Venerdì 6 giugno sarà una delle protagoniste del Golden Gala Pietro Mennea allo stadio Olimpico. Un ritorno speciale a un anno esatto dalla doppietta degli Europei con il presidente Mattarella in tribuna ad applaudirla. La svolta ai Giochi olimpici, lo studio per la laurea, le sue case. «Sono pragmatica, legata ai numeri, alla matematica e alla fisica. Il nero è nero, il bianco è bianco. Ho una vena creativa nell’architettura, un edificio deve procurare beneficio a chi lo vive»
Le tante case di Nadia Battocletti. Quella del cuore a Cavareno, 1100 abitanti in provincia di Trento, dove è cresciuta con papà Giuliano, ex mezzofondista e suo allenatore, e con mamma Jawhara Saddougui, ex ottocentista marocchina, un matrimonio finito però dieci anni fa. «Amo follemente il mio paese, ci conosciamo tutti, sono i miei tifosi più accaniti. È il mio angolo di Paradiso immerso tra i prati e i boschi della Val di Non».
C’è la casa della maturità a Trento, dove si è trasferita perché il corso universitario di cinque anni in Ingegneria Edile e Architettura ha l’obbligo della frequenza obbligatoria. Alla laurea manca solo un esame. «Devo completare una relazione in idraulica e poi l’ultimo esame di Geotecnica. Molti mi dicono: fai sembrare tutto facile, ma come ci riesci? Chiarisco subito, non è facile no. Il merito è dello sport, fin da piccola ho sempre praticato diverse discipline mentre ovviamente andavo a scuola. Con gli anni è aumentato il carico di impegno, su entrambi i fronti, ma è rimasta questa mia abitudine a sapermi organizzare. Dipende sempre da quali ambizioni si hanno, ci vuole anche molta testardaggine».
È più ambiziosa o testarda?
Sono più determinata. Sono pure fortunata perché ho un gruppo di lavoro di cui mi fido, dal fisioterapista all’osteopata, dal nutrizionista alla psicologa. Con papà come allenatore, a coordinare tutto.
Sono numerose le collaborazioni tecniche tra genitori e figli. Ci sono le eccezioni orribili, come il recente caso del padre-padrone dei fratelli Ingebrigtsen. Ci sono le incomprensioni, come quelle svelate da Gianmarco Tamberi. Come descrive il legame con papà Giuliano?
Ci intendiamo su tutto. Il mio papi è un uomo molto dolce, nonostante possa sembrare un orso perché è molto riservato. Lo reputo uno dei migliori specialisti, ha la duttilità di calibrare il lavoro a seconda delle diverse gare e dei periodi. Se mi vede un po’ più stanca, perché ho passato tutto il giorno in Università, è il primo a dirmi: Nadia, oggi è meglio se spingi meno. Se invece devo fare un allenamento più pesante riesce motivarmi. In pista io voglio correre forte, lui vuole farmi correre forte, vogliamo dare il 100% di noi stessi.
E la complicità con mamma Jawhara?
Mamma è la migliore in assoluto, in tutto ciò che fa. Prendo come esempio la sua grande tenacia. Ridiamo molto, siamo molto scherzose. Grazie a lei ho iniziato a frequentare i cantieri. Con il suo socio si occupa di prefabbricati. Lei è responsabile della contabilità, dei contratti, gestisce l’arrivo delle gru, le spedizioni delle merci.
Le visite nei cantieri le torneranno utili per il futuro. Si sente più ingegnera o più architetta?
Ho un’indole da ingegnera. Sono pragmatica, legata ai numeri, alla matematica e alla fisica. Per me ciò che è nero è nero e ciò che è bianco è bianco. Però ho una vena creativa nell’architettura, credo che un edificio non debba essere esclusivamente un contenitore, ma procurare beneficio a chi lo vive. Al futuro adesso non penso. Intendiamoci, ho studiato tanto e non è stato semplice, metterò tutto in pratica tra qualche anno, ma per un bel po’ spero di fare ancora l’atleta.
C’è poi la casa in Marocco, a Taourirt, piena di sorrisi e di persone.
Da piccola ci ho trascorso tutte le estati con mia madre, perché papà era impegnato nei ritiri. Ricordi bellissimi, il senso di una famiglia numerosa, mia mamma ha dieci fratelli. La scorsa settimana gareggiavo a Rabat, in Diamond League, sono tutti venuti a salutarmi.
Completiamo l’elenco delle sue case. Ne ha una romana molto spaziosa e pure rumorosa, l’Olimpico. Venerdì prossimo, 6 giugno, tornerà in pista al Golden Gala Pietro Mennea. Un ritorno speciale a un anno esatto dalla doppietta degli Europei con il presidente Mattarella in tribuna ad applaudirla. Si era così divertito, anche per merito suo, che è poi tornato il giorno successivo da spettatore, infrangendo il protocollo del Quirinale.
