La Corte d’Assise di Reggio Calabria ha pubblicato le motivazioni della sentenza relativa al processo “ndrangheta stregista” che hanno visto le condanne all’ergastolo per il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e per Rocco Santo Filippone, ritenuto il referente della ndrina dei Piromalli a Gioia Tauro. I due esponenti sono accusati di essere i responsabili degli omicidi dei due carabinieri uccisi in Calabria nel 1994. Il nome del processo “ndrangheta stragista” nasce dal collegamento tra il duplice omicidio e la strategia stragista adottata da Cosa nostra nei primi anni Novanta e che portò nel 1992 alle stragi di Capaci e di Via D’Amelio che videro la morte dei due magistrati antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

‘Ndrangheta e Cosa nostra collaborano

Il disegno stragista della mafia non aveva però l’unico obiettivo di eliminare gli esponenti giudiziari più ostili nei confronti dell’organizzazione criminale. I boss di Cosa nostra miravano a creare il caos in un paese già attraversato dalle forti tensioni sociali dovute alla fine della Prime repubblica e alla crisi economica. Nella strategia rientravano infatti la strage dei Georgofili, avvenuta a Firenze e costata la vita a cinque persone, e l’attentato fallito allo stadio Olimpico di Roma progettato per il gennaio del 1994. Per portare a termine il suo progetto Cosa nostra aveva anche sfruttato i suoi legami con la ‘ndrangheta. Nelle motivazioni della sentenza, i giudici della Corte d’assise hanno ritenuto che Graviano avesse “commissionato” alle cosche locali l’omicidio dei due carabinieri in Calabria come propedeutico per la successiva strage nella Capitale.

Dalla Dc e Forza Italia

Nelle motivazioni della sentenza a inquietare non sono però solo le connessioni tra mafia e ‘ndrangheta. La Corte d’Assise ha infatti ricostruito le dinamiche che hanno portato Cosa Nostra a passare dall’appoggio alla Democrazia cristiana a Forza Italia nel giro di due anni. La fine della “collaborazione” tra mafia e Dc avviene nel gennaio 1992 quando le speranze di ottenere un annullamento della sentenza del maxi processo vanno in fumo. Il processo aveva visto le condanne di tutti i principali boss di Cosa nostra e il fallimento della Dc nell’ottenere l’annullamento della sentenza aveva scatenato la vendetta mafiosa che si era consumata nell’assassinio dell’eurodeputato democristiano Salvo Lima. Tradita dalla Dc, la mafia siciliana aveva «dirottato i suoi voti sul Partito socialista’ e anche sul partito Radicale». Ma Tangentopoli aveva sconvolto il panorama politico portando l’organizzazione criminale a promuovere la creazione di «movimenti autonomisti» in tutto il Sud Italia. Un progetto che «era stato poi accantonato in favore dell’appoggio al nascente partito politico Forza Italia».

Il cambio di rotta era stato condiviso con la ‘ndrangheta come dimostrato dalle dichiarazioni rese il 24 febbraio 1994 dal boss “Giuseppe Piromalli che durante il processo per l’estorsione per i ripetitori Fininvest prese la parola per dire: «Voteremo Berlusconi, voteremo Berlusconi». Di fronte a questo quadro i giudici della Corte d’Assise ritengono che «non può affatto escludersi, anzi appare piuttosto assai probabile, che dietro tali avvenimenti vi fossero dei mandanti politici che attraverso la 'strategia della tensione' volevano evitare l'avvento al potere delle sinistre, temuto anche dalle organizzazioni criminali, che erano riuscite con i precedenti referenti politici a godere di benefici e agevolazioni. Si può, quindi, affermare che in tale circostanza si era venuta a creare una sorta di convergenza di interessi tra vari settori che hanno sostenuto ideologicamente la strategia stragista di Cosa Nostra».

Graviano risponde su Dell’Utri

Per la prima volta nel corso del processo il boss Graviano non si è avvalso della facoltà di non rispondere di fronte alle domande su Marcello Dell’Utri considerato la mente organizzativa della nascita di Forza Italia e condannato per collusioni con la mafia. Secondo i giudici, le dichiarazioni dell’uomo di Cosa nostra «lasciano intravedere il coinvolgimento di ulteriori soggetti che hanno concorso nella ideazione e deliberazione degli eventi in esame». Per questo motivo, «con riferimento alla identificazione di tali soggetti», la Corte d'Assise di Reggio Calabria ha trasmesso alcuni atti del processo alla procura della Repubblica perché continui a indagare. 

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