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Olimpiadi di Tokyo, come è liberale il Cio: si è inventato l’apartheid della protesta

Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved
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  • L’articolo 50 dell’Olympic Charter è stato riformulato al termine di un lungo lavoro di consultazione di oltre 3.500 atleti partito a giugno 2020 e concluso lo scorso aprile. Le risultanze hanno portato alle nuove linee guida.
  • Il Cio le parla di divieti attenuati ma in realtà le limitazioni continuano a essere totalizzanti. Di fatto, si può protestare soltanto al di fuori della scena olimpica. Una logica di pura ghettizzazione.
  • Il comitato olimpico internazionale ha anche concesso a atleti e atlete “il permesso” di protestare e esprimere le proprie idee attraverso i social e le altre piattaforme. Pretendeva di vietarlo?

L'apartheid della protesta. È una bizzarra concezione della libertà d'espressione e dissenso, quella proposta dal Cio agli atleti dei Giochi di Tokyo 2020+1. Giunge al termine di ciò che lo stesso comitato olimpico internazionale presenta come un lungo processo di consultazione, partito a giugno dell'anno scorso e passato attraverso la raccolta delle opinioni di oltre 3.500 atlete e atleti di ogni nazionalità e disciplina, condotta dall'Athletes Commission (AC) dello stesso Cio. Oggetto: la rif

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