Dalle stoccate in pedana al potere della comunicazione. A 45 anni Margherita Granbassi è sempre in movimento, curiosa, solare, a tratti buffa, donna dal grande temperamento. Campionessa orgogliosa tra tante difficoltà, telecronista appassionata, conduttrice televisiva che ama la divulgazione. Dal 2022 è uno dei volti di Linea Verde, trasmissione RAI che da 44 anni racconta l’Italia.

La novità di quest’anno è la conduzione in coppia con Flavio Montrucchio di Linea Verde Estate (ogni domenica ore 12:20, Rai1). Ha un ruolo più da protagonista.

Sicuramente ho maggiore responsabilità come conduttrice, ma i veri protagonisti sono i nostri ospiti e i paesi che visitiamo. La mia volontà è rendere omaggio alle bellezze dell’Italia ma soprattutto alle persone che incontriamo. Sono uomini e donne che lavorano, che faticano, che tramandano. Famiglie che toccano la terra da generazioni, giovani che si impegnano a non andare via dal loro paese per evitare lo spopolamento. Vogliamo far conoscere tutte queste realtà, con le loro eccellenze agricole, enogastronomiche, culturali.

Da bambina sognava di diventare una giornalista. Nonno Mario era capocronista del quotidiano Il Piccolo e conduttore radiofonico di trasmissioni per ragazzi.

Nonno è stato un pioniere della radio, è morto al fronte nel 1939 durante la Guerra di Spagna, quando mio padre Gianfranco aveva appena due anni. Proprio papà custodisce gelosamente le lettere dei suoi piccoli ammiratori, i bimbi mandavano le soluzioni all’enigma che lui lanciava nelle puntate de Il Disegno Radiofonico. Aveva anche fondato una rivista Mastro Remo, che era il suo pseudonimo, con fumetti, storie, e nelle pagine sportive c’era un gioco di pronostici, bisognava indovinare con 1 X 2 i risultati delle partite di calcio.

Margherita Granbassi conduce Linea Verde Estate - FOTO ASSUNTA SERVELLO/UFFICIO STAMPA RAI

Questa è una notizia, negli anni Trenta nonno Granbassi ha ideato una schedina ante litteram che forse ha ispirato il Totocalcio, istituito nel 1946.

Quei cimeli di nonno sono preziosi eh? Poi mio padre ha aperto la prima agenzia pubblicitaria a Trieste. Diciamo che la comunicazione fa parte del DNA Granbassi. Da atleta scrutavo il mondo dei media, osservavo il backstage quando mi intervistavano, volevo capire il dietro le quinte quando lavoravo con gli sponsor. Non sono diventata giornalista ma grazie allo sport ho incontrato il lavoro del futuro.

È diventata un personaggio televisivo nonostante la sua grande timidezza.

Sono brava a mascherarla, ma forse nemmeno troppo, a volte incontro qualcuno che mi dice: mi piace quando ti intimidisci davanti alle telecamere. Porto la mia esperienza di donna che è caduta e si è rialzata tante volte. In certe cose sono riuscita ad essere molto razionale, molto decisa, come nello sport, altre volte invece sono stata inconcludente nella vita, per insicurezza, per poco coraggio.

Una grande campionessa, dall’oro ai Mondiali 2006 al bronzo delle Olimpiadi di Pechino 2008: sono solo alcuni titoli individuali. Eppure, ha vinto molto meno di quanto avrebbe potuto, condizionata da una serie impressionante di infortuni. Sette operazioni al ginocchio e una alla mano destra, quella con cui tirava.

Sono stata condizionata da tanti problemi fisici, sin dal primo infortunio al crociato nel 2001, devastante perché mancava una settimana ai Mondiali di Nimes, sono rimasta ferma sette mesi. I ricordi negativi sono legati alla parte medica, ho sempre avuto recuperi assai complicati. Ho dovuto modificare la mia scherma che era molto fisica, esplosiva. Il mio ginocchio non è mai tornato più come prima.

Ogni volta c’era chi diceva: da questo nuovo infortunio Margherita Granbassi non recupera più. Ma lei, seppur con grande fatica, tornava a gareggiare.

Era il mio grande amore per la maglia della nazionale. Sa qual è stato il motore della mia carriera? L’enorme dispiacere delle Olimpiadi del 2004. Mi ero qualificata in extremis ma una volta ad Atene i miei assalti sono stati deludenti: “Margherita ti sei accontentata, non hai dato il tutto per tutto, una sensazione così non devi più provarla in vita tua”. Avevo anche il rammarico di non poter lottare per una medaglia di squadra perché nel 2004 avevano escluso dai Giochi la prova a squadre del fioretto femminile. Quella è stata la spinta per gli anni a venire.

