Affari, mafia e politica. In sintesi sono questi gli ingredienti principali della doppia operazione antimafia condotta sull’asse Calabria-Trentino. Sono diciannove gli arresti eseguiti nel corso dell'operazione 'Perfido' dai carabinieri del Ros e dai carabinieri di Trento, Roma e Reggio Calabria. Le persone coinvolte sono indagate, a vario titolo, tra gli altri, per associazione mafiosa, come appartenenti alla 'ndrangheta, scambio elettorale politico-mafioso, porto e detenzione illegale di armi da fuoco e riduzione o mantenimento in schiavitù.

Il Ros dei carabinieri e la guardia di finanza di Trento hanno sequestrato beni mobili e immobili e rapporti bancari per un controvalore di 1,5 milioni di euro.

A Reggio Calabria è stato arrestato anche un politico noto in città: Sebastiano “Seby” Vecchio. Per il magistrato della procura antimafia di Reggio Calabria Stefano Musolino, che ha coordinato l’indagine, sussisteva per lui e per altri cinque il pericolo di fuga. Vecchio è stato assessore della giunta di Giuseppe Scopelliti e anche presidente del consiglio comunale.

Le indagini dei militari hanno accertato l'esistenza di una costola della 'ndrangheta a Lona Lases (in val di Cembra, in provincia di Trento), proiezione di quella di Cardeto (Reggio Calabria), in particolare delle cosche reggine 'Serraino', 'Iamonte' e 'Paviglianiti'. L’inchiesta è partita nel 2017 e ha consentito di definire ruoli e funzioni della cosca trentina, al cui vertice ci sarebbe Innocenzo Macheda, coadiuvato da diversi imprenditori nel settore del minerale porfido, e di quella di Cardeto, che sarebbe stata guidata prima da Saverio Arfuso e poi da Antonino Fallanca, legato alla cosca 'Serraino'.

Sono stati documentati i rapporti tra le due 'sezioni' mafiose, la calabrese e la trentina, e i loro capi, per problemi relativi all'organizzazione di attività illecite. Inoltre, è stato scoperto che l'associazione 'Magna Grecia', formalmente centro di aggregazione culturale, è stata utilizzata come luogo di riunione dei sodali e strumento per la raccolta di fondi da destinare al sostentamento dei compartecipi arrestati.

Sotto il profilo delle attività criminali, è emerso come gli esponenti della 'locale' di 'ndrangheta di Lona Lases abbiano assunto il controllo dei settori dell'estrazione e della lavorazione del porfido, maggiore risorsa economica del luogo, attraverso un processo di progressiva infiltrazione nel tessuto imprenditoriale, che sarebbe stato avviato da Giuseppe Battaglia.

In tale ambito imprenditoriale, oltre a sistematiche attività di vessazione e intimidazione sulle maestranze, è emerso come siano state avviate operazioni speculative attraverso la commercializzazione dei semilavorati in nero e la falsificazione dei bilanci di esercizio delle imprese a loro riferibili.

Inoltre, secondo i militari sarebbe stata pianificata la progressiva infiltrazione della cosca nella politica locale attraverso l'inserimento negli organi di governo comunale di Lona Lases al fine di condizionarne l'attività politica e amministrativa. In tale contesto, oltre ad aver intessuto una fitta rete di contatti con diversi ambiti della società civile (imprenditoria, istituzioni, politica), la 'sezione locale' avrebbe offerto anche il sostegno elettorale ad alcuni candidati in vari appuntamenti per il rinnovo di vari enti locali.

Secondo gli investigatori le cosche della 'ndrangheta sarebbero arrivate in Trentino Alto Adige tra gli anni Ottanta e Novanta, a causa dello sviluppo economico e dalla ricchezza delle regioni del nord. Queste ramificazioni, presenti in Italia e all'estero, hanno conservato le regole e le forme originarie e, nonostante una certa autonomia operativa, devono rispondere alla 'ndrangheta in territorio calabrese.

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