Meloni non salva neppure la pastarella: cibo e vini italiani vittime di dazi e fake

Ci è voluto un altro bilaterale – stavolta non scozzese, ma newyorchese – tra Ursula von der Leyen e Donald Trump per avere novità sui dazi su fronti sui quali gli accordi c’erano già. Gli Usa avrebbero dovuto già da settimane portare i dazi sulle auto al 15 per cento, con data retroattiva dal 1º agosto; dopo l’incontro tra i leader, finalmente il registro federale statunitense dà il via a questa e altre disposizioni già concordate: rientrano nel tetto del 15 per cento i dazi per auto e componenti, figurano nel registro anche esenzioni per farmaci generici, aerei e componenti. Ma in tutto questo il vino – come altri prodotti di interesse italiano – resta nel limbo. La Commissione europea – anche ieri, con il portavoce Olof Gill – continua a garantire un impegno, ma i risultati restano in sospeso: «Stiamo lavorando per ottenere un’esenzione tariffaria per i vini e i distillati. Lo vuole il nostro settore e anche l’industria americana. Non ho una tempistica, ma rimane una priorità per noi». Pure sull’acciaio, per il quale gli Usa impongono dazi alle stelle, «le discussioni continuano» tra il commissario Ue al commercio e il suo omologo Usa: ennesimo incontro in agenda. Nel frattempo, a vincere suo malgrado la guerra dei dazi è l’Italian Sounding. Beni dagli evocativi nomi italiani ma che in realtà non provengono da qui. Bernd Lange: «Folle il patto con gli Usa. Pur di cambiarlo vado alla Corte di giustizia» Italian fregatura Stando alle previsioni formulate da The European House-Ambrosetti, i dazi di Trump potrebbero far lievitare il valore di questi prodotti del 15 per cento negli Stati Uniti, facendolo salire da 7,5 a 8,6 miliardi di euro e sfavorendo le esportazioni italiane, che a loro volta si ridurrebbero di 1,3 miliardi. Non è un caso che già a fine giugno l’app Authentico, dedicata alla tutela del vero made in Italy agroalimentare, abbia registrato un numero triplo di segnalazioni rispetto alla media abituale negli Stati Uniti, paese dove arrivano cibi e bevande italiane per un valore di 10,8 miliardi di euro e seconda destinazione dopo solo la Germania. Nel mondo il valore dei prodotti Italian Sounding sale addirittura a 69 miliardi, uno in più dell’export agroalimentare tricolore: sono diffusi soprattutto in Giappone e Brasile, dove più di 7 beni agroalimentari su 10 evocano il made in Italy ma solo il 30 per cento proviene davvero dall’Italia. A seguire ci sono i Paesi anglofoni, come Regno Unito e Stati Uniti, dove l’Italian Sounding rappresenta tra il 60 e il 67 per cento dei prodotti tipici italiani. Viaggiano invece poco sopra il 50 nei Paesi Bassi, in Cina e Australia. Sempre The European House-Ambrosetti segnala tra i prodotti più contraffatti – nell’ordine – ragù, parmigiano e grana, aceto balsamico, pesto, pizza, prosciutto, pasta di grano duro, prosecco e salame. Le imitazioni sono spesso più economiche rispetto agli originali: negli Usa, l’olio d’oliva contraffatto costa fino al 70 per cento in meno dell’originale, la pasta il 54 in meno, i salumi il 40. L’incognita dazi pesa sulla frutta. I mancati guadagni Usa ricadranno sull’Europa Aperitivo amaro Come ha evidenziato Coldiretti in un’analisi pubblicata a maggio sulla base dei dati del dipartimento dell’Agricoltura Usa, negli States vengono prodotti oltre duecento milioni di chili (203) di parmesan, 176 milioni di chili di provolone. A far la parte del leone è la mozzarella, con oltre due miliardi (2,17) di chili; la ricotta 110 milioni, il romano 27. L’osservatorio Coldiretti segnala che «negli ultimi dieci anni la produzione di parmesan, romano, provolone, ricotta, mozzarella e simili è aumentata del 22 per cento, raggiungendo già nel 2024 il valore massimo di sempre: 2,73 miliardi di chili». Le produzioni si trovano in gran parte in Wisconsin, California e New York. Oltre alle imitazioni di salumi e insaccati italiani non mancano i cloni dei più pregiati vini italiani. Uno di questi è il frizzante californiano Calsecco, il cui nome evoca il prosecco; lo produce un’azienda leader di settore, la Rack&Riddle, che lo pubblicizza così: «Realizzato secondo la tradizione veneziana». È solo l’ultimo caso di Italian Sounding: si aggiunge al Meer-secco, Kressecco, Semisecco, Consecco e Perisecco tedeschi, al Whitesecco austriaco, al Prosecco russo e al Crisecco della Moldavia. Il prosecco non è il solo a doversi preoccupare delle imitazioni. Colpito dai dazi sugli alcolici, anche l’aceto balsamico di Modena, inserito nel 2009 tra i prodotti tipici italiani, teme l’arrivo di cloni a causa delle tariffe trumpiane e lamenta l’assenza in Usa di protezioni per i prodotti di qualità. Dal mito di Charlie ai pasticcini: la domenica bestiale di Meloni L’Italian Sounding utilizza spesso nomi evocativi che storpiano le denominazioni di origine di famosi prodotti italiani: un esempio sono i vini Barollo, Montecino e Vinoncella, che ricordano rispettivamente Barolo, Montalcino e Valpolicella. Ci sono poi marchi dai nomi autenticamente italiani, come i formaggi Belgioioso e Progresso oppure le conserve di pomodoro Scalfani e Cento, che però vengono interamente prodotte negli Usa. Spesso, poi, si utilizzano traduzioni nella lingua locale, come nel caso del Parmesan, o termini che fanno parte del marchio protetto, come nel caso del Deutscher Balsamico. Non mancano riferimenti a modalità di preparazione «tradizionale» o a località italiane dalle quali però non provengono. Resta la differenza di gusto a orientarci.