A ridosso delle elezioni la strategia è una: via i riferimenti che hanno a che fare con il fascismo, eliminare le pagine social per nascondere legami con i partiti locali di destra. Una volta eletti però dalla moderazione passano ai discorsi con richiami al nazismo, alle minacce e alle violenze
Una mano stringe il cinturino di un casco nero su cui risalta l’adesivo di una croce celtica. L’altra, quella destra, sfiora un bomber imbottito in una stretta tra avambraccio e mano. Abiti scuri, passo felpato, sguardo fiero. Sono i ragazzi di Azione universitaria (Au), Fronte universitario di avanguardia nazionale (Fuan), Avanguardia, Casaggì e Identitario UniFi. Quelli contro “la sostituzione etnica”, contro “la propaganda Lgbt-gender”, contro “il pensiero unico antifascista”. I nomi sono diversi, le radici quelle nere dei partiti di estrema destra.
La galassia nera a Roma
A La Sapienza, nel quartiere San Lorenzo, a sud-est di Roma, si respira un clima tranquillo. La tensione di novembre, dovuta agli scontri tra collettivi antifascisti e gruppi di destra, ha lasciato posto alla rabbia per i femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella. «Durante l’ultima campagna elettorale dei rappresentanti Sapienza i fascisti di Azione universitaria – i giovani di Fratelli d’Italia – costringevano gli studenti a votare per loro prendendogli i telefoni dalle mani», raccontano i collettivi. La parola d’ordine è “prudenza”.
Ma solo a ridosso delle elezioni, durante le quali la strategia è la stessa dei movimenti liceali neofascisti: via i riferimenti che hanno a che fare con la galassia nera, elimina le pagine social per nascondere legami con i partiti locali di destra. Una volta eletti dalla moderazione passano ai discorsi con richiami al nazismo e al fascismo, alle minacce e alle violenze.
Al civico numero dieci di via Guendalina Borghese, a sud di Roma, le serrande sono abbassate. Nel quartiere di Garbatella, alle spalle del Centro sociale La strada, due vetrine ospitano la sede storica di Gioventù nazionale. Il simbolo di una croce celtica nera accoglie chi entra. “Gioventù nazionale” e “Nucleo Garbatella” sono le scritte in cima alle porte di ingresso. I cornicioni riprendono i colori della bandiera dell’Italia.
Qui, dove la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha cominciato a fare politica, non è difficile immaginare faccia avanti e indietro qualche militante di Azione universitaria. Eredi delle esperienze del Fronte della gioventù, organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano, i militanti di Azione universitaria si rifanno alle figure di Filippo Marinetti – firmatario, tra altri, del Manifesto degli intellettuali fascisti – e dello scrittore inglese J. R. R. Tolkien.
Liste fantoccio
«Negli eventi pubblici i gruppi di destra vengono scortati dagli agenti di polizia, ma è il loro il braccio violento», dice Gregorio, dell’Unione degli universitari di Torino. Il suo tono è indignato. Durante la campagna elettorale del 2023 si è fatta strada la lista DiPiù, che oggi non esiste più: «Apertamente si definivano apolitici, ma durante le sessioni di volantinaggio entravano nelle aule in compagnia dei membri del Fronte universitario di avanguardia nazionale (Fuan)», racconta sempre Gregorio.
«Non è difficile immaginare si trattasse di una lista fantoccio. La destra universitaria veniva da anni difficili, nei quali si era macchiata di azioni violente. Presentarsi alle elezioni con due liste distinte, una delle quali, una volta eletta, avrebbe mandato avanti militanti del Fuan, altro non era che un modo per garantirsi un posto al potere», spiega.
Il filo nero
Al primo piano del dipartimento di Giurisprudenza del Campus Einaudi l’aula del Fronte ha le porte sbarrate. Sembra abbandonata, ma è sorvegliata a vista. «Sono loro i fautori di tutti gli scontri che si sono verificati in questi anni nelle nostre università», racconta ancora Gregorio. Il Fronte, organizzazione studentesca del Movimento sociale italiano (Msi), nasce nel 1950 da diversi gruppi universitari di destra.
«A Torino e in tutte le università italiane come Azione universitaria, continuiamo a difendere gli studenti dall’assalto del pensiero unico di collettivi e professori e da un sistema che fatica a mettere al centro lo studente e il suo merito», recita il loro manifesto. Nel segno del filosofo Julius Evola, un filo nero lega il Fuan e Avanguardia, movimento universitario identitario che nasce nel 2024 per «creare un’alternativa militante ai collettivi antifascisti».
Il 30 novembre scorso c’erano tutti i militanti di Avanguardia al corteo «contro l’immigrazione, il gender e i burocrati dell’Unione europea» e in onore del primo anniversario dell’apertura di Edoras, loro punto di ritrovo. «Sergio Ramelli, presente» hanno ripetuto in marcia.
Aretè e Casaggì
Nelle zone in cui l’antifascismo militante non è stato abbandonato, le forze organizzate fasciste non dovrebbero trovare spazio, sebbene godano di enormi investimenti. Ma a Modena, nell’Emilia-Romagna rossa, ha preso forma Aretè, comunità giovanile di destra sociale e identitaria. Il 466 di via Giardini, sede di Aretè, sembra più un laboratorio. Si riuniscono i militanti del movimento nazionale Rete dei patrioti, costola di Forza nuova, ma è anche il cuore nevralgico dell’attività di Azione universitaria. Ci sono anche una biblioteca “controcorrente” e un pub “identitario, con birre scure e idee chiare”.
Restituire una voce alla destra identitaria. Radicare un fronte militante che sappia diffondere idee controcorrente. Garantirsi una posizione nel mondo universitario, da sempre roccaforte della sinistra. L’Identitario UniFi nasce lo scorso ottobre nel laboratorio fiorentino di Casaggì, in via Frusa 37. Ma non è un caso che nelle giovanili di estrema destra si facciano strada molti giovani maschi.
Secondo Giovanni Baldini, ricercatore dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, che per molti anni ha studiato il fenomeno di Casaggì, «è tra quelle fila che i giovani maschi trovano un inquadramento e dei pari con i quali confrontarsi. Negli ultimi anni il mondo dell’estrema destra italiana ha subito dei contraccolpi. Ogni formazione ha subito una scissione e a livello nazionale ed europeo c’è una rivincita sul piano culturale. Ma», spiega Baldini, «occorre considerare anche la predominanza di aspetti sociologici: quei ragazzi crescono in famiglie e frequentano circoli che li spingono a fare ingresso in quegli spazi lì».
© Riproduzione riservata