Senato, infatti, ha deciso di assumere come testo base per la riforma il ddl firmato dal presidente di FdI, Francesco Zaffini, una proposta che riteniamo sbagliata per tre motivi: introduce quelli che abbiamo definito 'manicomietti', strutture residenziali o semiresidenziali ridotte pensate per le persone affette da problemi mentali; aumenta da 7 a 15 giorni la durata massima dei Tso; codifica la contenzione meccanica delle persone". Questi “tre punti sono molto pericolosi perché tornano a criminalizzare i pazienti e a umiliarli nella loro umanità.”
“Cerchiamo di non essere ipocriti: il dd Zattini fotografa esattamente quello che succede sul campo in psichiatria”, afferma il dottor Santo Rullo, psichiatra responsabile della Comunità Villa Letizia, a Roma. “ll Tso è già quasi sempre di almeno 15 giorni. La contenzione fisica e farmacologica non dovrebbe esistere ma si usa in tanti ospedali, anche sui minori. Io nelle mie comunità non la adotto ma se vuoi fare così devi volerlo e avere operatori formati e in numero sufficiente. E i manicomietti, che non sono manicomietti ma residenze protette e comunità, esistono dal 1992, e servirebbero più strutture sul territorio, pubbliche soprattutto, ma con quali soldi le fai?”
Una legge trascurata e tradita
Come la mettiamo? Innanzitutto, è una cosa buona che qualcuno si sia finalmente deciso a mettere mano alla legge Basaglia che, approvata nel lontano 1978, col passare degli anni è stata a poco a poco dimenticata, trascurata e spesso tradita anche da una parte della psichiatria e della politica italiana che l’ha sempre vissuta con fastidio. Magari in questi quarant’anni avrebbe potuto pensarci prima la sinistra, ma non lo ha fatto.
La legge n. 180 del maggio 1978 – ispirata dallo psichiatra Franco Basaglia – era una legge di due sole paginette, ma rivoluzionaria. Si apriva così: «Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari». Con questa semplice frase la legge 180 per prima al mondo abolì i manicomi, cioè gli ospedali psichiatrici in cui venivano rinchiusi contro la loro volontà gli individui con disturbi mentali, e restituì loro il diritto di cittadinanza.
Nel 1978 in Italia c’erano 98 ospedali psichiatrici che ospitavano più di 89mila persone, ed erano regolati dalla legge Giolitti n 16 del 1904. Il primo articolo diceva: «Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri e riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi».
Chiunque poteva segnalare la presunta pericolosità di un individuo, che – adulto o adolescente che fosse – veniva internato in maniera coatta in manicomio spesso per il resto della sua vita, e segnalato al casellario giudiziario. Nei manicomi – vere e proprie carceri con le sbarre alle finestre, fredde e sovraffollate – gli internati erano tenuti in condizioni di scarsa igiene e malnutrizione, subivano trattamenti con le camicie di forza e l’elettroshock, che li sedavano e rendevano passivi. La legge 180, invece, ha dimostrato che la libertà è terapeutica: i matti si potevano curare, e ha restituito loro l’umanità.
I cardini della legge
Poi, la legge Basaglia stabiliva che solo in rari casi si può agire contro la volontà di un individuo. «Possono essere disposti dall'autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione».
Le cure «vengono prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra ospedaliere». I Tso sono proposti da un medico, esaminati da un giudice e approvati dal sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria, e possono venire prorogati 7 giorni alla volta.
Infine, la legge Basaglia stabiliva che negli ospedali pubblici devono essere istituiti reparti di psichiatria «che non devono essere dotati di un numero di posti letto superiore a 15», mentre «gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presìdi psichiatrici extra ospedalieri».
Formalmente la legge 180 ebbe una vita molto breve, dato che pochi mesi dopo fu sostituita dalla legge numero 833 del 23 dicembre 1978, che istituì il Servizio Sanitario Nazionale. La legge 833 creò i Centri di Salute Mentale (Csm), presidi sul territorio dove chi soffre di un disturbo mentale trova psichiatri, psicologi, e operatori che gli offrono l’assistenza primaria e lo indirizzano verso i servizi a lui più adeguati: le strutture semi-residenziali o le residenze terapeutiche e socio-riabilitative, oppure i day hospital e i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, cioè i reparti di psichiatria degli ospedali.
Ci sono voluti vent’anni per vedere attuata questa riforma: a metà anni 90 i capillari servizi finalmente istituiti sul territorio portarono alla riduzione dei ricoveri ospedalieri, ma poi le cose hanno cominciato a peggiorare.
