I finanzieri del comando provinciale di Messina hanno arrestato 16 soggetti, di cui 11 si trovano ora agli arresti domiciliari, promotori e membri di due gruppi criminali, con base a Messina, dediti al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di cittadini extracomunitari irregolari sul territorio italiano. Secondo gli investigatori, gli arrestati organizzavano matrimoni fittizi tra cittadini italiani e stranieri, di cittadinanza marocchina, algerina e tunisina, con lo scopo di conseguire la carta di soggiorno per motivi di famiglia, essenziale per l’ingresso e/o la permanenza in Italia, ovvero per “sanare” la posizione di quelli destinatari di decreti di espulsione dal territorio dello stato, già emanati dalla prefettura e resi esecutivi dalla questura. Le indagini sono iniziate dopo alcune false dichiarazioni rese da cittadini italiani a pubblici ufficiali sul loro status di celibe/nubile.

A caccia di «pecore»

Le indagini hanno quindi fatto emergere l’attività di due collaudate organizzazioni criminali, da tempo attive a Messina e con consolidate ramificazioni in Marocco, che facevano capo a due cittadini marocchini che si occupavano, nello specifico, di organizzare i viaggi in Marocco degli sposi fittizi, di assistere i promessi sposi durante il disbrigo di tutte le pratiche burocratiche, antecedenti e successive, al fittizio matrimonio: dalle pubblicazioni al rito nuziale, sino alla fase finale quando, una volta ottenuto lo scopo, si procedeva alla separazione e al divorzio.

I due wedding planner internazionali, tuttavia, non operavano da soli, potendo contare su una strutturata organizzazione, articolata su più livelli, con ruoli interscambiabili in funzione delle necessità: un primo livello, costituito da fidati collaboratori, tutti marocchini e incaricati di reclutare i falsi sposi. In alcuni casi, contattati da altri marocchini in cerca di una falsa sposa, i dialoganti si attivavano riferendosi alle donne italiane come «pecore» dicendo «c’è un signore che mi ha chiesto se c’è qualche pecora…un signore qui a Messina, c’è un suo amico che vuole venire…».

Il primo livello curava inoltre l’adempimento delle procedure burocratiche relative alla preparazione del matrimonio e alle successive fasi necessarie per l’ottenimento della documentazione a favore dei cittadini extracomunitari.

Inoltre alcune persone anche in territorio marocchino provvedevano al rilascio dei documenti necessari alla celebrazione dei matrimoni in Marocco, presso il Consolato Generale d’Italia a Casablanca.

Il secondo livello era composto da affezionati testimoni di nozze e interpreti;

Il terzo livello, infine, era rappresentato da una fitta rete di soggetti italiani, principalmente donne, versanti in condizioni disagiate che venivano coinvolte, dapprima, per essere destinate a false nozze, per poi, successivamente, divenire volano per nuovi illeciti affari, in qualità di reclutatori di ulteriori soggetti da indirizzare verso ulteriori matrimoni falsi.

Nulla lasciato al caso

Prima di giungere alla stipula del contratto di matrimonio, gli organizzatori adottavano ogni possibile cautela per accreditare la fittizia convivenza dei novelli sposi: di qui la necessità di individuare un locale da adibire ad “abitazione coniugale”, in modo che entrambi i coniugi vi portassero la rispettiva residenza anagrafica. A tal riguardo, erano gli stessi capi a dare consigli su come comportarsi con gli accertatori dei vigili urbani durante la verifica della convivenza. Proseguendo, dopo la celebrazione del matrimonio, che non prevedeva, ovviamente, alcun festeggiamento, l’extracomunitario richiedeva il permesso di soggiorno al competente ufficio della questura di Messina. Il personale dell’Ufficio immigrazione della questura di Messina, quindi, al fine di vagliare la richiesta, di norma, chiamava la coppia per rivolgere alcune domande in merito al loro rapporto, alla loro conoscenza e quant’altro utile a verificare la veridicità dell’unione coniugale. Anche su tale aspetto, forti del consolidato know how acquisito, gli organizzatori intervenivano direttamente, giungendo ad indottrinare i coniugi sulle risposte da fornire.

Anche l’acquisto delle fedi nuziali, reperite al costo di 1 € da negozi cinesi, era gestito dall’organizzazione, per essere poi fornite agli sposi.

Un giro d’affari da 160mila euro

Ogni passaggio aveva uno specifico costo standardizzato, secondo un tariffario prestabilito: diecimila euro cerano corrisposti dallo straniero all’organizzazione, in contanti o attraverso i servizi di Money Transfer, materialmente eseguiti da soggetti apparentemente non coinvolti nella vicenda ma contigui ai membri del sodalizio criminale; duemila-tremila andavano allo sposo/a fittizio; somme inferiori per intermediari, testimoni di nozze ed interprete, il tutto per un giro d’affari documentato nel corso delle indagini pari ad oltre 160mila euro Per il tramite degli Uffici centrali del comando generale della guardia di finanza e del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale, uno dei soggetti destinatari del provvedimento è stato localizzato in Germania, precisamente nella zona di Francoforte sul Meno, dove sono in corso analoghe operazioni a cura del collaterale organismo di polizia, con l’esecuzione di specifico Mandato d’Arresto Europeo richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina.

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