Un documento finora inedito rivela nuove opacità nella gestione delle finanze della Lega di Matteo Salvini. E conferma che l’inchiesta della procura di Milano sulla Lombardia film commission non è chiusa, nonostante i primi patteggiamenti e la richiesta di giudizio immediato depositata dai magistrati per i protagonisti centrali dell’indagine: i due commercialisti del partito Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba.

Chiuso un capitolo, dunque, il libro è ancora da completare. In questa storia di bonifici, fatture, fornitori veri o presunti, nomine e colletti bianchi c’è il partito dei 49 milioni di euro da restituire allo stato in comodissime rate da qui ai prossimi 70 anni. La richiesta di rateizzazione si è fondata sulla scarsità di liquidità disponibile sui conti correnti della Lega nord. Eppure le spese del partito negli anni di reggenza di Salvini poco si addicono alla povertà dichiarata.

Sul prosciugamento dei conti correnti c’è un’inchiesta in corso a Genova, che però ne incrocia un’altra a Milano iniziata da una banalissima compravendita immobiliare conclusa con denaro della regione Lombardia e dietro la quale ci sono i commercialisti del partito di Salvini: Lombardia film commission, la fondazione a controllo pubblico, nel 2017 ha pagato 800mila euro per un capannone a Cormano che ne valeva la metà.

Il denaro arrivato sui conti dell’immobiliare venditrice si è diretto subito verso società del giro dei contabili della Lega. Uno dei quali, Di Rubba, era all’epoca dell’affare presidente della fondazione. Manzoni e Di Rubba sono stati ingaggiati dai vertici per curare la contabilità del partito, delle società collegate e dei gruppi parlamentari.

A vendere il fabbricato di Cormano è stata l’immobiliare Andromeda, dietro la quale c’era Michele Scillieri, consulente della fondazione presieduta da Di Rubba e titolare dello studio dove era stata domiciliata la Lega Salvini premier, il nuovo partito, nato a cavallo tra il 2017 e il 2018 (lo stesso periodo dell’affare immobiliare), con l’obbiettivo dichiarato di trasformare il partito del nord in forza sovranista, con lo scopo ufficioso di far dimenticare gli scandali e il debito da 49 milioni.

Per l’indagine sulla distrazione di fondi pubblici tramite l’operazione immobiliare hanno patteggiato in tre. Non i professionisti della Lega, per i quali il procuratore aggiunto Eugenio Fusco ha chiesto il giudizio immediato.

Fatture e sospetti

Giudizio immediato chiesto anche per Francesco Barachetti, l’imprenditore bergamasco, che ha fatto fortuna con il tesoretto della Lega: la sua ditta, con i commercialisti guardiani delle finanze leghiste, ha visto crescere di quattro volte i propri ricavi. Profitti arrivati dal saldo di fatture da parte della galassia del partito.

In due anni, fino al 2020, la piccola ditta Barachetti Service ha incassato dalla Lega più 2 milioni di euro. A questo si aggiungono, come risulta da un recente rapporto investigativo, altri 257mila di cui ha beneficiato una seconda azienda di sua proprietà. Per «ristrutturazione degli immobili», è sempre stata la versione ufficiale. Ma per i detective non è così.

A preoccupare i vertici del partito di Salvini non è tanto che Barachetti incassasse; piuttosto il fatto che a ridosso dei bonifici ricevuti ne ordinava altri diretti ai commercialisti del partito. Come lui altri “fornitori”, prima o subito dopo, hanno versato a loro volta ai conti di imprese legate ai contabili del partito.

Su queste anomalie le verifiche sono in corso. Non c’è un’ipotesi certa e neppure indagati. Un nuovo capitolo da scrivere: i pagamenti ai fornitori del giro dei commercialisti sono operazioni di facciata? «Alcune delle società analizzate potrebbero porsi come mero tramite, rendendo, conseguentemente, dubbia l’effettività delle prestazioni rese e delle giustificazioni dei relativi pagamenti», scriveva l’antiriciclaggio.

Tra auto e nomine

Tra i fornitori troviamo una piccola azienda di noleggio auto sempre in provincia di Bergamo: Nsa srl di proprietà della famiglia Di Rubba. In 4 anni, fino al 2020, dai due partiti di Salvini e dalle società partecipate riceve più di 800mila euro, una media di 200mila all’anno per auto noleggiate.

Altri documenti finora inediti, invece, indicano ulteriori spunti investigativi sulla gestione delle nomine in quota Lega. Manzoni, così come Di Rubba, sono stati inseriti nei collegi sindacali di molte aziende pubbliche. Tra queste c’è Amiacque, che gestisce il servizio idrico in diverse province lombarde, dove Manzoni è stato presidente del collegio sindacale.

Nello stesso periodo la società ha fatto affari con Tec.am srl, tra i soci c’è il fratello del suo collega e amico di sventure Di Rubba. Il rischio di un conflitto di interesse sta nel fatto che Tec.am ha ricevuto «64 bonifici» per oltre 2 milioni di euro da Amiacque Srl. Tec.am ha concluso buoni affari con un’altra partecipata milanese: «615mila euro» versati alla società dei Di Rubba da «Mm Spa società in cui Manzoni risulta aver rivestito la carica di sindaco fino al maggio 2019».

Mm è l’azienda milanese che gestisce anche le residenze popolari della città. «Li conosco, sono persone di cui mi fido», aveva detto Salvini all’indomani degli arresti di Di Rubba e Manzoni. Lo ha ripetuto anche di recente. Come potrebbe essere altrimenti? Li ha voluti lui nella delicata gestione delle finanze.

© Riproduzione riservata