Si può fare o no? C'è o non c'è discontinuità tra l'Alitalia e la newco, la nuova azienda lanciata dal governo una settimana fa? Quest'ultima può partire davvero a gennaio sulle ali della straordinaria dotazione di 3 miliardi di euro di soldi pubblici?

O quei miliardi sono di fatto aiuti di Stato mascherati da investimento, destinati a un'azienda decotta, per di più in assenza di un piano industriale e quindi sono un colpo basso alla concorrenza?

Il loro utilizzo sarà alla fine concesso o vietato dall'Unione europea?

Nel 2008, al tempo dell'ingresso in azienda dei Capitani coraggiosi di Silvio Berlusconi, l'Europa lasciò fare, ma si trattava di un'operazione totalmente diversa, con capitali privati.

Ora di mezzo ci sono soldi pubblici, una valanga di soldi. Per dare l'impressione che la nuova compagnia è proprio nuova di zecca, il governo le ha addirittura cambiato nome rinunciando alla sigla Alitalia, un marchio forte conosciuto in tutto il mondo che aveva anche un valore economico. Ora Alitalia si chiama Ita-Italia Trasporto Aereo.

Ovviamente il cambio di nome è solo un segnale. Anche se, a scanso di equivoci, in Europa c'è stato addirittura chi ha voluto chiarire subito in un atto ufficiale che non basta. Carmen Avram, deputata europea del gruppo socialista, ex giornalista rumena, rivolgendosi con una puntuta interrogazione al Commissario per la concorrenza, Margrethe Vesatger, le ha ricordato che «un cambio di nome non è abbastanza per provare la discontinuità economica».

In un'altra interrogazione sempre rivolta alla Vestager la deputata socialista aveva toccato i punti nevralgici della faccenda invitando la Commissione ad aspettare che sia fatta chiarezza sul miliardo e 300 milioni di euro già elargiti dallo Stato prima di dichiarare «nuova» l'Alitalia varata dal governo italiano.

Da quando la compagnia di Fiumicino è in amministrazione straordinaria (maggio 2017), per non farla morire lo Stato ha elargito due finanziamenti sotto forma di prestiti più 199 milioni per l'emergenza Covid.

Il primo prestito di 900 milioni nel 2017 a opera del ministro Carlo Calenda (allora Pd), il secondo di 400 milioni due anni dopo dal 5 Stelle Stefano Patuanelli.

Incalzante, la deputata rumena chiede con quali criteri alla fine l'Europa valuterà se tra Alitalia e Ita c'è discontinuità: i manager, i beni, gli aerei, la provenienza dei piloti? Rispondendo Vestager non si è sbilanciata: ha chiarito che l'indagine sul miliardo e 300 milioni già concessi è separata da quella sulla newco. E che per quest'ultima i criteri adottati sono numerosi: l'oggetto del trasferimento, il prezzo, l'identità di chi subentra. E infine, il criterio dei criteri: la logica economica dell'operazione.

Già: chi in Europa e nel mondo oggi tirerebbe fuori 3 miliardi di euro per una compagnia nelle condizioni di Alitalia? Secondo Gaetano Intrieri nessuno è così pazzo. Intrieri non è un tecnico qualsiasi del trasporto aereo: anni fa fu il primo a scrivere che l'Alitalia era fallita attirandosi gli improperi dell'azienda.

Poi da consigliere del ministro Cinque Stelle dei Trasporti, Danilo Toninelli, provò inutilmente a impostare un percorso di risanamento.

A Intrieri risulta che contro la newco Alitalia e il sospetto di aiuti di Stato sono state rivolte all'Unione europea 38 contestazioni di cui una decina solo dalla compagnia Ryanair.

Secondo Intrieri la costituzione della newco sarà inevitabilmente impallinata dall'Europa, per cui «l'unica strada percorribile è tentare di ristrutturare seriamente l'attuale Alitalia in amministrazione straordinaria per riportarla verso accettabili condizioni di mercato».

Anche il direttore dell'Enac, l'ente dell'aviazione civile, Alessio Quaranta, pensa che la strada della newco in Europa sia impervia, ma è pure convinto che la pandemia abbia imposto un cambio radicale dei parametri di valutazione non solo per Alitalia, ma per tutte le compagnie europee e per il trasporto aereo nel mondo. Tanto che ciò che un tempo sarebbe stato giudicato inappellabilmente aiuto di Stato oggi viene visto in maniera diversa. Alitalia non è la sola compagnia con il cappello in mano in Europa: Lufthansa ha chiesto tra i 9 e i 12 miliardi di euro di sostegno, Air France 7, l'olandese Klm 3.

La differenza è che Lufthansa ha chiuso tutti i bilanci degli ultimi 20 anni in attivo, l'Alitalia neanche uno. Alla fine, però, secondo Quaranta prevarrà il criterio che nessuno può farcela da solo a ripartire dopo il colpo micidiale inferto dalla pandemia al trasporto aereo. Nessuno e tanto meno Alitalia. 

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