A Napoli renziani, forzisti, grillini, democratici festeggiano l’elezione a sindaco di Gaetano Manfredi, ma c’è chi rivendica la vittoria e il trionfo del suo modello di governo: Vincenzo De Luca.

Una vittoria doppia per il presidente della Campania perché non solo replica lo schema della coalizione che lo aveva visto, lo scorso anno, riconfermato alla guida della regione, ma di fatto neutralizza le ultime pretese di diversità dell’universo grillino.

La foto con gli ‘assassini politici’

Il M5s ha sempre avversato Vincenzo De Luca, il suo sistema di potere, la rete clientelare, la stagione delle fritture di pesce per conquistare consensi e voti.

Fritture che De Luca ha evocato durante il referendum costituzionale del 2016 complimentandosi con Franco Alfieri, sindaco di Agropoli e suo pupillo: «come sa fare lui la clientela lo sappiamo, una clientela organizzata, scientifica, razionale come Cristo comanda. Che cosa bella. Li voglio vedere in blocco, armati, con le bandiere andare alle urne a votare il Sì. Franco, vedi tu come Madonna devi fare, offri una frittura di pesce, portali sulle barche, sugli yacht, fai come cazzo vuoi tu, ma non venire qui con un voto in meno di quelli che hai promesso».

Contro De Luca e il suo mondo, il M5s si è scagliato, talvolta, con una ferocia inusitata. Quando un video del sito Fanpage immortala, nel 2018, Roberto De Luca, figlio del presidente, conversare con Nunzio Perrella, ex boss dei rifiuti, che si era finto imprenditore sotto falso nome, i grillini partono all’assalto.

«Voglio farvi vedere il volto degli assassini politici della mia gente. Quando saremo al governo inaspriremo la legge Severino che è troppo timida per i criminali politici», dice Luigi Di Maio. De Luca querela, la causa è ancora in corso, e chiede a Di Maio di rinunciare all’immunità parlamentare.

L’allora candidato presidente del Consiglio per il M5s parla di Roberto De Luca come di «rifiuto politico». Negli anni De Luca ha criticato in ogni modo l’attuale ministro degli Esteri definendolo «coniglio», «bibitaro», «dovrebbe fare il carpentiere».

Quello contro De Luca, dopo il governo con leghisti, democratici e forzisti, era l’ultimo scoglio da superare per il M5s prima di normalizzarsi. Luigi Di Maio, Roberto Fico e Vincenzo De Luca sono stati fotografati con il nuovo sindaco Manfredi, sorridenti e con il pollice alto.

Una foto che ha provocato le reazioni degli iscritti, ma che imbarazza profondamente anche alcuni eletti. Ora il movimento lavora per portare Sergio Costa, l’ex ministro dell’Ambiente, in giunta, un’idea per uscire dall’angolo.

La vittoria di Gaetano Manfredi ha sancito la tregua tra il M5s e il presidente della regione, ma è durata poco. «Lunedì sera sono arrivati a Napoli in massa esponenti dei 5stelle, avevamo più dirigenti che voti, sono cambiati loro dopo aver coltivato per un decennio la stupidità politica», ha detto De Luca, due giorni dopo, la foto della finta pace.

Quello scatto, infatti, non racconta il trionfo del modello giallorosso, Pd-M5s, ma quello del presidente. L’idea che pur di vincere serva mettere tutti insieme, dalla sinistra ai reduci di Forza italia passando per renziani, mastelliani, verdi e repubblicani.

Con Manfredi c’erano 13 liste, nove hanno raggiunto quasi il 30 per cento mentre il Pd si è fermato al 12 per cento, il M5s al 9 per cento, la lista De Luca al 4,6 per cento mentre quella Manfredi è arrivata quasi al dieci. Pd e M5s hanno perso voti rispetto a 5 anni fa nonostante i festeggiamenti.

Tra gli eletti vince il passato

La sfida per Manfredi adesso è capire se scegliere la strada del rinnovamento o del consociativismo ricalcando lo schema di De Luca con tutti i partiti dentro, dai nostalgici di Berlusconi fino alla sinistra passando per quello che resta dell’universo grillino.

In consiglio comunale tornano i rappresentanti di sempre, nel Pd sono stati rieletti Aniello Esposito, detto Bobo, e Salvatore Madonna. In due raccolgono oltre 6 mila voti. Entrambi sono incappati in una brutta vicenda, un pastrocchio nella composizione delle liste durante le elezioni amministrative del 2016, hanno patteggiato una pena di 6 mesi per violazione della legge elettorale continuando a manifestare la loro estraneità alle accuse.

«Al sindaco Manfredi chiedo una giunta laica, libera, femminile, in consiglio ci sono solo 9 donne altro che quote rosa. Non si è visto il rinnovamento, il 90 per cento dei consiglieri eletti ha già avuto responsabilità di governo e quindi hanno condiviso scelte e responsabilità che hanno portato al disastro che è sotto gli occhi di tutti e da cui tocca ripartire.

Grandi novità e profonda discontinuità non ne vedo. Ora il Sindaco Manfredi, che stimo e del quale ho fiducia, deve fare scelte coraggiose e di rottura», dice Maria Luisa Iavarone, professoressa e candidata non eletta nei Verdi con quasi mille preferenze.

Tra gli eletti molti arrivano dall’esperienza di Dema, altri sono stati assessori della giunta di Luigi de Magistris, l’unica novità vera è il sindaco che ora dovrà scegliere tra il rinnovamento e la restaurazione.

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