Nel 1992 il Governo Amato Psi-Dc varò la legge n.421, che creò le Aziende Sanitarie Locali, le quali essendo aziende dovevano stare attente alle spese; e poi il dl n.502, che introdusse le strutture private accreditate, in base alla quale ogni regione può accreditare cliniche proprietà di privati nelle quali i cittadini possono curarsi, lo Stato paga il tuo ricovero e il privato incassa. Ma così la sanità pubblica ha avuto sempre meno soldi.
Negli ultimi quindici anni, poi, i governi di destra e di sinistra hanno operato una serie di tagli che hanno sottratto al SSN oltre 37 miliardi di euro. Secondo il Progetto Obiettivo “Tutela Salute Mentale 1998-2000”, per fare funzionare correttamente i Dipartimenti di Salute Mentale (Dsm) servirebbe un operatore ogni 1500 abitanti, cioè 67 ogni 100.000. Invece, ora ne sono in servizio 28.807 (57,4 per 100.000), di cui 25.754 dipendenti a tempo pieno, 1789 part-time e 1264 nel privato convenzionato.
Ne mancano almeno 4.600, ma per funzionare bene servirebbe oltre il 40 per cento in più di forza lavoro. Poi, alla Salute Mentale spetterebbe il 5% del fondo del SSN, ma ne viene destinato solo il 2,9. Risultato: i Dsm, i day hospital e i reparti di psichiatria degli ospedali pubblici funzionano male perché mancano psichiatri, psicologi e infermieri, e quei pochi sono sottopagati e devono lavorare troppo.
La filosofia stravolta
E allora cosa accade? Che una giovane che soffre di anoressia o un giovane che sta avendo una crisi maniacale violenta vengono ricoverati in un reparto psichiatrico di un ospedale pubblico, dove pochi psichiatri e infermieri sottopagati si dannano per curarli al meglio, e se necessario – o perché non ce la fanno a badare tutti – li sottopongono a contenzione meccanica (cioè li legano al letto) o farmacologica (cioè li sedano), una pratica che non viene considerata un atto terapeutico e quindi si può fare anche contro la volontà del paziente; poi, dopo qualche settimana, risolta la acuzie lo rispediscono a casa: ma le loro patologie richiedono cure che possono durare da pochi mesi ad alcuni anni, e allora se sono fortunati si rivolgono al Csm del loro comune, che spesso non ha personale a sufficienza e liste d’attesa lunghe mesi.
Oppure, vengono spediti in una delle comunità di cura o riabilitazione psichiatrica, che sono troppo poche (per fare un esempio in Italia su 3 milioni di giovani che soffrono di disturbi alimentari i posti disponibili in comunità sono circa un migliaio) perché la sanità pubblica non ha fondi né personale per costruirle, e quindi sono praticamente tutte in mano ai privati; ma anche in queste cliniche private, dato l’enormità della domanda, le liste d’attesa sono lunghe mesi o anni, talora il personale medico per risparmiare sui costi è insufficiente, e quindi anche qui talvolta si ricorre alla contenzione meccanica o farmacologica.
E allora dov’è il problema? «Il problema è che questo disegno di legge dice di non volerla cambiare ma in realtà subdolamente stravolge la filosofia della legge 180, la ribalta», dice Peppe Dell’Acqua, psichiatra e storico braccio destro di Franco Basaglia all’ospedale psichiatrico di Trieste.
«Questo ddl in ogni comma mette l’accento sulla pericolosità del malato di mente. Legga qua: ‘Articolo 1. La presente legge ha l’obiettivo di valorizzare l’attività di prevenzione, cura e riabilitazione nell’ambito della salute mentale garantendo al contempo la sicurezza e l’incolumità dei professionisti operanti presso i servizi per la salute mentale… limitando le forme coercitive alle effettive esigenze di cura del paziente con la massima attenzione alla sua incolumità fisica e quella dei suoi familiari e degli operatori. Parla ossessivamente di sicurezza. Questa legge per prima cosa ci dice che i malati mentali sono pericolosi, inguaribili e incomprensibili. Sottolinea che dal malato mentale dobbiamo difenderci. Autorizza e regolamenta la contenzione del paziente. Invece, tutte le ricerche ci dicono che il malato mentale non commette più crimini dei comuni cittadini, anzi è più probabile che cada vittima di violenze o si suicidi. È un cambiamento radicale di paradigma: noi nella legge 180 in nessun punto avevamo parlato della pericolosità del malato mentale perché il malato mentale è un cittadino come noi, coi nostri stessi diritti, che se curato non offre nessun pericolo alla società».
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