Altro fine settimana di tensione tra il governo e la società civile sui migranti. Nella giornata di ieri il Viminale ha rifiutato le richieste di approdo in un porto più vicino inviate dalla Geo Barents e della Ocean Viking – le due navi delle Ong Medici senza frontiere e Sos Mediterranée che hanno soccorso in mare rispettivamente 73 e 37 migranti – e alle quali le autorità italiane hanno assegnato nel tardo pomeriggio di sabato il porto di Ancona come sbarco.

Una scelta che appare inspiegabile, visti i tanti porti disponibili nel sud del paese molto più vicini alle posizioni delle due navi. Ieri la Ocean Viking ha detto che ci vorranno quattro giorni di navigazione per arrivare ad Ancona, distante 1.575 km dalla loro posizione. Per la Geo Barents, la situazione è simile. Senza contare che stando alle previsioni meteo ci saranno forti venti e mare mosso tra domenica sera e la giornata di lunedì. 

«Quest’ordine va contro l’interesse dei naufraghi e contro il diritto internazionale, inoltre svuota il Mediterraneo di navi di soccorso», si legge sull’account Twitter della Sos Mediterranée. Ma il Viminale non solo ha respinto le richieste di un nuovo porto più vicino per entrambe le navi, ha anche rifiutato il trasbordo dei migranti. 

«Il centro di coordinamento italiano ha rifiutato alla Geo Barents e alla Ocean Viking la possibilità di poter trasferire tutti i naufraghi a bordo di una sola nave, in modo da potere avere così un’altra nave ancora disponibile per poter soccorrere imbarcazioni in difficoltà se ve ne fosse bisogno», ha detto Fulvia Conte, responsabile dei soccorsi della Geo Barents.

Cosa significa per le navi

Secondo le Ong il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha in mente una strategia chiara: tenere le navi di ricerca e soccorso in mare il più lontano possibile dal Mediterraneo centrale e ostacolare le loro missioni. Basterebbe affidare un porto in Sicilia, come accaduto in passato, per diminuire i tempi di navigazione e far sbarcare l’equipaggio.

Ora invece le navi si ritrovano ad attraversare l’Adriatico per arrivare ad Ancona, dove attiveranno tutte le procedure di sbarco, riforniranno la nave e l’equipaggio prima di salpare nuovamente e raggiungere dopo giorni il Mediterraneo centrale.

L’assegnazione del Viminale comporta una perdita di almeno dieci giorni, un tempo prezioso in cui le navi potrebbero tornare in mare a salvare i migranti. I dati degli ultimi giorni dimostrano che nonostante la stagione invernale, centinaia di persone continuano a partire da paesi come Libia, Tunisia ed Egitto a bordo di piccoli gommoni e imbarcazioni fatiscenti, aumentando i rischi di naufragi.

Nelle ultime ore cinque persone sono morte a largo delle coste tunisine, mentre altre dieci sono ancora disperse, dopo il naufragio di un piccolo barchino partita dalla regione di Sfax.

Cosa significa per i migranti

Europa Press via AP

Rimanere a bordo delle navi Ong per diversi giorni dopo il soccorso da un naufragio ha anche un impatto psicologico non indifferente per i migranti. Stare lontani dalla terra ferma rievoca la tragica esperienza vissuta in mare e tutti i suoi traumi. 

La situazione è ancora più difficile se le condizioni meteorologiche sono avverse. «Le cattive condizioni atmosferiche che incontreranno durante il lungo viaggio potrebbero essere un notevole rischio per la loro salute», dicono dalla Sos Mediterranée. 

Senza contare che chi ha subìto ferite o ha bisogno di cure mediche – benché fuori pericolo di vita – dovrà attendere giorni prima di ricevere lo stesso trattamento di quello di una struttura sanitaria sulla terra ferma.

Tra i 37 migranti salvati dalla Ocean Viking a largo delle coste libiche alcuni hanno riportato ustioni da carburante e sintomi di intossicazione e hanno bisogno di cure stabili.

La scelta di Ancona

Secondo quanto riporta il quotidiano la Repubblica, il ministro dell’Interno Piantedosi sta invece assegnando i porti di approdo nelle città governate da amministrazioni di centro sinistra. Livorno, Ravenna, Taranto, Salerno, Bari, Gioia Tauro e per ultima Ancona sono solo le ultime città di approdo affidate alle navi delle Ong, tutte guidate da sindaci di sinistra. «Se fosse vero che governo e Ministro dell’Interno hanno scelto i porti sulla base del colore delle amministrazioni, sarebbe di una slealtà istituzionale enorme, oltre che inumano. Perché è inumano far viaggiare queste persone per altri 4 giorni, peraltro in condizioni di mare che non si preannunciano buone. Il ministro Piantedosi dovrebbe chiarire al più presto», ha detto il segretario di +Europa, Benedetto Della Vedova.

L’incontro del ministro ad Agrigento

Nella giornata di domani il ministro dell’Interno Piantedosi si recherà ad Agrigento per presenziare al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, convocato dal prefetto di Agrigento. Insieme a lui ci saranno anche il capo della polizia, Lamberto Giannini, e il sindaco di Lampedusa Filippo Mannino. Il tema migranti è al centro dell'incontro e il primo cittadino della piccola Isola ha già le idee chiare su cosa chiedere al ministro.

«Spero che la visita del ministro Piantedosi possa aiutarci. Abbiamo bisogno di essere messi in condizioni di poter continuare ad accoglierli, perché l'arrivo dei migranti è strettamente connesso ai servizi che il Comune offre con la sua macchina dell'accoglienza. Servizi che prevedono spese economiche ingenti e personale di cui noi siamo carenti», ha detto a Lapresse Mannino. Il sindaco di Lampedusa vuole fondi e interventi strutturali per far fronte alle spese connesse all’accoglienza: dalla gestione dei rifiuti, ai soldi per le bare dei migranti giunti morti a Lampedusa. 

Negli ultimi cinque giorni sono arrivate nell’hotspot circa 2.600 persone, molte delle quali sono state trasferite. All’interno ci sono attualmente circa 996 persone, una cifra che rimane alta per la capienza massima consentita che prevede 398 posti disponibili.

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