È il Re Mida dei soldi sporchi. Un uomo che si muove con abilità diabolica nelle banche di mezzo mondo per ripulire e spostare capitali. Per gli investigatori del commissariato di Palmi e della Squadra Mobile di Reggio Calabria è «un soggetto riservato della ‘ndrangheta».

Uno dei tanti colletti bianchi esperti di finanza mondiale, che sono la vera spina dorsale dell’economia criminale. Roberto Recordare, 54, finanziere con studio a Palmi e la passione dello sport, tra il 2016 e il 2018 ha in mano capitali enormi. Lo confessa a due faccendieri catanesi ritenuti vicini alle cosche di Cosa Nostra. «Dei fondi, cinquecento miliardi…trentasei sono cash, basta fare un download, io ho le chiavi di trasferimento. Se serve atterrare da qualche parte ci dicano loro e atterriamo quei 36 miliardi». Non ce la fa a contenere l’entusiasmo: «Stiamo sconquassando il mondo, l’equilibrio mondiale». Ricchezze enormi che partono dalla Calabria, la regione più povera d’Italia. Ma trovano comoda base a Malta, paradiso fiscale europeo che attrae capitali opachi di mezzo mondo.

Ogni tanto una bomba

Nell’isola Recordare ha nove società e svariate attività «di chiara natura illecita», scrivono gli investigatori. Una presenza che viene documentata nei “Paradise Papers”. La seconda grande fuga di notizia sui tesori off shore dopo quella dei Panama Papers. Su queste ultime carte la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia stava lavorando. Per i nomi, gli affari scoperti e gli articoli che scrive, viene fatta saltare in aria il 16 ottobre 2017. Quattro giorni dopo, Recordare commenta la tragedia con alcuni suoi sodali. Parla al telefono e ride: «Stavano ancora raccogliendo i cocci di quella a Malta». Nel mirino, almeno in quello dei desideri, finisce Giulia Pantano, pubblico ministero dell’Antimafia di Reggio Calabria. Ha lavorato alle inchieste che hanno colpito al cuore le cosche dall’Aspromonte al mare di Palmi.

In una allarmata telefonata, Recordati chiede a Carmelo Cagliostro, detto Melu, chi è il pubblico ministero che indaga. Cagliostro è il fratello di Candeloro (detto “Cecé mezza lingua”), esponente di una ‘ndrina di Palmi, risponde subito: «È la Pantano». Recordati riflette ad alta voce: «Sai cos’è, a mezz’acqua non si può stare. Il fatto è che tutti, per questo quieto vivere, questi non si spaventano di niente…Se ogni tanto ne vede saltare qualcuno in aria, questa (la pm Pantano, ndr) non faceva niente». «Come facevano in Sicilia», è la risposta di Melu.

I nomi, i soprannomi, i rituali folklorici di affiliazione, non devono portarci fuori strada. Qui si parla di soldi, del tesoro accumulato negli anni, dalla ‘ndrangheta. Recordati è un abile ministro delle finanze. Sa muoversi in banche danesi, londinesi, negli uffici della Orion Bank del Tagichistan, della Cimb bank Berardh di Kuala Lampur, alla Central Bank di Tunisi. Ha conti bancari in varie parti del mondo, da Hong Kong all’Austria, da Malta a Cipro. È a suo agio a Dubai e si muove bene per le polverose strade di Kabul.

I cavalieri

Le sue sono operazioni «server to server», i soldi viaggiano su carte di credito, bond e titoli sempre al portatore. Un esempio, documentato e fotografato dagli investigatori, è la carta di credito della Barclays intestata a un giovane cittadino lituano, la cifra impressa è pari a 2 miliardi. Nell’inchiesta spuntano decine di carte intestate a cittadini arabi e dell’est europeo.

Perché Recordare le usava? «Per effettuare, tramite la procedura off-line lo scarico di ingenti somme di denaro. Era questa l’opzione che aveva attivato per cercare di rendere fruibili gli ingenti capitali che voleva movimentare», scrivono gli specialisti finanziari della polizia. Ma non era questo l’unico sistema che il finanziere aveva escogitato. Grazie all’aiuto di una serie di consulenti studiava il metodo più conveniente per «aderire ad uno sconto di una garanzia bancaria tramite la Unipol Bank di Londra, per cifre che andavano dai 5 ai 20 miliardi». Movimentare tanti soldi e riuscire a sfuggire ai controlli internazionali e italiani presupponeva una fitta rete di complicità anche di alto livello. «Operatori nel campo bancario corrotti capaci di spostare somme fuori dal circuito europeo per renderli fruibili su conti correnti ordinari, seppure mascherati e protetti».

