Lo strappo tra Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit e il consiglio di amministrazione della seconda banca italiana, è irrecuperabile e l’addio arriva dopo quattro anni ruvidi di difficile convivenza, ma soprattutto dopo mesi di tensioni su ipotesi di spacchettamento dell’istituto e di acquisizione fin qui ufficialmente rifiutata di Monte dei Paschi di Siena.

La sera del 30 novembre, dopo due giorni di indiscrezioni continue, Unicredit ha annunciato che il suo amministratore delegato ha deciso di fare un passo indietro. «Il piano non è più in linea con la visione del consiglio di amministrazione», ha detto il banchiere. Il comunicato dell’istituto di credito lo ringrazia dei risultati ottenuti e del rinnovamento della banca, ma lo sta dimissionando dopo il suo ridimensionamento.

L’ultimo scontro con Bisoni

In mezzo ci sono 24 ore che assomigliano al rugby di cui Mustier è appassionato, una mischia da cui non si sa dove può spuntare il pallone e in che direzione andare, con gli uffici della comunicazione di Unicredit impossibilitati dal comunicare alcunché, con l’ennesimo scontro tra ad e il presidente Cesare Bisoni in corso da domenica quando una riunione informale, annunciata prima come un cda, si è trasformata poi nell’accompagnamento all’uscita dell’amministratore delegato.

Si dice rinnovato, si legge rimpicciolito

Il comunicato dell’istituto di credito recita: «Dopo il successo dell’attuazione del piano strategico Transform 2019, Mustier ha completato un ampio rinnovamento del gruppo che lo ha notevolmente rafforzato sia finanziariamente che operativamente e ha permesso a UniCredit di resistere all'inedito sconvolgimento economico legato al Covid 19 da una posizione di forza». Si dice trasformato, dove si dovrebbe dire rimpicciolito. 

Da quando è arrivato a capo dell’istituto di credito più internazionale di Italia, Mustier ha tagliato, venduto, ridotto. I dipendenti sono passati da oltre 120mila a poco più di 80mila. E poi sono stati ingrossati i dividendi tagliando i rami, via Pioneer, via Pekao, via Finecobank, anche quelli più redditizi nel mondo delle banche che redditizio più non è. Così mentre Mustier ha ripetuto allo sfinimento il mantra del “niente fusioni”, Unicredit rimpiccioliva e la sua concorrente Intesa San Paolo si allargava sempre più.

Un milione e 200 mila euro l’ultimo compenso

Quando è arrivato alla guida dell’istituto di credito le azioni valevano oltre 11 euro ora sono scese sotto i nove, una perdita di quasi un quarto del valore. Le conseguenze le subirà anche lui visto che in portafoglio ha migliaia di azioni della banca.  

A giustificare una retribuzione di 1 milione 200mila euro solo l’ultimo stipendio fisso, ci sono stati risultati positivi: anche nell’anno della Covid 19 la banca ha chiuso il terzo trimestre con un utile di 4,3 miliardi. Ma non bastano per chiarire cosa voleva fare Mustier di Unicredit. 

Dopo una vita, 22 anni, in Société Générale, a occuparsi di derivati e banche di investimento, a Milano non sono bastate le cravatte rosse, che dicono facesse indossare al top management, per allinearsi la dirigenza della banca. Anche il suo predecessore fu costretto a lasciare dopo aver cercato di resistere inutilmente alle acquisizioni di sistema come Etruria – poi lo sventurato ripose a una garanzia sul salvataggio della Banca popolare di Vicenza. Il copione sembra ripetersi.

Gli ultimi scontri

Gli ultimi fatali scontri con il consiglio di amministrazione lo dimostrano. Il più forte attrito è stato sull’idea di fare una subholding delle attività estere di Unicredit, da scorporare e da quotare probabilmente in Germania in modo da non pagare il costo del denaro più alto dovuto allo spread sui titoli di debito italiani. Mustier all’ultimo incontro con gli analisti ha spiegato che non era più in agenda solo perché la Bce stava agendo sul costo del denaro con i suoi programmi di acquisti. Il progetto di divisione tra estero e Italia sarebbe stato funzionale forse a fare finalmente il passo di un acquisizione ma allo stesso tempo ha alimentato le ipotesi di una cessione di asset all'estero.

Poi c’è stata la nomina controversa dell'ex ministro Pier Carlo Padoan chiamato, dopo aver passato anni a gestire le operazioni più delicate tra banche e governo, a presiedere Unicredit proprio nel momento in cui l’esecutivo ha il grande interesse di vendere Mps. Non è chiaro se la nomina sia stata subita o molto voluta proprio da Mustier alla ricerca di entrature. Certo è che a celebrare l’eventuale matrimonio, ricalcato sull’acquisizione delle banche venete da parte di Intesa, non ci sarà l’amministratore ormai isolato. 

Mustier ha annunciato a fine dicembre 2016, quando era da poco alla guida della banca, che non avrebbe incassato indennità nel momento in cui se ne sarebbe andato. 

I candidati a succedergli, ça va sans dire tutti italiani, vanno dall’amministratore delegato di Poste Matteo Del Fante all’ex direttore generale Gianni Franco Papa passando per Victor Massiah (ex Ubi) a Giuseppe Castagna (Bpm). E a guidare il processo per selezionarli sarà il futuro presidente Padoan.

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