Mercoledì sono stati registrati 14.522 nuovi casi di Covid-19 e 553 decessi causati dal coronavirus. Si tratta di un leggero calo rispetto a sette giorni fa, quando i nuovi casi erano stati poco più di 17.500. Ma questa discesa sembra in buona parte causata dal calo nel numero dei tamponi effettuati, passati dai quasi 200mila di mercoledì scorso ai 175mila di ieri. La percentuale di tamponi positivi sul totale dei tamponi effettuati è rimasta costante, poco superiore all’8 per cento.

Si tratta di numeri che ancora una volta confermano il trend in corso da oltre una settimana: un rallentamento nel calo dei contagi che segnala il probabile arrivo ad un “plateau”, il punto in cui la curva di un’epidemia si stabilizza. Da giorni desta particolare preoccupazione il fatto che in paesi come Francia e Germania, che sono in “anticipo” di circa una settimana rispetto all’andamento dell’epidemia in Italia, hanno mostrato un’inversione in cui i nuovi casi sono tornati a salire. 

I guai con i vaccini

Nonostante l’approvazione del vaccino Pfizer-Biontech da parte delle autorità farmaceutiche europee pochi giorni fa, la situazione italiana ed europea per quanto riguarda la fornitura di vaccini il prossimo anno si è fatta negli ultimi giorni sempre più preoccupante.

I vaccini prodotti da Pfizer e Moderna, quest’ultimo dovrebbe essere approvato per l’utilizzo il prossimo 6 gennaio, non saranno sufficienti per la maggioranza della popolazione del continente, mentre le altre aziende con cui l’Unione Europea ha sottoscritto contratti di fornitura sono ancora indietro nello sviluppo o hanno incontrato problemi nella fase di sperimentazione.

A ricordare queste difficoltà è stata tra gli altri la fondazione Gimbe, un ente indipendente che si occupa di studi sul sistema sanitario italiano. Nel suo rapporto settimanale, la fondazione ha sottolineato che in base al piano vaccinale, l’Italia dovrebbe ricevere con relativa certezza soltanto 37,5 milioni di dosi di vaccini Pfizer e Moderna, sufficienti a vaccinare circa 18 milioni di persone nel corso del 2021. Cifre paragonabili, se rapportate alla popolazione, saranno ricevute dagli altri paesi europei.

Ritardi ed errori

Si tratta di una piccola frazione del miliardo e duecento milioni di dosi acquistato dall’Unione Europea, di cui l’Italia da sola dovrebbe ricevere circa 150 milioni di dosi nel corso del 2021 e altre 50 nei primi mesi del 2022. Ma su queste cifre nelle ultime settimane si sono accumulati molti dubbi.

La società francese Sanofi, che solo in Italia dovrebbe consegnare circa 50 milioni di dosi (più di Pfizer e Moderna messe insieme) ha detto la scorsa settimana che i suoi primi test hanno mostrato risultati deludenti e una nuova serie di studi clinici inizierà l’anno prossimo. Per questo, Sanofi non invierà i documenti per l’approvazione del suo vaccino fino alla fine del 2021.

C’è poi CureVac, un’azienda tedesca che dovrebbe consegnare in Italia circa 30 milioni di dosi, ma la data di arrivo dei suoi primi vaccini è stata posticipata dal primo trimestre 2021 all’inizio dell’estate.

Anche AstraZeneca sta incontrando problemi nel mettere a punto il suo vaccino, di cui all’Italia dovrebbero spettare oltre 40 milioni di dosi. La società è stata duramente criticata per il modo in cui ha condotto i test clinici e ora ci sono molti sospetti sulla reale efficacia del suo vaccino. Al momento, la società garantisce comunque di poter consegnare i vaccini entro giugno.

Le speranze europee ora sono concentrate sulla società americana Jhonson&Jhonson, che in Italia dovrebbe consegnare 53 milioni di dosi a partire da marzo. I test sembrano a buon punto ed esiste la possibilità che questo vaccino sia efficace anche con una sola dose, il che permetterebbe di salvare in parte la situazione anche nel caso in cui le altre aziende dovessero mancare le loro consegne.

Le cause

Secondo il settimanale tedesco Spiegel, che ha dedicato una lunga inchiesta alla situazione dei vaccini in Europa, la ragione principale che spiega l’attuale situazione è la sfortuna. L’Europa ha scommesso su una serie di produttori e proprio quelli su cui aveva puntato di più oggi stanno avendo le maggiori difficoltà nell’ultimare i loro vaccini.

Ma accanto alla sfortuna, secondo gli autori dell’inchiesta, ci sono anche scelte politiche sbagliate. La Commissione Europea, ad esempio, si sarebbe mossa tardi per iniziare le contrattazioni con le società farmaceutiche e solo in seguito alle pressioni di paesi come Germania, Francia e Italia (la sanità non è una competenza dell’Unione Europea). A causa di questo ritardo, la Commissione ha sottoscritto i primi contratti soltanto a partire dall’autunno, mentre gli Stati Uniti avevano concluso i loro principali accordi già a luglio. 
Ci sarebbero poi veri e propri errori nelle scelte di acquisto. Ad esempio, la Commissione non avrebbe acquistato dosi sufficienti dei due vaccini più promettenti, Pfizer e Moderna, anche se i risultati promettenti dei test erano evidenti fin dall’autunno. Oggi probabilmente è troppo tardi per correggere l'errore. Proprio ieri, gli Stati Uniti hanno sottoscritto un contratto per acquistare altri 100 milioni di dosi da Pfizer.

 

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