Collaboratori a Roma, in Turchia, in Georgia, una sorta di “piovra finanziaria” al servizio non solo delle cosche calabresi, ma anche di clan siciliani e camorristi di Casal di Principe interessati all’affare. Gli altri faccendieri rimanevano estasiati quando Recordate disegnava i suoi scenari. C’è una manovra da fare in Turchia e un suo sodale chiede lumi. Recordate spiega il sistema dei trasferimenti di danaro “server to server”: «Tu colleghi un conto a Cipro con un conto in Turchia. Tu individui la chiave e la chiave è a Cipro, a quel punto è normale che i soldi sono a Cipro». Il faccendiere esterrefatto: «Quindi i soldi sono anche dall’altra parte. Bravo, bravissimo».

Un’operazione che richiedeva coperture di alto livello e facciate rispettabili. Recordare entra in contatto con Gaetano Bordonaro, uomo d’affari siciliano, con ottime entrature nell’Ordine dei Cavalieri di Malta, del quale è stato Ministro del tesoro e delle finanze per 28 anni. Per gli inquirenti il suo mestiere è quello di «investire il denaro che gli viene consegnato da vari soggetti in titoli, mantenendo per sé cospicue commissioni». La cifra da ripulire e movimentare è troppo impegnativa, riceve Recordare e il suo gruppo di consulenti in una stanza d’ albergo.

«Nei miei uffici – spiega – anche le mura hanno orecchie, e questo non sta bene». L’ex “ministro” propone di utilizzare una “sua” banca per la movimentazione e «l’utilizzo dell’organizzazione dell’Ordine dei Cavalieri di Malta». Le somme successivamente scaricate, scoprono gli investigatori, sarebbero state investite «acquistando dei titoli e giustificandole con finte operazioni umanitarie che non sarebbero mai state finanziate». Per accreditarsi porta a qualche summit anche il principe Thorbjorn Paternò e un altro soggetto mai nominato spacciato come un program manager dello stesso ordine, e accreditato come nipote di un ex presidente della Repubblica italiana.

Il principe ascolta e parla una volta sola, quando accenna a un affare fatto con il Vaticano, ma Bordonaro lo zittisce bruscamente e parla d’altro. Il problema è che l’uomo d’affari catanese pretendeva percentuali troppo alte, al punto che Recordare rischiava di perdere il 40 per cento del capitale movimentato. «Ho la responsabilità anche di altri», si lamenta in una telefonata, per cui pensa ad un piano b, meno esoso.

Ma Bordonaro dice che ha sentito alcuni soggetti, presumibilmente operanti all’estero. «Dall’altra parte hanno confermato tutto», l’operazione di trasferimento dei soldi si può fare con la procedura “Ip transfer”, e senza alcun surplus. I soldi viaggiano, si spostano e la storia continua con un investimento presso la società londinese Family house international limited, impegni in una banca di Seul e contatti con una in Tunisia.

36 miliardi

Alla fine, secondo le indagini, «Recordare si accorda con Bordonaro per il trasferimento di 36 miliardi di euro (quelli cash depositati presso la Banca nazionale in Danimarca), e non per l’intero ammontare delle somme gestite» e sparse in una miriade di conti in tutto il mondo.

I soldi muovono stati e servizi segreti. Anche quelli italiani. A tirarli nella partita è un altro del team di Recordare, che propone di usare i suoi legami con agenti italiani di stanza a Montecarlo. A loro proporrà, annota la polizia, una «operazione di scarico di un bond (certificato) al 50 per cento, con le somme scaricate su un conto dei servizi in un Paese africano non meglio precisato», il tutto per bypassare l’apertura di un conto proprio a Montecarlo. Recordare non si fida, il faccendiere insiste e tira in ballo la sua amicizia con un indefinito capo dei servizi di origine fiorentina.

Recordare gira il mondo e colleziona passaporti. Glieli prepara un suo socio afgano, figlio di un potente capo tribù del posto, che lavora a Milano nel campo delle pietre preziose. Un mago che gli fornisce un passaporto ucraino così vero, che il faccendiere può usare davanti ad un notaio di Catania per una serie di movimentazioni finanziarie internazionali senza destare sospetti.

Recordare non si perde mai d’animo, neppure quando la Guardia di finanza lo ferma a Fiumicino. Nella borsa ha titoli per oltre 100 miliardi di euro: «Capitali riciclati nel tempo, presumibilmente provento di traffici illeciti di armi e stupefacenti», scrivono gli investigatori. Butta tutto «quel bustone di bond», ammette parlando con i suoi, nel secchio della spazzatura.

Oltre ai vari conti e alle società sparse per il mondo, il finanziere delle cosche possiede beni immobili sull’isola di Filicudi per 25 milioni, un albergo e un cinema teatro a Palmi, la partecipazione in una serie di aziende. Ma Recordare ha sue “fonti” eccellenti che lo informano, altre che gli suggeriscono come evitare intercettazioni al telefono e al computer. Ma la rete di protezione si sta sfilacciando. Tanto che ad un certo punto medita di trasferirsi all’estero. Ne parla con la sua segretaria già nel 2017. «Nicaragua, Nuova Zelanda. Fra tre anni sparisco dalla circolazione».

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