Giovedì, è stato registrato il numero record dei decessi dall’inizio della pandemia. Sono 993, una cifra più alta persino del 27 marzo, quando nel pieno della prima ondata vennero annunciati 969 morti legate al Covid-19. Altri 814 sono stati registrati ieri. Si tratta di cifre terribili, che mostrano la gravità raggiunta dall’epidemia in Italia, dove oggi i decessi sono più numerosi che in qualsiasi altro paese europeo.

Ma raramente di queste persone si sa molto, oltre al fatto che sono morte. Alcuni delle informazioni che li riguardano sono difficili da ottenere, a causa delle leggi sulla privacy e della difficoltà a raccogliere statistiche durante la pandemia. Questi problemi hanno contribuito ad alimentare sospetti e polemiche, come quella ciclica sui morti “per o con coronavirus”, secondo cui la gravità dell’epidemia sarebbe sopravvalutata da conteggi troppo allarmistici. Anche con i soli dati a nostra disposizione, però, è possibile fare chiarezza su questo come su altri punti.

La definizione

Secondo la definizione ufficiale adottata dall’Iss, un decesso può essere classificato come decesso Covid-19 soltanto nei seguenti casi: deve trattarsi di una persona la cui positività alla malattia è stata accertata con un tampone molecolare, deve aver avuto sintomi della malattia e non deve aver mostrato un recupero completo prima del decesso. Infine, non deve essere presente nessun’altra evidente causa di morte

In caso di un paziente positivo al Covid-19 che muore di infarto, ad esempio, la sua morte non verrà classificata come collegata al coronavirus se la persona si trovava in fase di recupero dalla malattia e se l’infarto può essere attribuito a cause non legate al Covid-19.

Se invece aveva una polmonite Covid è ipotizzabile che l’infarto rappresenti una complicazione dovuta alla malattia e quindi il decesso viene contato come causato dal coronavirus.

Chi sono?

Secondo l’ultimo rapporto dell’Iss, l’età media dei pazienti deceduti a causa del coronavirus è 80 anni. Il virus colpisce di più i maschi, che sono il 58 per cento dei deceduti. Più del 65 per cento dei decessi aveva già tre o più patologie. La maggioranza delle persone decedute, il 53,3 per cento, è arrivata in ospedale dal proprio domicilio. Il 22 per cento erano ospiti di case di cura per anziani.

Morti per, morti con

In teoria, la classificazione dell’Iss dovrebbe bastare a risolvere la maggior parte dei dubbi. Per fare ulteriore chiarezza, l’Iss ha realizzato un’indagine campionaria sulle cartelle cliniche di circa cinquemila pazienti deceduti per Covid-19. L’indagine ha concluso che nell’89 per cento dei casi la morte è stata causata direttamente dal coronavirus. Nell’altro 11 per cento dei casi, il Covid-19 veniva considerato un fattore «che può aver contribuito al decesso accelerando processi morbosi già in atto, aggravando l’esito di malattie preesistenti o limitando la possibilità di cure».

Effetto falce

Un altro modo per verificare chi sono le persone decedute per Covid-19 e verificare se dopo la pandemia è presente, e quanto, quello che gli anglosassoni chiamano “harvesting effect”, letteralmente “effetto mietitura”, a volte tradotto con “effetto falce”. Si tratta di quel fenomeno per cui dopo un’ondata di decessi dovuti a una malattia epidemica, come l’influenza, si assiste a un calo nel numero dei decessi che ci si attenderebbe. Questo perché malattie come l’influenza colpiscono soprattutto persone deboli, probabilmente afflitte da altre patologie e che, detta brutalmente, sarebbero comunque morte nelle settimane successive.

Durante l’estate, dopo la prima ondata, le statistiche sulla mortalità hanno effettivamente mostrato una flessione che sembra indicare un qualche tipo di effetto falce, ma nulla di sufficiente a spiegare la gran parte dei decessi. Il Covid-19 ha colpito molte persone che sarebbero comunque decedute nel giro di poco tempo. Migliaia di altri avevano ancora molti anni davanti a sé. Per sapere quanti, però, dovremo aspettare studi che possano analizzare un lasso di tempo più lungo.

La situazione di venerdì

Nonostante il pesante bilancio decessi, la situazione dell’epidemia in Italia continua a migliorare. Venerdì sono stati registrati 24.099 casi di coronavirus. Complessivamente, tra lunedì e venerdì, ne sono stati registrati 103.760, contro i 129.370 della scorsa settimana.

Ieri, il ministero della Salute ha anche cambiato il colore di diverse regioni. Soltanto l’Abruzzo rimane in zona rossa. Campania, provincia autonoma di Bolzano, Val d'Aosta e Toscana passano dalla zona rossa a quella zona arancione. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Puglia e Umbria passano da quella arancione a quella gialla. I passaggi di zona saranno effettivi da domenica.

Venerdì, l’Iss ha aggiornato il suo bollettino, dai cui valori dipende in larga parte il collocamento delle regioni in una zona piuttosto che in un’altra. Rt, il principale indice che misura la velocità di trasmissione del virus, è sceso a 0,91 a livello nazionale. Il passaggio sotto a Rt 1 significa per la prima volta da questa estate l’epidemia ha smesso di crescere.

 

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