La base aerea di Sigonella, in Sicilia, è oggetto di un potenziamento infrastrutturale con progetti e finanziamenti nazionali e della Nato. Ma dietro l’allargamento del centro militare si nasconde un sistema raffinatissimo di corruzione, scoperto dalla guardia di finanza di Catania, che ha arrestato, su richiesta della locale procura, pubblico ministero Fabio Regolo, due ufficiali dell’esercito italiano.

La richiesta di mazzette riguarda un settore inesplorato, quello degli espropri. Quando la pubblica amministrazione necessita per opere di pubblica utilità di un terreno di un privato o di un’azienda avvia le procedure di esproprio, dietro la corresponsione di soldi, a titolo di ristoro, ottiene l’area necessaria per la realizzazione dell’opera.

In questo caso i due ufficiali offrivano un pacchetto completo di vantaggi per ottenere una percentuale tra l’uno e il tre per cento, una mazzetta in cambio di diversi favori. Matteo Mazzamurro e Giuseppe Laera, rispettivamente, tenente colonnello e luogotenente, appartenenti all’aeronautica militare del reparto genio di Bari, sono finiti in carcere per aver richiesto, secondo l’accusa, mazzette garantendo diversi vantaggi alla controparte.

Il primo consisteva in un indennizzo maggiore, fino a 35 mila euro per ettaro di terreno espropriato, rispetto ai valori di mercato pari a 18 mila euro. La seconda promessa era un ampliamento dell’area da espropriare così da aumentare il vantaggio del privato con conseguente aumento della spesa pubblica.

Il pacchetto offerto dai due funzionari, responsabili amministrativi del procedimento, prevedeva anche la velocizzazione del riconoscimento dell’indennità di esproprio senza aspettare le lungaggini dello stato ed evitando inutili contenziosi con la pubblica amministrazione. L’accordo corruttivo non si è perfezionato perché Massimiliano Michele Micale, commercialista dell’azienda, destinataria dell’esproprio, ha denunciato tutto e i finanzieri del nucleo di polizia economica hanno ricostruito con le intercettazioni, le intenzioni dei pubblici ufficiali.

Il funzionario a disposizione

Il primo incontro tra gli ufficiali e l’azienda, di proprietà del famoso imprenditore catanese Mario Ciancio Sanfilippo avviene nel giugno 2020. Ciancio, in un altro processo, è imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma in questa storia attraverso il suo commercialista contribuisce a svelare il sistema delle mazzette di stato.

Nel primo incontro i due militari annunciano l’esproprio, ma l’imprenditore protesta e chiarisce che si opporrà. All’azienda arriva il decreto di pubblica utilità emesso dal ministero della Difesa e la società Sater presenta ricorso al tribunale amministrativo regionale chiarendo che lo avrebbe ritirato in caso di modifica del progetto. A questo punto Laera chiede un incontro informale, ma Micale registra tutto e consegna l’audio agli inquirenti.

Su quei terreni agricoli c’è la possibilità di un investimento attraverso la costruzione di impianti fotovoltaici che garantiscono un introito economico maggiore, così l’ufficiale porta tutta la discussione sui soldi. Laera spiega che l’ampliamento dell’area da espropriare è possibile così come possibile è anche aumentare il valore dell’ettaro di terreno rispetto a quello di mercato, ma c’è un prezzo da pagare. «Si aspettano a Roma, qualcosa, ve lo dico chiaramente fuori dalle righe», dice Laera.

I militari hanno anche effettuato un accesso al ministero della Difesa, sede del genio civile, per acquisire la documentazione relativa al progetto di ampliamento. Non è stato difficile individuare il funzionario coinvolto, tra l’altro destinatario di una perquisizione domiciliare, si tratta di Angelo Mastrangeli, vicino alla pensione, che viene indicato come terminale di queste richieste di mazzette e indagato per lo stesso reato dei due militari. 

Torniamo alla pratica di esproprio. Laera suggerisce l’utilizzo di un altro professionista al quale l’azienda può offrire una consulenza finta che diventa lo strumento per far girare le bustarelle, opzione che viene successivamente abbandonata.

Partendo dall’audio registrato i finanzieri mettono sotto controllo i telefonini dei due militari. «Il dirigente del ministero che va in pensione a fine anno, quindi, se si riesce a chiudere l’iter entro fine anno, riusciremo ad avere quei risultati perché chi viene dopo, è una dottoressa con la quale, una burocrate che non arriva a capire che è meglio, chiudere un discorso in positivo e non avere diciamo…contenziosi», dice Laera. Bisogna evitare che il funzionario amico vada in pensione perché altrimenti arriva la funzionaria che non è disponibile e «si blocca la procedura ne parliamo tra dieci anni». Il destino di molte aziende che aspettano ancora i soldi dallo stato dopo gli espropri. Contro le lungaggini Laera offre la soluzione rapida e indolore: la mazzetta. «Chi si è mosso a livello ministeriale ha un’aspettativa….però io mi trovo a disagio», dice Laera.

Il militare consegna un appunto dove vengono riassunte le percentuali corruttive dall’uno al tre per cento, in pratica più aumenta il valore del terreno e il guadagno per il privato più aumenta la percentuale per il «contatto». All’incontro successivo partecipa anche il tenente colonnello Matteo Mazzamurro.

Micale, il commercialista, sapendo dell’indagine in corso, agisce quasi da agente provocatore chiedendo ripetutamente spiegazioni sulle percentuali ottenendo dall’ufficiale risposte generiche e vaghe. Quell’insistenza viene commentata da Mazzamurro in auto con Laera: «Ci ha scassato il cazzo però (…) a me ha dato fastidio ieri, dico una volta basta poi chiudi il discorso non lo ripetere», dice il tenente colonnello, finito in carcere.

Così si arriva a nuovo incontro tra «il pesce piccolo» Giuseppe Laera e il commercialista. Commentano il disappunto del tenente colonnello che non voleva esporsi nella conversazione. Il patto corruttivo avviene, ma a sancirlo è l’ultima ruota del carro. «Non si sbilancia nessuno tranne il sottoscritto..non otterrai mai niente, lui non, nessun altro si esporrà perché mandano avanti il più piccolo…capito?...non avrai mai, mai risposte da loro…», dice il luogotenente Laera.

Ma, stando alle intercettazioni e alle ricostruzioni della procura, anche il tenente colonnello sapeva ed era perno di un meccanismo illecito che arrivava fino a Roma negli uffici ministeriali. Gli inquirenti, in un altro procedimento penale in corso, hanno scoperto lo stesso meccanismo di favori in cambio di soldi, richieste corruttive mosse nei confronti di un’altra persona destinataria di esproprio.

L’indagine non si ferma e si potrebbe allargare dopo l’acquisizione dei documenti, del materiale in possesso degli indagati. C’è anche da capire se al ministero hanno un sistema di controllo e monitoraggio vista la discrezionalità nell’attribuzione di valore ai terreni oggetto di esproprio. 

La giudice Marina Rizza ha motivato la misura del carcere con il rischio di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato, i due potrebbero «riproporre l’illecità attività cui evidentemente sono avvezzi, perseverando nella strumentalizzazione del proprio ufficio e nella sistematica distorsione dei poteri a esso connessi».

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