Un delirio che non si ferma più.  L’Italia vince anche la staffetta 4x100 e porta a cinque le medaglie d’oro dell’atletica leggera. Il quartetto formato da Lorenzo Patta, Lamont Marcell Jacobs, Fausto Desalu e Filippo Tortu completa una giornata a altissima intensità, che durante la mattinata aveva registrato il trionfo nella 20 chilometri di marcia femminile messo a segno da Antonella Palmisano.

E andando a ritroso troviamo l’oro nella 20 chilometri di marcia maschile conquistato nella mattina italiana di giovedì da Massimo Stano, quindi la domenica 1° agosto che rimane una pietra miliare nel grande libro dello sport italiano con gli ori di Gianmarco Tamberi nel salto in alto di Lamont Marcell Jacobs nei 100 metri.

Un cerchio che forse non si è nemmeno chiuso, ma che se anche si fermasse qui è già sublime. E certifica l’esistenza di una scuola italiana dell’atletica leggera dallo straripante stato di salute, capace del massimo grado di competitività. Una sorpresa per tutti, forse per gli stessi tecnici e dirigenti della Fidal. Che avevano il polso di un movimento finalmente in ripresa dopo anni avari, ma che forse non si aspettavano di poter vivere una così generosa età dell’oro.

Una gara per cuori forti 

La 4x100 ha vinto per un centesimo di secondo grazie alla volata dell’atleta che più di tutti aveva bisogno di riscatto. Sembra la trama di un film disneyano a tema sportivo e invece è ciò che è successo sulla pista dello stadio olimpico di Tokyo. L’ultima frazione corsa da Filippo Tortu, il primo italiano a scendere sotto il limite dei 10 secondi nei 100 metri, è stata da cuori forti.

Il ragazzo milanese delle Fiamme Gialle è arrivato ai Giochi nel momento non più brillante della propria carriera, scalzato nelle gerarchie della velocità dall’ascesa di Lamont Marcell Jacobs. E proprio a causa di questa fase non felice del velocista erano stati in molti, con l’approssimarsi della gara, a criticare la scelta di affidargli l’ultima frazione della staffetta. Costoro invocano Jacobs per lo sprint finale. E invece lo staff tecnico della velocità guidato da Filippo Di Mulo ha tenuto il punto sulla scelta: fiducia a Tortu, la responsabilità di volare verso il traguardo doveva essere sua.

E lui ha ripagato con una performance magistrale, degna dei suoi giorni migliori. Che forse sono ricominciati proprio con questa gara. Il suo sprint ha permesso di recuperare da un cambio non perfetto con Fausto Desalu (che dal canto suo ha corso con grande perizia la terza frazione in curva) e bruciare il britannico Nethaneel Mitchell-Blake, che ancora a metà del rettilineo era in chiaro vantaggio. La lucidità di mettere la testa davanti sul traguardo ha consentito a Tortu di vincere uno sprint entusiasmante.

Con Mitchell-Blake che ha avuto una consapevolezza d’essere stato battuto molto più subitanea di quanto fosse quella di Tortu d’aver vinto. Quando poi il campione italiano è stato certo di avere trascinato la staffetta alla conquista dell’oro, le sue lacrime sono state il momento più intenso di una gara emotivamente fuori dall’ordinario. Si è trattato di un oro di squadra, ma anche i compagni sanno bene che un pezzo un po’ più ampio di ribalta va concesso a Filippo.

LaPresse/Falcone

Un patrimonio da valorizzare

Il recupero (si spera definitivo) di Tortu è un’ulteriore buona notizia che giunge dalla finale della 4x100 e va a arricchire il campionario delle buone notizie date dall’atletica allo sport italiano. La grande prova di squadra, cui hanno dato un impulso determinante anche lo scattante Lorenzo Patta e un Marcell Jacobs in stato di grazia, dice che c’è dietro un lavoro egregio. Ha dato i frutti al momento giusto.

Ma adesso quel lavoro deve continuare e dare frutti di altro tipo. Per esempio, il potenziamento di un sistema sportivo che certamente deve guardare all’eccellenza dell’alta competizione, ma che intanto deve funzionare anche nella sua dimensione di base incentivando le vocazioni sportive e promuovendo, come beneficio collaterale, stili di vita più attivi.

In questo senso le Olimpiadi di Tokyo 2020+1 possono essere il momento del grande salto dell’atletica leggera nella considerazione degli italiani. Si tratta di un campo dello sport che richiede grandi sacrifici e un’applicazione ferrea. Ma quel culto del lavoro lascia un’eredità che va oltre i successi sportivi. I grandi campioni sono i testimonial, ma una vasta base di atleti e praticanti è segno dello stato di salute di un paese e della promozione di un individualismo di segno positivo. Il momento è adesso. E i vertici dell’atletica italiana lo sanno.

© Riproduzione riservata