Avevo vinto l’oro nei 5.000 nella prima serata degli Europei, ma lui non c’era. Mi ricordo che prima della gara dei 10.000, durante il riscaldamento, mi dicono: il presidente è presente all’Olimpico. Vinco il mio secondo oro e mi accompagnano su in tribuna: c’è Mattarella che vuole stringerti la mano. È stato emozionante. Noi atleti lo sentiamo molto vicino, per la sua sensibilità e anche per la sua competenza nello sport.
All’Olimpico lei ci è ritornata il 30 agosto 2024. I Giochi di Parigi erano finiti da tre settimane, negli occhi tutti avevano ancora il suo strepitoso argento conquistato nei 10.000. Appena si affaccia in pista lo stadio esplode in un boato. Una ovazione simile io non l’avevo sentita per nessuno nell’atletica.
Quel boato esagerato mi ha impressionato, da brividi. Mi emoziona il pensiero di tornare su quella pista venerdì prossimo. Mi fa bene al cuore sentire dire che l’Olimpico è anche un po’ mio.
Al Golden Gala correrà i 5.000 metri con la primatista mondiale della distanza, l’etiope Tsegay. E con la fuoriclasse keniota Beatrice Chebet. Insieme avete appena dato spettacolo nei 3.000 a Rabat in Diamond League. Lei è arrivata seconda con il nuovo primato italiano (8:26.27). Quando ha realmente capito di poter rivaleggiare con le più grandi?
I Giochi di Tokyo hanno fatto scattare un clic di fiducia. Quel settimo posto del 2021 nei 5.000 è stato l’inizio di tutto. Mi ha pure aiutato, perché ho iniziato ad ampliare lo staff, sono arrivati gli sponsor, è aumentata la mia visibilità. Agli Europei di Roma mi sono detta: ok, le qualità ci sono ma devi lavorare sodo perché nulla ti viene regalato. Come ripete mio padre, il talento serve ma non è sufficiente. Poi ovvio, la gara che mi ha sconvolto la vita è quella dell’argento olimpico di Parigi.
A Parigi ha scoccato la freccia definitiva, li ha fatti innamorare tutti. Il suo fidanzato Gianluca deve condividerla con l’amore che l’Italia intera ha per lei.
Lui è super felice per me. È un ex discesista, lavora come revisore contabile a Bolzano. Un’amica comune ci ha presentato nel periodo in cui lui studiava Economia a Trento. Da tre anni siamo insieme, mi supporta, capisce le esigenze di una fidanzata che corre in media tra i 90 e i 100 chilometri alla settimana.
L’ affetto enorme di tante persone ha controindicazioni? Rischia di soffocarla?
No, perché mi rendo conto di quanto lo sport sia importante, di come arrivi al cuore. Sono sommersa da disegni fatti da bimbi. Le maestre mi scrivono: nel tema in classe oggi tutti hanno scelto di raccontare la storia della Battocletti. Uno degli ultimi episodi che mi ha emozionato? Ero in panetteria, mi ferma una signora anziana con la figlia e mi dice: più che la tua gara a me piace restare incollata alla televisione finché non ti intervistano, perché quando parli tu insegni a tutti cosa voglia dire vivere. Quando una persona anziana, che ha vissuto mille esperienze più di te, ti dice una cosa del genere, pensi: mamma mia.
Vittorie, medaglie e record in versione multitasking tra gare in pista e su strada. Regina d’Europa incontrastata anche nel fango del cross.
Le gare di cross mi divertono tanto. Però la pista è più stimolante.
È interessata alle sfide ambientali. Non a caso è testimonial del progetto di sostenibilità del Golden Gala 2025.
È un tema molto importante per me. Sono argomenti che sto proprio studiando, li approfondisco dal di dentro, nello specifico, come laureanda in Ingegneria e Architettura. Il mondo dell’atletica è impegnato a garantire che i suoi eventi siano pienamente allineati ai principi di sostenibilità. Essere testimonial di ciò è un onore ma ancor più un dovere.
Abbiamo parlato di tante case. Ma il posto del cuore di Nadia Battocletti qual è?
Qualsiasi ristorante. Sono una buona forchetta. Mi rilasso anche ai fornelli, adoro cucinare i risotti. Con Gianluca ci sbizzarriamo nella pasta fatta in casa, quella a base di farina e mirtilli ci viene strabene. Diciamo che adoro mangiare ma soprattutto stare a tavola come occasione di ritrovo, in famiglia. Più siamo meglio è. Una tavolata numerosa è il mio benessere. Sa come la chiamo io? La mia pausetta dopo le fatiche.
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