La ‘ndrangheta emiliana si rigenera, come un virus. Conquista nuovi feudi, come Modena. Le nuove leve hanno preso il posto dei padrini in carcere. I milioni sporchi in circolazione sono ancora troppi e continuano a inquinare l’economia locale.

Ma nell’ultima inchiesta contro la ‘ndrangheta in Emilia c’è un fatto inedito, mai emerso prima nelle numerose indagini sui clan della mafia emiliana, sconquassata da centinaia di arresti negli ultimi cinque anni ma ancora viva e rapida a rigenerarsi.

Il fatto nuovo è la resistenza opposta da un sindaco ai progetti milionari delle cosche: Giancarlo Muzzarelli, primo cittadino del partito democratico di Modena, ha infatti denunciato le opacità che aveva notato sullo sfondo di un mega investimento in una sala slot da realizzare lungo la via Emilia. 

Una novità in un territorio che ha vissuto nell’ultimo decennio storie di collusione tra mafia e politica, con un consiglio comunale, Brescello in provincia di Reggio Emilia, sciolto per infiltrazioni mafiose, politici sotto processo, alcuni assolti, altri prescritti per corruzione elettorale, altri ancora che aspettano di essere giudicati. 

Modena nuovo feudo

Tutte vicende che nascono dalla più grande inchiesta contro la ‘ndrangheta al nord realizzata finora: nome in codice Aemilia, coordinata dalla procura antimafia di Bologna, quando procuratore era Roberto Alfonso. I magistrati che hanno iniziato la guerra al potere mafioso nella regione non si sono fermati e proseguono nel contrasto. 

L’ultima inchiesta non a caso è opera di Beatrice Ronchi, pm dell’antimafia bolognese, che ha portato a processo i grandi capi della ‘ndrangheta emiliana e che ha fatto condannare a vent’anni persino l’ormai ex presidente del consiglio comunale di Piacenza, partito Fratelli d’Italia. 

L’operazione condotta dai carabinieri di Modena e dalla squadra Mobile di Reggio Emilia ha svelato la nuova strategia del clan azzoppato dagli arresti e dai sequestri degli anni scorsi ma comunque ancora duro a morire. Tanto che dopo le bufere giudiziarie che lo hanno travolto si è rialzato sui piedi delle nuove leve rimaste fuori dal carcere e ha espanso il proprio raggio di azione, conquistando Modena, città storicamente controllata dalla camorra originaria del Casertano, quella raccontata da Roberto Saviano in Gomorra, per intenderci. 

Dalla roccaforte Reggio Emilia-Parma-Piacenza, dunque, l’organizzazione capeggiata dal gruppo che fa riferimento allo storico capo dei capi Nicolino Grande Aracri ha spostato il baricentro degli affari e delle relazioni nel Modenese, colmando un vuoto lasciato da una camorra indebolita o solo meno visibile. 

Il gioco svelato dal sindaco

La ‘ndrangheta emiliana ha mantenuto rapporti con camorristi, soprattutto per quanto riguarda il settore del gioco d’azzardo legale: le video slot e i giochi online sono l’ambito in cui si muovono gli imprenditori che riciclano il denaro delle cosche. Anche a Modena, da tempo. 

Ed è proprio attorno al business del gioco legale che prende forma il progetto d’investimento bloccato dall’intransigenza del sindaco di Modena, Muzzarelli. 

Ecco cosa scrivono gli inquirenti nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto di sette persone, più due ai domiciliari e una interdizione: «Il responso non era positivo, per la manifesta opposizione politica, riscontrata presso il Comune di Modena alla realizzazione del progetto». Quale responso attendevano gli i mediatori mandati avanti dai padrini della ‘ndrangheta? La risposta sull’autorizzazione a realizzare una mega sala slot. 

Per farlo uno degli intermediari, la faccia pulita e insospettabile, aveva avvicinato un’amico del sindaco, che però ha riferito subito al primo cittadino «di essere stato contattato da personaggi poco raccomandabili interessati a dipanare controversie burocratico amministrative, riguardanti l'apertura di una Sala Slot a Modena».
I mediatori vicini ai boss erano sicuri a tal punto di riuscire a condizionare l’amministrazione che uno di loro intercettato dice: «Ho trovato un carissimo amico del Sindaco di Modena ... carissimo perché gli ha fatto un favore di quelli ehh (..) enormi!... la riunione avrà una ... avrà un taglio in cui ... sarà suggerito ai due come fare per saltare fuori dalle situazioni». In pratica convinti di aver agganciato la persona giusta davano per scontato l'esito della riunione tecnica che avrebbe dato il via alla sala slot. Non sarà così. Proprio per la denuncia di Muzzarelli. 

É il classico metodo dei clan, corteggiare chi amministra e proporre l’affare sporco. Molto spesso funziona, non in questo caso però. Muzzarelli si rivolge, subito dopo avere appreso la notizia dal suo amico, al comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Modena e denuncia il fatto. Negli atti si legge: «Il sindaco precisava che il suo conoscente era stato successivamente avvicinato da tale Raffaele, il quale gli aveva espressamente richiesto di intercedere col Sindaco, quanto meno per ottenere un incontro e cercare di risolvere la questione». 

L’indagine era in corso, la segnalazione del politico ha permesso di confermare la strategia messa in atto dalle cosche. E così il piano della ‘ndrangheta di ammorbidimento dell’amministrazione comunale è stato «bruscamente interrotto dal primo cittadino modenese con l'intervento dei Carabinieri».

Un caso raro

Contattato da Domani, Muzzarelli preferisce il basso profilo, non si lascia andare a toni trionfalistici, i meriti li condivide con la sua squadra, che «ha fatto un ottimo lavoro», poi spiega che «comunque resta molto difficile per chi amministra un territorio capire che interessi ci sono in ballo quando a presentarsi sono insospettabili imprenditori. In questo caso però l’intuizione e il dialogo tra le istituzioni ha funzionato». 

C’è poi un altro elemento, ossia che l’opposizione di Muzzarelli è un gesto raro, purtroppo. Quante volte la politica, anche in Emilia, ha ceduto troppo rapidamente alle richieste velate e non di gruppi di pressione che facevano capo alla ‘ndrangheta emiliana? 

Di certo la politica dovrebbe ripartire da azioni concrete, come quella del sindaco di Modena. Solo così è possibile lasciarsi alle spalle i tempi bui, che hanno visto Brescello, il paese di Peppone e don Camillo diventato roccaforte della ’ndrangheta, sciolto per mafia quando ad amministrarlo c’era un giunta del Pd. 

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