Nel 2006 a Torino il titolo di campionessa del Mondo, batte in finale Valentina Vezzali. Diventa “il sorriso d’oro del fioretto” .

Quella del 2006 è stata la prima tripletta italiana nella storia del fioretto. Il mio oro, l’argento di Vezzali e il bronzo di Trillini. Tutti gli assalti li avevo vinti per una sola stoccata, mi presento in finale con un sorriso esagerato: adesso me la gioco e mi diverto. Avevo fatto un salto di qualità grazie a un mental coach, avevo acquisto la capacità di concentrarmi, di canalizzare l’aggressività, di avere pazienza.

La gioia di Margherita Granbassi e la delusione di Valentina Vezzani al termine della finale mondiale di fioretto nel 2006 - FOTO ANSA

La forte antipatia tra Vezzali e Di Francisca è ben nota, ma in generale quello della scherma è un mondo di amiche o di nemiche?

Con Valentina non ci sentiamo, ciò non toglie che lei sia stata una super campionessa. Io ho avuto esempi fantastici come Bianchedi, Zalaffi, Trillini. L’altro giorno mi ha scritto Francesca Bortolozzi. Sono rimasta amica di molte persone, tutte quelle che hanno saputo abbandonare la competizione una volta che si sono spente le luci della pedana.

Il ritiro a 34 anni, dopo l’ennesimo infortunio.

Il mio grande sogno era Londra 2012. Dopo i due bronzi di Pechino mi sembrava una beffa non aver vinto l’oro olimpico. Ma la cartilagine non c’era più, avevo dolori lancinanti. Mi dicono: o ti ritiri o ti sottoponi a un intervento che però ha una bassa casistica di riuscita. Mi opero a Bologna nel 2010, il recupero è durato più di due anni. Nel 2014 ho detto basta.

Margherita Granbassi campionessa mondiale di fioretto nel 2006 - FOTO EPA

Si sente in credito?

Mi sento in pace. Quei tanti infortuni mi hanno permesso di conoscermi, di capire che sono una persona dal carattere forte.

Gli occhi le brillano.

Ho il rammarico di non aver chiuso la mia grande storia d’amore come avrei voluto. Per tanti anni ho tenuto la scherma a distanza, anche per trovare una mia identità. Quando ho iniziato a fare le telecronache avevo paura di provare un effetto nostalgia. A mia figlia Leonor non ho mai mostrato una mia gara. Recentemente volevo rendere partecipe del mio vissuto il mio compagno Marco, ci mettiamo sul divano a vedere il video del bronzo olimpico di Pechino. Dietro la porta mia figlia guardava di nascosto.

Leonor ha 10 anni, ha appena iniziato a fare scherma

Me lo ha chiesto lei. E io mi sono emozionata. La vedo contenta, io cerco di restare un passo indietro, sono una mamma presente ma solo quando lei me lo chiede. Lo sport rende le donne emancipate, indipendenti.

In Italia le dirigenti sportive sono ancora poche però. Nonostante il momento storico con l’elezione della prima donna presidente del CIO, Kirsty Coventry

Siamo meno legate alle lotte delle poltrone. E poi, a livello di base, è soprattutto un mondo di volontariato, per una donna è difficile conciliare il tempo con gli impegni familiari e di lavoro. Le cose però hanno iniziato a cambiare quando sono diventate dirigenti le atlete di alto livello. Lo sport ti arricchisce con tantissime capacità e competenze, ma quando poi smetti devi essere umile, non considerare che tutto ti sia dovuto. In molti casi devi saper fare un passo indietro, studiare, imparare, ascoltare.

La carriera sportiva tra successi e sofferenze. Anche la carriera televisiva è iniziata superando le difficoltà. Nel 2008 Michele Santoro la chiama ad Anno Zero, i Carabinieri non le concedono l’autorizzazione e lei si congeda dall’Arma. Cossiga la definisce una carabiniera vestita da velina.

C’era il dispiacere di lasciare una divisa a cui tenevo. Mi sono trovata in mezzo alle polemiche del mondo politico, giudicata nel bene e nel male da chi non mi conosceva. Ero diventato un caso, mi ha fatto male. Ma è stata una ennesima lezione che mi è tornata utile.

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