il cimitero dell’informazione

Messico, il cimitero dei giornalisti dove non c’è mai un colpevole

A photographer places his camera next to plaque with the names of photojournalist Ruben Espinosa and four women murdered with him in an apartment of Mexico City in 2015, during the first anniversary of their deaths, Sunday, July 31, 2016. Espinosa, worked for the investigative magazine Proceso and other media in Mexican state of Veracruz at the time of the murder. (AP Photo/Marco Ugarte)
A photographer places his camera next to plaque with the names of photojournalist Ruben Espinosa and four women murdered with him in an apartment of Mexico City in 2015, during the first anniversary of their deaths, Sunday, July 31, 2016. Espinosa, worked for the investigative magazine Proceso and other media in Mexican state of Veracruz at the time of the murder. (AP Photo/Marco Ugarte)

Negli ultimi trenta giorni uccisi altri 4 cronisti. Sono 147 quelli assassinati negli ultimi vent’anni. Più di quanti ne siano caduti in Vietnam (66), durante tutta la Seconda guerra mondiale (68) o in Iraq (71). Stragi di mafia e stragi di stato che si confondono

  • Le inchieste sulle uccisioni di giornalisti in Messico si aprono e si chiudono velocemente, non ci sono mai testimoni, c'è un'inerzia degli apparati investigativi che sembra favorita dall'alto. 
  • Dopo ogni delitto c'è sempre qualcuno che tende a banalizzare, a sporcare la vittima, a depistare. L'ha fatto recentemente anche il portavoce del presidente Jesus Ramirez, prima il solenne proclama «che gli assassini verranno assicurati alla giustizia» e poi un velenoso tweet.
  • Il direttore del giornale online Monitor Armando Linares, dopo l’omicidio dell’editorialista Roberto Toledo, ha commentato: «Sappiamo da dove viene tutto questo».

Non c’è mai un colpevole per un giornalista che muore ammazzato in Messico. Mai. Sicari e mandanti restano sempre impuniti, ignoti. Li sequestrano di giorno per strada, di sera quando escono dalle redazioni, li abbattono con la pistola, li bruciano. O li fanno a pezzi a colpi d’ascia, con una sega elettrica, poi li avvolgono in teli di plastica e li sotterrano in fosse comuni. Cadaveri che non si trovano più. Negli ultimi vent’anni ne hanno uccisi 147. Più di quanti ne siano caduti in Vietnam

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