Il 20 ottobre comincia il lungo percorso che porterà ad avere un nuovo sistema televisivo digitale terrestre; ma niente panico.

La data infatti segna l’inizio di una transizione che le emittenti abbracceranno gradualmente, verso nuovi standard tecnologici. Da qualche mese i consumatori sono martellati da campagne informative allarmistiche, con un messaggio del tipo “il tuo tv rischia di non ricevere più Rai, Mediaset”.

 Un tono d’urgenza sposato da negozianti di tv e persino da una campagna informativa istituzionale, governativa. Ma è del tutto fuori luogo, come stanno denunciando le associazioni consumatori in questi giorni: Adiconsum, Altroconsumo, Aduc, tra le altre.

«Il messaggio della campagna istituzionale non corrisponde a verità», dice a Domani Federico Cavallo, responsabile public affairs di Altroconsumo. “Decidiamo con calma, sull’acquisto della tv, senza l’ansia che i venditori stanno cercando di trasmettere”, dice Vincenzo DonVito, presidente di Aduc, che il 19 ottobre ha diramato un comunicato proprio per tranquillizzare i consumatori.

Il 20 ottobre ci sarà solo un primo passo: passeranno allo standard Mpeg-4 nove canali Rai (attenzione, non Rai Uno, Rai Due, Rai Tre e Rai News 24) e sei canali Mediaset (TGCom 24, Boing Plus, Italia 2 e tre canali di radiovisione, R101, R105 e Virgin).

È uno standard video già comune su internet, evoluzione del vecchio Mpeg-2 che finora ha continuato a regnare sulla tivù. Mpeg-4 è più efficiente: riesce a trasmettere più informazioni con meno risorse.  

Questione di banda

L’Italia, come altri Paesi europei, ha deciso da tempo di togliere risorse spettrali (spazio di frequenze) alle emittenti tv, per assegnarle a servizi di banda ultra larga mobile, il 5G.

A giugno 2022 in effetti è fissata la data in cui le emittenti devono cedere la preziosa banda 700 MHz, già vinta all’asta dagli operatori del 5G.

Obiettivo, permettere di coprire tutti gli italiani con la nuova e super veloce banda ultra larga mobile, utile a una nuova generazione di servizi nelle fabbriche, città, case.

Tutto bello, ma c’è un problema. Le emittenti devono ora fare entrare i propri canali in meno spazio: di qui la necessità di essere più efficienti. Adesso con l’Mpeg-4. In seguito – a partire da gennaio 2023, come già stabilito per legge – con il passaggio al nuovo (e più efficiente, appunto) standard del digitale terrestre, il Dvb-t2.

Qui comincia la confusione, denunciata dalle associazioni consumatori.

Le vere scadenze

Primo, le campagne stanno un po’ sovrapponendo le due scadenze (Mpeg-4 e digitale terrestre), che sono però ben distinte. “Solo tv più vecchi di dieci anni rischiano di non essere compatibili con Mpeg-4”, nota Cavallo.

Per accertarsene, bisogna provare a sintonizzare un canale tv HD (alta definizione), dal 501 in poi. L’HD usa infatti Mpeg-4.

Attenzione però, sull’HD gravita una seconda critica alla campagna comunicativa istituzionale: «oltre a dare un falso senso di urgenza, fa passare il messaggio che con l’Mpeg-4 ci sarà più qualità, grazie all’HD. Ma non è così», dice Cavallo.

Più efficienza significa infatti due cose: o la stessa qualità in meno spazio o più qualità (HD) nello stesso spazio.

Le emittenti però adesso bisogno di ridurre lo spazio. Per ora insomma avremo Mpeg-4 ma in qualità standard, non HD.

Anche la data di gennaio 2023 va presa con le pinze. Prima di tutto, è stata già rinviata rispetto a settembre 2022 perché le emittenti erano preoccupate dei pochi tv compatibili nelle case degli italiani. Il covid-19 ha rallentato le vendite di televisori.

Per altro, il rinvio del passaggio al Dvb-t2 obbliga a contare di più sull’Mpeg-4 per fare efficienza di risorse, a vantaggio del 5G.

Il decreto scrive inoltre, prudentemente, “a partire” da gennaio 2023. Ci sarà un passaggio graduale, delle emittenti. Alcuni esperti (si veda il magazine specializzato Dday) prevedono che si arriverà al 2024-2025, persino.

Insomma, non c’è fretta. Un controllo sulla tv vale però la pena farlo. Da uno studio della Fondazione Ugo Bordoni, Diffusione degli Apparati tv in Italia e scenari evolutivi, risulta che «il 74,5 per cento delle famiglie possiede un apparecchio televisivo abilitato almeno alla decodifica Mpeg-4». Pesano quelli nelle seconde case, in particolare.

Una ricerca Ipsos-Auditel stima che il 60% delle famiglie non ha nemmeno una tv compatibile con il nuovo digitale terrestre e ben l’80% ne ha almeno una non compatibile.

C’è tempo per il Dvb-t2; nondimeno, si può considerare che ora e fino a dicembre 2022 c’è un “bonus tv”: 100 euro di incentivo pubblico, per chi rottama il vecchio televisore (acquistato prima del 22 dicembre 2018).

Soldi stanziati dal precedente Governo appunto per accompagnare la necessaria transizione tecnologia. Senza fretta e senza panico, però.

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